Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 26 Giugno, 2017
Nome: 
Margherita Miotto

A.C. 913-A ed abbinate

 

Presidente, le malattie oncologiche, nonostante si sia ridotta la mortalità, rappresentano un aspetto rilevante nella domanda di assistenza cui il nostro Sistema sanitario deve far fronte. Per questo, particolarmente nell'ultimo decennio, abbiamo assistito ad un impegno delle istituzioni statali e regionali, sul versante innanzitutto della programmazione, di grande rilievo. Per affrontare innanzitutto la questione strategica della prevenzione, passando poi alla continuità di cura in fase diagnostica e terapeutica, compresa l'assistenza domiciliare e le cure palliative, si è reso necessario predisporre un Piano oncologico nazionale, allo scopo di offrire standard diagnostico-terapeutici sempre più elevati, riducendo nel contempo il divario esistente fra le diverse aree del Paese. La pianificazione nazionale si è avvalsa del lavoro di qualificati gruppi di lavoro, che hanno prodotto documenti tecnici di indirizzo, l'ultimo, relativo al periodo 2014-2016, con lo scopo di individuare priorità di azioni ed obiettivi comuni nel rafforzamento dei compiti del Ministero e delle regioni; in particolare, nella costituzione delle reti oncologiche regionali, nel buon uso delle risorse in oncologia e nel ricorso all'health technology assessment.

Questi tre obiettivi sono stati fatti propri dal Piano nazionale della prevenzione 2014-2018, recepito dal Patto per la salute 2014-2016. In tali documenti è stata riconosciuta l'importanza fondamentale della genesi e della fruizione della conoscenza; e perciò è stata riconosciuta l'indispensabile messa a regime di registri e sorveglianze come elementi infrastrutturali essenziali per il raggiungimento degli obiettivi di salute. In nessuna struttura ospedaliera italiana, pubblica o privata, c'era l'obbligo di archiviare i dati relativi alla diagnosi e alla cura dei tumori: se si vuole sorvegliare l'andamento della patologia oncologica, occorre invece che qualcuno si assuma il compito di andare a ricercare attivamente le informazioni, le codifichi, le archivi, le renda disponibili per studi e ricerche.

I registri tumori italiani si sono assunti questo compito. Sapere come sta una comunità, passare dalla statistica sanitaria all'epidemiologia, consente di descrivere il profilo di salute di una popolazione: ed è uno degli obiettivi che il progetto di legge di cui stiamo discutendo si propone.

Elemento fondamentale di questa conoscenza, dicevo, sono i registri tumori. È già stato ricordato, ma lo voglio sottolineare anch'io: i registri tumori in Italia sono nati su base volontaristica, per iniziativa spontanea di singoli clinici, epidemiologi, patologi, operatori della sanità pubblica, che hanno inizialmente costituito piccoli nuclei di sorveglianza. Il registro dei tumori infantili del Piemonte è stato il primo registro ad essere costituito nel 1967; successivamente sono sorti i registri di Varese e Parma, nel 1976. La loro attività ha ampiamente dimostrato l'utilità di un sistema di sorveglianza della malattia oncologica: i registri tumori raccolgono, valutano, organizzano, archiviano in modo continuativo e sistematico le informazioni più importanti su tutti i casi di neoplasia, le relative variazioni territoriali e temporali, attraverso misure di incidenza, sopravvivenza per le diverse neoplasie, mortalità, fornendo così un indicatore fondamentale della qualità dei servizi diagnostici e terapeutici nei diversi territori. Inoltre, fornendo dati di prevalenza a livello locale e stime di prevalenza a livello nazionale, i registri tumori sono strumenti indispensabili per l'organizzazione e la valutazione dell'efficacia degli interventi di prevenzione primaria in aree o popolazioni ad alto rischio, e per indicare in modo dinamico quali aree della prevenzione primaria rafforzare.

