Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 30 Aprile, 2019
Nome: 
Piero Fassino

Doc. XXII, n. 36-A

Grazie, signor Presidente. Era il 3 febbraio, come è già stato ricordato, del 2016, quando fu ritrovato il corpo di Giulio Regeni, in uno stato spaventoso, martoriato da ogni tipo di tortura e di vessazioni: fratture, coltellate, tagli, bruciature e quanto di più terribile possa essere inferto al corpo di una persona. Quello che va detto qui, nel momento in cui noi abbiamo deciso di costituire una Commissione d'inchiesta, è che da subito noi fummo davanti ad un'azione di depistaggio.

Nelle prime ore, si disse che Giulio era stato vittima di un incidente stradale, poi si accreditò una rissa adducendo le motivazioni più curiose, poi, di fronte all'evidenza, si diede una disponibilità formale dalla parte delle autorità egiziane che, però, venne accompagnata dalla cancellazione di tutti i riferimenti che potevano consentire le indagini: penso ai tabulati dei cellulari e penso ad altri elementi obiettivi che furono cancellati. Infine, nonostante il riconoscimento di una relazione ufficiale egiziana e, cioè, che Giulio Regeni, effettivamente, era stato arrestato e torturato per sette giorni consecutivi e poi, infine, ucciso, si continuò in un'azione di depistaggio nel cercare delle motivazioni e dei responsabili diversi da quelli che probabilmente, in realtà, sono stati. Come, ad esempio, indicare una banda di quattro criminali uccisi in uno scontro a fuoco dalla polizia egiziana come i responsabili dell'uccisione di Regeni, salvo poi scoprire nelle indagini successive che quei quattro uomini, nel momento in cui ebbero lo scontro a fuoco, erano a 100 chilometri dal luogo del rapimento di Regeni e che, in realtà, sui corpi di quei cadaveri c'erano i segni di sparatorie a bruciapelo che testimoniavano di una esecuzione. Un'azione di depistaggio per la quale si è tentato, ancora una volta, di far credere cose diverse da quelle che avvennero davvero.

Così come si è cercato di far credere che l'uccisione di Regeni fosse stata perpetrata da persone vicine ai Fratelli musulmani e, via via, si è continuato ad accreditare tesi che, nella loro non credibilità, hanno avvalorato, in realtà, l'unica tesi per la quale si giustifica questa Commissione d'inchiesta e, cioè, risulta evidente, sempre più evidente, un coinvolgimento di settori degli apparati statali egiziani, segnatamente dei servizi egiziani, legittimi o deviati questo non lo sappiamo, ma, in ogni caso, settori che fanno riferimento agli apparati statali egiziani. D'altra parte, questo accertamento risulta sempre più plausibile alla luce del fatto che, negli ultimi accertamenti, risulta che Giulio Regeni era controllato e spiato dal capo del sindacato degli ambulanti de Il Cairo, che riferiva direttamente ai servizi delle attività, delle azioni e dei movimenti di Giulio Regeni.

Il fatto poi che, in questi mesi, siano stati sottoposti ad arresto o, comunque, a misure di limitazione della libertà l'avvocato egiziano della famiglia Regeni, il consulente della famiglia Regeni è la dimostrazione, ancora di più, di un comportamento non solo reticente, equivoco, ma teso ad impedire in ogni caso un accertamento della verità.

Così come - e anche questo sarà oggetto della nostra inchiesta - non risulta fin qui chiaro quale sia il ruolo che ha esercitato l'università di Cambridge. In particolare, escludendo che Regeni abbia in qualsiasi modo compiuto degli atti illeciti o, comunque, fosse in contatto con i servizi egiziani, non è chiaro come l'università di Cambridge abbia tutelato e protetto Regeni, così come altri ricercatori, e non abbia utilizzato, invece, in modo improprio i rapporti di studio e di ricerca che Giulio Regeni inoltrava.

