Relatrice per la maggioranza
Data: 
Lunedì, 16 Marzo, 2015
Nome: 
Sofia Amoddio

A.C. 2150-A

Negli ultimi anni – in sede parlamentare – si sono moltiplicate le proposte di riforma dell'istituto della prescrizione. 
  Nelle trascorse legislature si sono istituite diverse commissioni di studio, tutte con lo scopo di riformulare l'istituto della prescrizione rispetto all'attuale formulazione della legge approvata nel 2005 «cosiddetta legge Cirielli». 
  Il tema della prescrizione dei reati ha assunto in questi ultimi anni un ruolo centrale nel dibattito parlamentare e politico, anche perché i frequenti casi di estinzione di processi per intervenuta prescrizione, con conseguente proscioglimento degli imputati prima di una pronuncia definitiva, hanno suscitato indignazione e polemiche soprattutto con riferimento a reati ambientali ed a gravi reati contro la pubblica amministrazione. Da ultimo, ricordo il clamore suscitato dalla «sentenza Eternit». 
  Vorrei precisare, a questo proposito, che ben prima che il Paese si fosse indignato per l'esito della «vicenda Eternit» (19 novembre 2014) la Commissione Giustizia aveva iniziato l'iter legislativo in materia di prescrizione. In particolare, il 28 maggio 2014 si era avviato l'esame in sede referente, che è stato caratterizzato da una lunga ed approfondita indagine conoscitiva che ha portato all'adozione del testo base. 
  L'esigenza di intervenire sulla disciplina della prescrizione è stata sottolineata dal primo Presidente della Corte di Cassazione, Giorgio Santacroce, nella Relazione sull'amministrazione della giustizia dell'anno 2014, svoltasi il 23 gennaio 2015. 
  Il rilievo dell'eccessiva brevità del termine di prescrizione è emerso nel Consiglio d'Europa. In particolare vorrei citare il rapporto del GRECO (il Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione), pubblicato nel 2009, nel quale si sottolinea che l'estinzione dei reati per prescrizione costituisce motivo di sfiducia della collettività nella giustizia. 
  Quando si parla di prescrizione si evoca subito la ragionevole durata del processo, citata dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'articolo 6. Questo parametro rimane certamente violato nei riguardi della vittima nelle eventualità in cui – senza sua colpa – l'imputato usufruisce del maturare della prescrizione. In altre parole ogni processo che si conclude con l'estinzione del reato lede il sentimento di giustizia della collettività e, in particolare, si ledono le giuste aspettative delle vittime dei reati per effetto della sostanziale impunità dei loro autori. 
  L'attuale disciplina della prescrizione del reato (dagli articoli da 157 a 161 del codice penale) è stata introdotta dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 che aveva sostanzialmente riscritto l'articolo 157 del codice penale, prescrivendo che il tempo necessario a prescrivere corrisponda al massimo della pena edittale stabilita dalla legge per ogni singolo reato, e precisando comunque, che in caso di delitto, il tempo necessario a prescrivere non può essere inferiore a 6 anni mentre in caso di contravvenzione non può essere inferiore a quattro anni. 
  L'articolo 1 del testo approvato dalla Commissione giustizia lascia intatta questa parte ed interviene sul comma 6 dell'articolo 157 c.p. aggiungendo che i termini di prescrizione – per i reati di corruzione – sono aumentati della metà del massimo della pena edittale. 
  Si tratta dei reati di corruzione per l'esercizio della funzione (articolo 318 del codice penale), corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (articolo 319 del codice penale) e corruzione in atti giudiziari (articolo 319-ter del codice penale). 
  Tale previsione è derivata da una riformulazione chiesta dai relatori agli emendamenti presentati dal Governo, dal Pd, Sel e dal MoVimento 5 Stelle. 
