Dichiarazioni di voto finale
Data: 
Giovedì, 7 Agosto, 2014
Nome: 
Marina Sereni

A.C. 2486-B

 

Presidente, colleghi, ministra, rappresentanti del Governo con il voto di oggi diventa legge un provvedimento che quest'aula ha esaminato molto a lungo nei giorni scorsi. Non devo dunque entrare nel dettaglio delle misure che esso contiene e che sono state perfettamente richiamate dal relatore Fiano, dai colleghi Richetti, Giorgis, Lattuca, in prima lettura e ancora questa mattina. 
Mi soffermerò invece, piuttosto, sul significato generale di un intervento che intende essere un'anticipazione di una riforma molto più ampia. Vorrei cioè provare a rispondere ad alcune domande. Perché un intervento su questo settore proprio ora ? Con quale ambizione ? C’è un nesso tra i dati economici difficili, che ancora ieri l'Istat ci ha ricordato, e il funzionamento della macchina pubblica italiana ? 
Partiamo da un giudizio d'insieme: nel pubblico impiego in senso lato, a livello centrale ma anche nel territorio, lavorano competenze importanti, persone valide che mediamente non godono di trattamenti economici particolarmente elevati e che, in questi anni di crisi, al pari di tante altre categorie di lavoratori, hanno subito scelte inevitabili, anche se non sempre giuste ed efficaci, dettate dalla necessità di contenere la spesa. 
Eppure, nonostante queste competenze, il sistema nel suo insieme non funziona come dovrebbe e le inefficienze, le lungaggini, le storture e le arretratezze della pubblica amministrazione italiana sono ormai da tempo uno dei fattori che concorre a rendere il nostro Paese meno dinamico e competitivo di quanto potrebbe e dovrebbe essere. 
Non c’è statistica o rilevazione che non evidenzi questo dato. Nell'ultima classifica mondiale sulla competitività pubblicata dal World Economic Forum, l'Italia ha perso ancora posizioni e, se andiamo a leggere più nel dettaglio le singole voci prese in esame, scopriamo che la decima economia del mondo (perché questo noi siamo, nonostante la crisi economica !) è al 140oposto su 148 per la fiducia dei cittadini verso la politica, al 103o per l'etica delle imprese, al 126o per i favoritismi nelle decisioni dei funzionari pubblici, al 139o posto per spreco di risorse pubbliche, al 126o posto per capacità di attrarre talenti. 
Nonostante questi numeri poco lusinghieri, la capacità complessiva di innovazione del Paese ci colloca, invece, al 31o posto. Perché sono partita da questi dati ? Perché danno conto dello scarto drammatico tra realtà e potenzialità, tra ciò che siamo e ciò che potremmo essere, se aggredissimo con coraggio e con determinazione le nostre debolezze strutturali, quelle che impediscono al Paese di crescere e quelle che mortificano le tante risorse culturali, imprenditoriali, di saper fare e di creatività, di cui questo Paese è ricco. 
Se poi andiamo a guardare alcuni indicatori più specifici, come quelli che la Banca mondiale utilizza per il rapporto «Doing Business 2014 (avvio d'impresa, ottenimento di permessi edilizi, facilità nella registrazione della proprietà, capacità di far rispettare i contratti, risoluzione delle dispute commerciali) non possiamo non vedere come uno, forse il principale, »collo di bottiglia” che dobbiamo assolutamente rompere, riguarda proprio la modernizzazione e la semplificazione del nostro apparato burocratico. 
Ecco perché nel programma dei mille giorni, che il Governo Renzi ha proposto al Parlamento e al Paese, il cambiamento della pubblica amministrazione non poteva che avere un posto centrale. Ecco perché, mentre assumiamo la responsabilità del semestre di Presidenza dell'Unione, ponendo lì una grande necessità di un'agenda politica economica nuova dell'Europa, che metta al centro finalmente occupazione e investimenti ed invece accantoni l'austerità senza aggettivi, mentre facciamo questo in Europa, non possiamo rallentare o diminuire la portata delle riforme che dobbiamo fare noi, qui, a casa nostra. 
Il decreto che oggi convertiamo è un tassello – è stato già detto – di una strategia di riforma più vasta, che il Governo ha affidato ad un disegno di legge delega, di cui avrà inizio l'iter a settembre al Senato. Ma già oggi le linee di fondo di questa volontà riformatrice sono chiare: semplificazione, innovazione, ringiovanimento delle competenze, efficienza, eliminazione degli sprechi, trasparenza.
E poi lotta alla corruzione e pulizia negli appalti, perché non c’è inefficienza peggiore in un sistema pubblico di quella che penalizza il merito e la qualità e spreca denaro dei contribuenti per far ingrassare corrotti e corruttori. Non c’è inefficienza peggiore della corruzione. 
Stiamo parlando dunque di un impianto molto coraggioso che la Ministra Madia ha giustamente rivendicato in un confronto serrato e positivo con il Parlamento che ha indubbiamente, dal nostro punto di vista, migliorato il provvedimento nella direzione dell'equità. Proprio per questo non abbiamo potuto nascondere l'amarezza per la scelta del Governo di stralciare al Senato alcune norme che in questo ramo del Parlamento avevano visto la volontà e il concorso di tutti i gruppi. 
Abbiamo preso atto di questa decisione, abbiamo registrato l'impegno a tornare su quelle materie con un provvedimento ad hoc e ci adopereremo come gruppo del Partito Democratico perché quell'impegno si realizzi concretamente. Riteniamo tuttavia che il risultato finale sia molto positivo per la serietà e la profondità dell'azione di riforma della pubblica amministrazione che oggi iniziamo e che richiederà ancora molta energia nei prossimi mesi. 
Ieri il Presidente del Consiglio si è rivolto ai parlamentari della maggioranza indicando dieci punti, dieci priorità, sulle quali nei prossimi mesi saremo chiamati a legiferare. Tra queste, cinque obiettivi che attengono complessivamente alla qualità del sistema pubblico: riforma del fisco, per renderlo più semplice, per combattere meglio la grande evasione e aiutare i contribuenti a rispettare le regole; riforma del mercato del lavoro, per favorire nuove assunzioni, per ridisegnare il sistema delle tutele guardando alle nuove emergenze prodotte dalla crisi; riforma della giustizia, per abbreviare i tempi, per dare certezza a cittadini e imprese; riforma della pubblica amministrazione, per valorizzare il merito e l'efficienza e tagliare privilegi e sprechi; decreto «sblocca-Italia», per realizzare opere già finanziate, per far partire i cantieri fermi per ragioni puramente burocratiche, per rimuovere gli ostacoli che impediscono ai privati di fare investimenti in settori strategici per lo sviluppo dell'Italia.
Dobbiamo essere consapevoli della sfida che ci stiamo ponendo. Dovremo contrastare conservatorismi di ogni tipo, dovremo vincere pigrizie e consuetudini consolidate, dovremo smentire scetticismi, dovremo chiamare a raccolta e mobilitare le tante energie sane e dinamiche di cui il Paese dispone e che sanno che senza il cambiamento non c’è futuro. 
Ecco, Presidente Renzi, i deputati del Partito Democratico nell'esprimere il voto favorevole al «decreto Madia» vogliono dirvi, vogliono dire a lei, al Governo, al Ministro Madia, ai sottosegretari presenti che ci siamo, siamo pronti ad affrontare e vincere questa sfida riformatrice. Se, come credo, riusciremo in questo intento, una legislatura iniziata all'insegna della sfiducia e dell'antipolitica ridarà credibilità alle istituzioni democratiche e soprattutto speranza agli italiani.