Tutto questo, insomma, richiede che si faccia piena luce: lo chiede la famiglia, e noi abbiamo il dovere morale di dare una risposta al padre, alla madre di Giulio Regeni ai familiari che sono stati colpiti da questo terribile - terribile - assassinio; lo chiede l'opinione pubblica che, giustamente, vuole sapere perché un giovane ricercatore italiano abbia dovuto patire questi patimenti così atroci e trovare morte in quel modo così sciagurato; lo si deve ai tanti giovani che, come Giulio Regeni, sono animati da passione civile, giovani che dedicano la loro attività di studio e di ricerca anche in luoghi esposti a rischio, come ha fatto Giulio Regeni, che poteva benissimo svolgere la sua attività accademica di ricerca in una università italiana e che invece si è esposto ai rischi che l'hanno condotto a morte unicamente mosso dalla passione di capire e comprendere gli eventi che muovevano la società egiziana e le primavere arabe in quegli anni.

Ed è evidente, quindi, che noi vogliamo avere verità, avere giustizia, e questo lo si potrà avere in primo luogo soltanto se si smuoveranno le autorità egiziane dall'atteggiamento di reticenza, di ambiguità, di occultamento della verità, che fino ad oggi ha caratterizzato il loro comportamento. E devo dire che non ci rassicura quello che ha dichiarato a conclusione del vertice euro arabo di Sharm el Sheik, il Presidente Al Sisi, quando ha detto che in Egitto e nei Paesi Arabi la concezione e il rispetto dei diritti umani si ispira a criteri diversi da quelli dei Paesi europei; perché un conto è riconoscere le diversità delle identità culturali, sociali o religiose di ogni nazione e di ogni popolo, altra cosa è sapere che ci sono diritti inalienabili sotto ogni cielo e in ogni terra che appartengono all'individuo e alla persona e che non possono essere né soffocati, né oppressi.

E per questo chiediamo, appunto, la verità. E lo chiediamo in primo luogo per rendere giustizia a Regeni. Lo chiediamo per rendere verità e giustizia anche ai tanti altri Regeni che in questi anni sono stati oppressi e continuano a essere repressi nella loro attività, perché affermano fondamentali diritti politici e civili. E lo chiediamo, soprattutto, guardando a quel bacino mediterraneo, che è percorso da inquietudini, crisi, turbolenze, guerre, come la crisi siriana o la crisi libica o gli eventi che muovono in queste settimane la società algerina.

 

Non ci sfugge, naturalmente, il ruolo politico che l'Egitto ha nella regione mediterranea, il peso che quel Paese ha, basterebbe pensare all'incidenza che ha sulla crisi libica. Non ci sfugge neanche che l'Italia ha in Egitto un partner economico importante e l'importanza delle relazioni economiche e commerciali con l'Egitto. E tuttavia non c'è ragione di Stato, non c'è ragione di politica estera, non c'è ragione di interesse economico, che possa tutelare l'occultamento di un assassinio e di un assassinio di una persona innocente. Per questo noi abbiamo deciso di sostenere l'istituzione di questa Commissione d'indagine, non ci sfugge che il suo compito è arduo e difficile, perché, così come fino ad oggi si è imbattuta in mille difficoltà e ostacoli la magistratura italiana, che pure ha indagato in ogni direzione, gli stessi ostacoli probabilmente si proporranno anche all'attività della nostra Commissione, così come l'azione diplomatica fin qui è stata, diciamo, frustrata dalla reticenza e dalla insensibilità del Governo egiziano; e tuttavia, proprio per questo, noi riteniamo che a maggior ragione non bisogna rinunciare e non bisogna demordere, e che faremo tutto il possibile perché verità e giustizia a Giulio Regeni sia finalmente riconosciuta, per la sua famiglia, per la sua memoria e per la democrazia e i diritti, non solo in Egitto, ma in tutto il mondo.