Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 21 Marzo, 2016
Nome: 
Emanuele Lodolini

A.C. 3606-A

Grazie, Presidente. Per rafforzare il settore bancario, il Governo ha seguito una strategia strutturale nel solco del piano delle riforme avviato fin dal 2014 e basato fondamentalmente su tre assi: ritorno alla crescita, dopo tre anni di recessione – perché con l'economia in crescita sarà più facile ridurre le sofferenze – riduzione dei tempi di recupero dei crediti, in Italia storicamente più alti che altrove, e, terzo punto, banche più grandi, più forti e più trasparenti che dovranno gestire con maggiore efficienza i crediti deteriorati. E, dunque, il tema del consolidamento del settore bancario attraverso la riforma delle maggiori banche popolari, la riforma delle fondazioni bancarie e la riforma delle banche di credito cooperativo. La scelta di un forte coinvolgimento dei rappresentanti delle BCC e del mondo dalla cooperazione ha consentito di arrivare oggi in Aula con un testo sul quale c’è stato un confronto vero, non finto: si può parlare e si deve parlare di un processo di autoriforma che ha trovato nel Governo e nel Parlamento degli interlocutori veri e sinceri, che hanno raccolto le istanze più significative attraverso un confronto iniziato – è vero – un anno fa. Le banche di credito cooperativo – l'ha ricordato bene chi mi ha preceduto, a partire dal relatore Sanga, che ringrazio per il lavoro fatto – nascono in Europa sul finire del 1800, con un modello fondato sul localismo e motivazioni etiche di ispirazione cristiana. Una storia straordinaria, che parla dunque di dinamismo, di valori e parla di territorio. Hanno svolto negli anni passati, nel momento della massima stretta creditizia, un ruolo importante, in particolare per le piccole e medie imprese, ma è giusto riformarle perché, pur essendo un patrimonio del Paese, anche i patrimoni del Paese – come ha giustamente ricordato il presidente di Confcooperative, Gardini – non rimangono sempre intatti, ma possono essere messi in discussione dal cambiamento e dalla crisi. Non si poteva dunque più rinviare un intervento a sostegno della competitività e della stabilità di un sistema che, singolarmente, queste banche non erano più in grado di sostenere, sia per la forma giuridica di cooperativa mutualistica, sia per il peso della crisi che hanno dovuto sopportare. Il movimento cooperativo e il credito cooperativo, del resto, hanno bisogno di cambiare per rafforzarsi ed in questo cambiamento ci siamo mossi lungo tre direttrici fondamentali: la salvaguardia del principio di autonomia della singola banca, il rafforzamento della mutualità e il controllo della capogruppo da parte delle BCC stesse. Voglio motivare meglio però il perché di questa riforma: negli anni successivi allo scoppio dalla grande crisi finanziaria del 2008, mentre gran parte delle banche medio-grandi riducevano i loro prestiti, le BCC hanno continuato a dar credito a famiglie e piccole imprese; la crisi però è stata lunga, è stata profonda, ma oggi molti di quei crediti, che hanno dato ossigeno alle comunità locali, si sono trasformati in sofferenze, cioè crediti dal difficile recupero, gli NPL, che pongono almeno due problemi sui quali la riforma andrà ad incidere e a migliorare la situazione: il primo, la montagna di NPL necessità di essere smaltita, anche attraverso vendite o forme di cartolarizzazione, processi certamente gestibili meglio, da una capogruppo, che non dalle singole BCC. Secondo: l'emergere di quei NPL impone presso molte BCC la raccolta di nuovi capitali per rispettare i requisiti di patrimonializzazione minima; anche in questo caso, dunque, contribuisce a risolvere il problema la possibilità di accedere al mercato di capitali attraverso la capogruppo che, in quanto Spa, potrà raccogliere capitali anche da non soci, dunque, la capogruppo unica, può risolvere più agevolmente la questione degli NPL e accedere più facilmente al mercato dei capitali e quindi a portare finanza dai grandi mercati di capitale alle piccole banche. 
Vi è un altro punto importante: il sistema delle BCC è l'unica rete nazionale di credito mutualistico, ove le singole consorelle spesso si fanno concorrenza tra di loro. Il caso è unico perché, se si appartiene a un sistema bancario mutualistico, si condividono strutture centrali che forniscono servizi non producibili economicamente a livello della singola la logica vorrebbe – come avviene altrove – che poi nessuna BCC vada a far concorrenza ad un'altra BCC e questa anomalia verrà risolta con questa nostra riforma. La holding avrà tutto l'interesse ad operare in modo efficace, prestando vera attenzione a quelle stesse banche che conferiscono il capitale, si innesca un meccanismo virtuoso nella governance che va in due direzioni, dall'alto verso il basso e viceversa, evitando così quella frammentazione che caratterizza oggi il credito cooperativo e garantendo allo stesso tempo il collegamento con le aree di provenienza. 
