Data: 
Mercoledì, 25 Marzo, 2015
Nome: 
Giuditta Pini

A.C. 2893-A - Misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.

Grazie Presidente, innanzitutto vorrei ringraziare il Governo e i relatori per l'enorme lavoro fatto da quando a febbraio le Commissioni giustizia e difesa hanno avuto il decreto-legge che concerne le misure antiterrorismo e le misure sulle missioni internazionali e che ci ha visto lavorare per molte settimane. 
Quello che spesso è emerso nel dibattito anche in Commissione è una forma di sottovalutazione o addirittura di ignoranza del fenomeno del terrorismo internazionale così come lo stiamo affrontando in questi mesi. Alcuni emendamenti erano puramente di tipo propagandistico e altri, invece, erano forse ingenui nella loro gravità. Anche l'operazione che c’è stata questa mattina che ha portato all'arresto di persone, di una cellula del cosiddetto Stato islamico tra Torino e l'Albania ci conferma che, invece, il problema è reale ed esiste. 
Detto questo, però, spesso e volentieri, sia sui giornali, sia in televisione, sia purtroppo nel nostro dibattito si nota una carenza di conoscenze base dell'argomento. Visto che abbiamo l'onere e l'onore di rappresentare il popolo italiano e di essere membri della Camera dei deputati, credo che sia necessario un piccolo focus su quello che vogliamo dire quando utilizziamo alcuni tipi di affermazioni, come quando parliamo di terrorismo islamico oppure quando facciamo ragionamenti in cui paragoniamo tutti i fedeli dell'Islam ai terroristi o, ancora, quando presentiamo degli emendamenti in cui chiediamo che vengano monitorati ancora di più e diminuite ancora di più le possibilità di aprire centri culturali e moschee; credo che la serietà che ci impone il nostro ruolo dovrebbe essere un pochino maggiore. Quando, infatti, parliamo di islamici in modo così generico dobbiamo sapere che parliamo di oltre un miliardo di persone che vivono in ogni Stato del pianeta e che non sono qualificabili con l'ISIS o con il Daesh. 
Quello che sta succedendo in questi mesi, quello di cui noi abbiamo avuto percezione soprattutto a partire dalla scorsa estate, è che un gruppo terroristico che si è sviluppato all'interno della guerra civile irachena e poi in quella siriana ha deciso di scavallare i confini nazionali e internazionali e di creare una propria ramificazione statuale. Questo è nato ed è dovuto anche all'intervento che nel 2003 è stato fatto in Iraq senza una strategia di lungo periodo politica e culturale all'interno di quei Paesi. Non sono parole mie, ma sono del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama e, quindi, credo che non possa essere tacciato di sedizione. Quello che dice è che l'ISIS è un'emanazione diretta di Al Qaeda in Iraq che è stata generata dalla nostra invasione. È un esempio di conseguenza indesiderata, ed è per questo che dobbiamo in genere prendere bene la mira prima di sparare. 
Le principali vittime di questo cosiddetto Stato Islamico sono gli stessi musulmani e questo in palese violazione del Corano, il libro sacro dell'Islam, che ovviamente proibisce l'omicidio e tanto più condanna l'omicidio di fedeli musulmani. Quindi, trattare con leggerezza questi temi rischia di fare più danno che altro, perché nel frattempo oltre tremila cittadini europei sono partiti, stanno combattendo o hanno combattuto all'interno del raggio di azione del Daesh che si trova tra Siria e Iraq. Questi tremila ragazzi, che di solito hanno la mia età o, addirittura, sono più giovani di me, vengano attratti da un'ideologia e da un modo di vedere la vita e anche la morte. 
Ciò che ci dobbiamo chiedere è come possiamo combattere un fenomeno di questo tipo. Non si combatte sicuramente solo con le leggi, ma si combatte, soprattutto, credo, con l'integrazione; tuttavia, sicuramente, anche le leggi si devono, ovviamente, fare carico della nuova situazione che si viene a trovare. In altre parole, quando la propaganda sui siti Internet, sui social networkviene fatta anche in maniera, forse, a volte leggera, diciamo così, come viene fatta da tutti noi tutte le volte che condividiamo video o fotografie, dobbiamo essere in grado di dare all'autorità competente e a chi vigila, quindi ai magistrati e alla polizia postale, gli strumenti per poter intervenire su questi siti e su chi fa propaganda, anche tramite web. Quando noi abbiamo migliaia di giovani che decidono di arruolarsi e di addestrarsi in basi che sono al di fuori del territorio europeo e italiano, dobbiamo avere la capacità, come Unione europea, di poter reagire e anche di avere mezzi comuni per contrastare sia questi fenomeni sia il rientro di queste persone. 