  La ragione di tale intervento si ravviene nella circostanza obiettiva che il momento della scoperta dei reati corruttivi spesso avviene successivamente-rispetto al momento in cui il reato si consuma – e ciò avviene perché nel reato di corruzione – a differenza per esempio del reato di concussione – non c’è una vittima ed un autore di reato ma vi sono due concorrenti di reato (il corrotto ed il corruttore) – esiste un patto criminoso tra i due soggetti e pertanto nessuno dei due è incentivato a presentare denuncia, perché scatterebbe la propria responsabilità penale. Nella maggior parte dei casi la scoperta avviene molto tempo dopo la commissione del reato, con il grave rischio che il reato è già prescritto quando si scopre. 
  Vorrei sottolineare che l'aumento dei tempi di prescrizione per i reati di corruzione non comporta come necessaria conseguenza l'aumento della durata del processo. Se un processo si protrae oltre misura – e non per ragioni dovute alle parti processuali – ricordo che la parte può sempre ricorrere con la richiesta del risarcimento danni per l'irragionevole durata di cui alla legge Pinto. Ciò vuol dire che il giudice in ogni caso non può indiscriminatamente protrarre un processo sine die, solo perché è previsto un termine più lungo di prescrizione per quel determinato reato. 
  Altri motivi ci hanno spinto a prevedere un aumento dei termini di prescrizione per i reati di corruzione. 
  Nel quadro del semestre europeo del 2013 sono state approvare dal Consiglio ECOFIN due raccomandazioni per l'Italia con le quali si richiede specificamente di potenziare il quadro giuridico relativo alla repressione della corruzione, anche rivedendo la disciplina dei termini di prescrizione. La disciplina italiana della prescrizione per i casi di corruzione è stata in seguito oggetto di esame da parte della Commissione europea con la pubblicazione del 3 febbraio 2014 della prima Relazione dell'Unione sulla lotta alla corruzione. 
  Secondo la Commissione si tratta di un fenomeno che interessa tutti gli Stati membri e che costa all'economia europea circa 120 miliardi di euro all'anno. La relazione riporta i risultati di due sondaggi sulla percezione della corruzione tra i cittadini europei e tra le imprese. 
  Da tali rilevazioni risulta che la percezione della diffusione della corruzione in Italia registra il dato del 97 per cento, che è il più alto nell'Unione europea dopo quello della Grecia. 
  L'articolo 2 del provvedimento aggiunge alla fine dell'art 158 c.p. un nuovo comma con cui si prevede che per una serie di reati commessi ai danni di minori – previsti dall'articolo 392 comma 1-bis del c.p.p. – il termine di prescrizione decorre non dal giorno del commesso reato, ma dal compimento del quattordicesimo anno d'età della persona offesa, salvo che l'azione penale sia stata esercitata precedentemente. In questo caso il termine di prescrizione decorre dall'acquisizione della notizia di reato. 
  Norme simili ed anche più drastiche le ritroviamo in altri Stati Europei. 
  In Francia, a parte l'elevato termine di prescrizione nel caso di commissione di abusi sessuali verso minorenni, il termine di prescrizione è sospeso fino al compimento del diciottesimo anno di vita della vittima. 
  In Germania la prescrizione viene sospesa fino al compimento del trentesimo anno di vita della vittima, nel caso di abusi sessuali nei confronti di minori o commessi a seguito dello sfruttamento di una posizione gerarchica o di una situazione di svantaggio della vittima. 
  La soluzione adottata dalla Commissione è apparsa la più idonea per far sì che la vittima minorenne disponga di un tempo congruo per denunciare l'autore degli abusi una volta superata la situazione di dipendenza dall'autore del reato ed avere preso consapevolezza di quanto accaduto. 