Nel riformare il sistema, abbiamo fatto attenzione a mantenere la mutualità, che rappresenta il valore fondamentale, ma – attenzione – anche l'autonomia del rapporto con i territori. Dalle discussioni interne al sistema delle BCC, ma anche sui media, fatti salvi appunto i principi mutualistici, con l'opportuna introduzione dei possibili sottogruppi regionali a salvaguardia proprio dei territori, appare chiaro che lo snodo su cui si determinerà la valutazione sulla riforma discenderà sostanzialmente dalla scrittura dell'accordo di coesione. Sarà dunque utile darsi tempi rapidi e certi per l'emanazione del decreto attuativo da parte del MEF, per permettere l'adesione al gruppo dopo la conoscenza dell'articolato del patto di coesione. Diversamente, si potrebbe incorrere in rischi di richiesta di sospensione o di legittimità. In sostanza, non si può chiedere di sottoscrivere un atto costitutivo di società, senza uno Statuto, o più semplicemente un'assicurazione senza un contratto di cui siano note le parti, coperture e condizioni. 
Qui, nel patto di coesione, dovrebbe essere il MEF a tenere conto e a risolvere la questione vista come possibile attacco o interferenza all'autonomia dei soci delle piccole BCC sui poteri di nomina, rispetto dei principi contabili e autonomia delle banche di credito cooperativo e delle casse rurali.  Nessuno vuole dunque indebolire un fiore all'occhiello del sistema bancario, come il credito cooperativo. L'obiettivo semmai è quello di valorizzarlo, rafforzando, tenendo insieme le varie realtà territoriali in un contenitore ma allo stesso tempo mantenendo intatta la specificità locale di ciascun istituto. Del resto il decreto approvato dal Governo e discusso, approfondito, migliorato in Commissione va già in questa direzione e punta su tre pilastri: identità, maggiore coesione e migliori e più opportunità di sviluppo. Sono state introdotte migliorie importanti nell'esame in Commissione, il riconoscimento del principio dell'indivisibilità delle riserve e la definizione di una way out che, con parametri più stringenti temporali ed economici, permette di salvaguardare il modello cooperativo. Poi altre situazioni, la garanzia statale per le cartolarizzazioni delle sofferenze e la logica dell'anatocismo. Guardate, qui siamo innanzi ad un passo avanti importante che ha assunto la Commissione. Anche se non completamente risolutivo, questo emendamento, l'emendamento Boccadutri, è stato fermo undici giorni in Commissione, dal 7 al 17 marzo e poi, una volta messo al voto in Commissione, ha visto un pronunciamento favorevole di tutti i gruppi presenti tranne uno, che non ha votato contrario all'emendamento Boccadutri ma, rispetto all'emendamento Boccadutri, si è astenuto. Quindi mi pare evidente, dinanzi a questo atteggiamento tenuto in Commissione, la strumentalità della posizione che si viene ad assumere, perché l'emendamento ha stabilito in maniera chiara che il cliente avrà tempo per pagare gli interessi debitori fino al 1o marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati, cioè l'impresa potrà prima far fronte, con la propria liquidità, ad altre emergenze, poi pagare gli interessi e, solo e soltanto se non pagati e proprio per continuare ad avere un'operatività, il cliente potrà autorizzare l'addebito in conto capitale, proprio come se si trattasse di un nuovo affidamento. Chi sostiene che questo non sia un vantaggio, credo dovrebbe sapere anche quali siano le conseguenze: la mancata concessione di credito se non a fronte di enormi garanzie collaterali, il blocco dell'operatività con segnalazione alla Centrale rischi fino al ripianamento di tutti gli interessi non pagati e via via. Inoltre – chiudo, Presidente – l'emendamento ha stabilito che gli interessi creditori, quelli a favore del cliente, sono disponibili sui conti correnti immediatamente, cioè il 1o gennaio di ogni anno e non due mesi dopo, e se il cliente non preleverà le somme frutto di interessi, questi inizieranno a produrre nuovi interessi creditori a suo favore. Chiudo, Presidente, davvero. Nel caso delle BCC, l'obiettivo di questa riforma deve essere quello di mantenere le peculiarità storiche di questa categoria affinché, anche in una prospettiva resa più complessa dalla nascita dei meccanismi europee di vigilanza e di risoluzione, non sia messo in pericolo la funzione finora svolta di sano sostegno delle economie locali.