La differenza che c’è tra Al Qaeda e ISIS è anche questa: l'ISIS si comporta come una specie di franchising, vende il proprio simbolo e chiunque, potenzialmente, può commettere attentati o omicidi in qualunque parte del mondo e poi rivendicare, attraverso il simbolo dell'ISIS, che è la famosa bandiera nera con la scritta in cufico, che l'attentato è stato fatto da parte dell'ISIS, mentre Al Qaeda ha una struttura più tradizionalmente terroristica, quindi, con cellule chiuse e di solito cieche tra di loro. 
La domanda che noi ci poniamo e ci siamo posti è come i tradizionali metodi di indagine e di contrasto al terrorismo possano combattere e contrastare questo tipo nuovo di terrorismo. I due fratelli Kouachi, che tra il 7 e il 9 gennaio hanno fatto la strage a Parigi, non erano membri dell'ISIS, erano membri di Al Qaeda e si erano addestrati nello Yemen, mentre, per esempio, l'attentato di Copenaghen o l'attentato a Sydney sono stati fatti da persone che si sono autoproclamate martiri e si sono intestate esse stesse il simbolo dell'ISIS. Sono quindi due modi differenti di attuare però la stessa strategia che è quella di creare panico e vittime negli Stati di tutto il mondo. 
Ebbene, quando noi abbiamo procure che tra di loro a volte non parlano e quando non riusciamo ad avere neanche le stesse tipologie di trattamento per gli stessi reati, vediamo che, allora, la creazione di un coordinamento di indagine, che è quello dell'antiterrorismo che si unisce a quello dell'antimafia, può essere veramente per noi molto importante. 
Quando noi abbiamo una serratissima giurisdizione sulle intercettazioni telefoniche e addirittura sul telefax, ma non abbiamo i mezzi per permettere alla polizia postale di muoversi via Internet, allora vediamo che le norme che regolamentano queste cose non saranno risolutive, ma sicuramente possono dare una mano alle indagini. Quando noi però sentiamo, anche da esponenti che rappresentano la nostra nazione a Bruxelles, teorie del tipo che questi terroristi vengono mandati e si identificano i terroristi islamici con l'immigrazione clandestina, allora stiamo facendo un enorme regalo agli strateghi del terrorismo jihadista. Perché ? Perché il miglior regalo che possiamo fare a chi vuole arruolare persone disperate è quello di renderle ancora più disperate; il miglior regalo che possiamo fare è rimandare indietro le persone, che attraversano a piedi il deserto e poi prendono un barcone, e non farle entrare. È ovvio che bisogna aumentare le misure di sicurezza e i luoghi di accoglienza, ma è altrettanto vero che dobbiamo iniziare a pensare non come uno Stato chiuso ma come una comunità di Stati, una comunità di persone che ha interessi comuni, come una comunità europea. I servizi di intelligence, le nostre polizie, ma gli stessi Stati devono iniziare a comunicare più strettamente tra di loro e in modo più fluido. I fratelli kouachi erano di cittadinanza francese; i cittadini che sono stati arrestati oggi a Torino sono italiani, non si possono espellere, però dobbiamo capire per quale motivo hanno deciso di dare e donare tempo e anche la loro vita a una causa come questa. Come possiamo combattere queste forme ? Il legislatore giustamente deve dare più mezzi alle procure, a chi indaga, alla polizia, per potere agire, ma dovremmo anche iniziare – e spero che questo dibattito ma anche quello che seguirà in Aula e soprattutto quello che dovrebbe seguire poi, dalla riforma della scuola alle altre riforme – a fare una seria politica di integrazione tra i Paesi europei e all'interno del nostro Paese. Solo così potremo veramente combattere il fondamentalismo e queste forme di jihadismo, in un contesto che si muove a livello globale, da Boko Haram ai gruppi terroristici in Somalia, dalla Libia alla Tunisia, dalla Francia a Copenaghen, da Sydney fino alla Siria. Noi dobbiamo dare e permettere a chi opera per la sicurezza dei nostri Paesi di avere gli stessi mezzi, cioè avere dei mezzi che superino le frontiere e che aiutino a combattere questi fenomeni. Quindi, credo che il decreto-legge, con le modifiche che sono state apportate in Commissione, aiuti, o quanto meno inizi a dare degli strumenti in più a chi indaga e a chi agisce per la sicurezza del nostro Paese. Credo sia importante anche, ovviamente, la parte in cui si rifinanziano le missioni internazionali. Spero che l'affrontare queste tematiche dia a tutti noi la capacità di leggere con occhiali migliori ciò che accade attorno a noi; spero che il contrasto all'integralismo, il contrasto al jihadismo, il contrasto al terrorismo non rimanga solo tema della Commissione difesa o tema dell'antiterrorismo, ma diventi una priorità che deve riguardare ogni singolo tema, appunto dalla scuola alla sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).