Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 21 Marzo, 2016
Nome: 
Davide Zoggia

A.C. 3606-A

Il provvedimento per la riforma delle banche di credito cooperativo è nato da un'esigenza reale: c'era effettivamente la necessità di salvaguardare, rafforzare e innovare un sistema di aziende di credito che è decisivo per il sostegno al finanziamento delle economie locali, in particolare piccole e medie imprese. Altro fondamentale obiettivo era quello di migliorare lagovernance, talvolta molto carente, di queste banche. 
Nel proporre questo provvedimento, a mio modesto avviso, il Governo aveva commesso alcune leggerezze, alcuni errori – voglio credere in buona fede –, che potevano compromettere la buona riuscita della riforma. Lo dico perché l'errata impostazione, se non fosse stata corretta per tempo, non solo avrebbe comportato danni per il sistema delle banche di credito cooperativo, ma avrebbe potuto diventare un pericoloso detonatore per l'intero movimento cooperativo, che in Italia – vale la pena ricordarlo qui, citando i dati dell'ultimo rapporto Eurispes – rappresenta l'8,5 per cento del PIL. Si tratta di un settore vitale della nostra economia, che, nel corso della durissima crisi economica, ha mantenuto l'occupazione. 
Quindi, con i nostri emendamenti e con un paziente e prezioso lavoro di ascolto e di coinvolgimento, abbiamo migliorato il provvedimento. Una rete di oltre 360 istituti, con più di 4.400 sportelli, con 1.248.000 soci, presente in oltre 2.700 comuni e con 37 mila dipendenti meritava questo rispetto e questo impegno. 
Devo ringraziare la disponibilità del relatore, di tutta la Commissione Finanze e il buon approccio del Viceministro Morando. Quando ci si ascolta, senza dubbio, si migliora, anche se forse resta qualcosa ancora da fare. 
Desidero qui citare alcuni dei punti più importanti – il nostro lavoro ha contribuito a migliorare il provvedimento e lo ha reso più armonico e più efficace –: viene mantenuta, come primo punto, l'indivisibilità delle riserve; il provvedimento presentato dal Governo, in prima battuta, rendeva invece possibile che i soci di oggi diventassero di fatto gli azionisti della Banca, anche se le riserve erano state accantonate per generazioni, e con lo scopo di mettere in comune le risorse per un obiettivo mutualistico. Se questa norma non fosse stata cambiata, avrebbe costituito un precedente e una ragione per svuotare il sistema delle imprese cooperative, così come l'avevamo conosciuto nel nostro Paese; ora, la riforma prevede il mantenimento dell'indivisibilità delle riserve accumulate. Secondo punto: la riforma che approda oggi in Aula prevede che sia mantenuta la vocazione mutualistica, cioè la ragione di fondo per la quale sono state accumulate le risorse che oggi consentono alle BCC di avere un patrimonio. Terzo punto: la way out, la via d'uscita, prevista nel testo presentato dal Governo, avrebbe consentito alle BCC di evitare l'aggregazione senza opportune procedure di verifica e di controllo; un controsenso se si pensa che il provvedimento nasce principalmente dall'esigenza di rafforzare il sistema di un mercato bancario dove la robustezza patrimoniale è un requisito essenziale e dove le norme europee – e non solo – prevedono criteri prudenziali di solidità sempre più elevati. Gli emendamenti approvati in Commissione hanno corretto questa stortura, prevedendo procedure più stringenti e un controllo più stretto di questo passaggio da parte della Banca d'Italia. Quarto punto: in Commissione è stato anche deciso di dimezzare i tempi, da centoventi a sessanta giorni, per l'eventuale via d'uscita, un passaggio che varrà soprattutto per le BCC che non hanno ad oggi i requisiti per decidere di non aderire, ma che vorrebbero aggregarsi, o fra di loro o a un istituto già più grande. Quinto punto: abbiamo previsto anche, per chi aderisce all'aggregazione di sistema, la facoltà di recesso. Sesto punto: abbiamo infine migliorato il provvedimento anche per quanto riguarda il tema delle sofferenze e dell'anatocismo. Abbiamo quindi ottenuto molti miglioramenti, anche se non tutti quelli che ritenevamo necessari. Il dibattito in Aula – mi auguro – ci consentirà di lavorare per migliorare ancora, ad esempio sul tema del prelievo tributario del 20 per cento uguale per tutti, nel caso di trasformazione del ramo bancario in Spa, e naturalmente pensiamo che i colleghi del Senato possano migliorare ancor di più la riforma. Quindi, auspico una discussione e un confronto e mi auguro che il Governo, se ovviamente le dinamiche parlamentari lo consentiranno, non ponga la questione di fiducia, ma questo ovviamente non dipende esclusivamente dal Governo. 
Credo infine che sia stato fatto un buon lavoro e che il sistema bancario italiano potrà – se lo porteremo in porto in questa maniera – trarre delle utilità dal lavoro che stiamo facendo.