Nel 2010 i registri tumori presenti in Italia erano 29, coprivano il 35 per cento della popolazione italiana; come riferisce il terzo rapporto Airtum pubblicato nel 2016, oggi siamo a 44 registi accreditati che coprono il 57 per cento del territorio, altri 16 sono in attività per una copertura virtuale che raggiunge il 74 per cento della popolazione residente in Italia. La percentuale di popolazione coperta è massima nel Nord Est, 69 per cento, nel Nord Ovest, 55 per cento, intermedia nel Sud, 40 per cento, minima al Centro, 26 per cento. Le informazioni raccolte dai registri tumori includono dati anagrafici e sanitari essenziali per lo studio dei percorsi diagnostico-terapeutici, per la ricerca sulle cause del cancro, per la valutazione dei trattamenti più efficaci, per la progettazione di interventi di prevenzione, per la programmazione delle spese sanitarie.

L'esigenza di un sistema efficace di raccolta sistematica di dati anagrafici, sanitari ed epidemiologici, finalizzato a registrare e caratterizzare tutti i casi di rischio per la salute, ovvero di una particolare malattia o di una condizione di salute rilevanti in una popolazione definita, è stata raccolta dal legislatore con una norma considerata fondamentale per il riconoscimento dei registri tumori in Italia: si tratta dell'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012, che al comma 10 contiene norme che istituiscono fascicolo sanitario elettronico e sistemi di sorveglianza nel settore sanitario, registri di mortalità, tumori e altre patologie, trattamenti, ai fini della prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione, programmazione sanitaria, verifica della qualità delle cure, valutazione dell'assistenza sanitaria di ricerca scientifica in ambito medico, biomedico, epidemiologico, allo scopo di garantire un sistema attivo di raccolta sistematica dei dati anagrafici, sanitari, epidemiologici, per registrare e caratterizzare tutti i casi di rischio per la salute di una particolare malattia o di una condizione di salute rilevanti in una popolazione definita (così recita il comma 10).

Il comma 11 del citato articolo 12 prevede l'adozione, su proposta del Ministro della salute, di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per istituire i sistemi di sorveglianza e i registri di mortalità, di tumori, di altre patologie, di trattamenti costituiti da trapianti di cellule e tessuti e trattamenti a base di medicinali per terapie avanzate, o prodotti di ingegneria tessutale ed impianti protesici.

Il comma 13, dello stesso articolo 12, dispone l'adozione di un regolamento che individui i soggetti che possono avere accesso ai predetti registri, i dati che si possono conoscere, nonché le misure per la custodia e la sicurezza dei dati, in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 20, 22 e 154 in materia di protezione dei dati personali del codice in materia di protezione dei dati, decreto n. 196.

Il primo decreto, il DPCM 3 marzo 2017, dopo quattro anni di attesa, è stato approvato in via definitiva e pubblicato in Gazzetta (n. 109 del 12 maggio 2017). Con esso si individuano e disciplinano sistemi di sorveglianza e registri di mortalità, tumori e altre patologie, 31 sistemi di sorveglianza, 15 registri di patologie di rilevanza nazionale. Ora siamo in attesa del regolamento che andrà sottoposto al parere del Garante della privacy che, in sede di audizione, ha già precisato come esso assuma un ruolo essenziale in quanto è tenuto a delineare le garanzie fondamentali per la protezione dei dati trattati nei registri. L'esame del garante sarà volto a evidenziare i presupposti soggettivi e oggettivi di legittimazione all'accesso ai registri, le categorie dei dati suscettibili di consultazione, le misure di sicurezza da adottare per scongiurare ogni tipo di trattamento illecito.

Come ben si comprende, si tratta di un adempimento di grandissima importanza ai fini dell'effettiva entrata in vigore delle norme già previste dal decreto n. 179 del 2012. Con questa proposta di legge creiamo la rete dei registri nazionali e regionali, nonché dei sistemi di sorveglianza, completando quindi il disegno che già nel 2012 aveva preso avvio. Come è evidente il percorso non sarà di breve durata, ma con la legge che ci apprestiamo a votare avremmo dato un impulso decisivo per far sì che strumenti di conoscenza essenziali per la programmazione siano a disposizioni di tutti, in primis del Sistema sanitario, ma anche dei cittadini di questo Paese, che potranno finalmente sapere se le disuguaglianze di trattamento o di sopravvivenza siano o no state ridotte, se i programmi di screening siano efficaci, se chi vive vicino a una discarica o sotto una linea elettrica ad alta tensione o lavora in ambiente insalubre corre un rischio serio o più alto di ammalarsi di tumore. Per questo, il fattore tempo è determinante e noi vorremmo recuperare i ritardi del passato.