  Si tratta dei seguenti reati: 
   Maltrattamenti contro familiari e conviventi (articolo 572 c.p.); 
   Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (articolo 600 c.p.); 
   Prostituzione minorile (articolo 600-bis c.p.); Pornografia minorile (articolo 600-ter c.p.); 
   Detenzione di materiale pornografico (articolo 600-quater c.p.), anche relativamente a pornografia virtuale (articolo 600-quater.1 c.p.); 
   Turismo sessuale (articolo 600-quinquies c.p.); 
   Tratta di persone (articolo 601 c.p.); 
   Acquisto e alienazione di schiavi (articolo 602 c.p.); 
   Violenza sessuale (articolo 609-bis c.p.); 
   Atti sessuali con minorenne (articolo 609-quater c.p.); 
   Corruzione di minorenne (articolo 609-quinquies c.p.); 
   Violenza sessuale di gruppo (articolo 609-octies c.p.); 
   Adescamento di minorenne (articolo 609-undecies c.p.); 
   Atti persecutori (articolo 612-bis c.p.).Con questa disposizione, il legislatore dà attuazione – seppur in modo parziale – alla Convenzione di Istanbul, contro la violenza nei confronti delle donne, ratificata dall'Italia con la legge n. 77 del 2013. La Convenzione, all'articolo 58, infatti, richiede agli Stati di adottare le misure legislative necessarie per garantire che il termine di prescrizione per intentare un'azione penale relativa ai reati di violenza sessuale «sia prolungato per un tempo sufficiente e proporzionato alla gravità del reato, per consentire alla vittima minore di vedere perseguito il reato dopo aver raggiunto la maggiore età». 
  L'articolo 3 modifica l'articolo 159 c.p. del provvedimento. Si aggiungono a quelle già esistenti numero tre ulteriori cause di sospensione della prescrizione. Tali cause riguardano la richiesta di una rogatoria all'estero (il processo può sospendersi fino ad un massimo di 6 mesi), una perizia che comporta pareri di particolare complessità (sospensione massima di tre mesi) la presentazione della richiesta di ricusazione. 
  Inoltre sono state inserite due ulteriori cause di sospensione. 
  Dal deposito della sentenza di condanna di primo grado sino al deposito della sentenza del grado successivo i termini di prescrizione sono sospesi per un tempo non superiore a due anni e dal deposito della sentenza di condanna di secondo grado sino alla pronuncia della sentenza definitiva la prescrizione rimane sospesa per un tempo non superiore ad un anno. 
  Perché questa modifica ? 
  Accade troppo spesso che dopo l'accertamento della responsabilità – ovvero dopo una sentenza di condanna di primo grado, in cui si sono acquisite le prove – il reato si prescrive nelle more della fissazione del processo in appello e stessa situazione si verifica dopo la sentenza di condanna di secondo grado, nelle more della fissazione del processo in cassazione vanificando così l'ingente impegno di energie materiali e umane profuso dagli organi investigativi e giurisdizionali. 
  L'idea di fondo da cui muove tale previsione è che ad ogni riscontro processuale della fondatezza dell'ipotesi accusatoria corrisponda la necessità di bloccare – almeno temporaneamente – il decorso della prescrizione, così da assegnare alla giurisdizione un tempo ragionevole per compiere la verifica della correttezza della decisione di condanna nei gradi di impugnazione. 
  Da un lato si impone, dunque, la necessità di assicurare alla giurisdizione tempi congrui allo svolgimento delle attività per accertare la responsabilità del fatto-reato ed applicare la relativa sanzione, dall'altro occorre evitare che il maturare della prescrizione a processo inoltrato, dia luogo ad uno spreco di risorse umane, materiali e di tempo, nonché alla frustrazione della legittima pretesa punitiva dello Stato e delle istanze di giustizia avanzate dalle vittime del reato. 
  Infine per l'articolo 6 la Commissione ha accolto gli emendamenti del governo, di Alleanza Popolare e di Forza Italia e si prevede espressamente che la nuova legge sulla prescrizione si applica ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge. 
  Noi relatori nel testo base non avevamo inserito una norma transitoria perché essendo la prescrizione un istituto di diritto sostanziale – nel caso di successioni di leggi nel tempo qualora lo norma successiva è più gravosa per l'imputato (come in questo caso) si applica la legge precedente – se più favorevole al reo. 
  Che la prescrizione sia un istituto di diritto sostanziale è stato ribadito – oltre che dalla giurisprudenza europea, anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale – si vedano, in particolare, le sentenze n. 393 del 2006 e 275 del 1990. 
  In ogni caso l'inserimento della norma servirà a fugare dubbi interpretativi che potrebbero sorgere in sede processuale.