Data: 
Martedì, 6 Giugno, 2017
Nome: 
Marco Di Maio

C. 2352 e abb
 

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, quest'Aula è di nuovo impegnata nell'esame di una legge elettorale. È la seconda volta in questa legislatura, certamente sarà l'ultima. È inutile nascondere che quella che ci apprestiamo a votare non è la legge che noi avremmo voluto per il nostro Paese e per sistemare alcuni nodi politici che abbiamo tentato di riformare anche in questi anni. Avevamo proposto un modello diverso basato su un sistema istituzionale a Camera prevalente eletta direttamente dai cittadini con due turni di consultazione che rendevano possibile, grazie al ballottaggio, la sicura governabilità a chi con certezza assoluta la sera del voto avesse vinto le elezioni.

Quel modello è stato bocciato con il referendum costituzionale del 4 dicembre, che ha respinto la proposta di riforma costituzionale approvata dal Parlamento e tutto ciò che vi era direttamente e indirettamente collegato, a partire dalla nuova legge elettorale. Ricordarlo è utile per capire che la proposta di legge che ci apprestiamo ad esaminare qui in Aula ha una sua storia, una sua causa ben precisa che deriva dai fatti che ho ricordato poco fa ai quali si aggiungono due sentenze della Corte Costituzionale, relative a due differenti leggi elettorali: la “Calderoli” o meglio detta “Porcellum” del 2005 e il cosiddetto “Italicum”, sentenze di cui non si poteva non tenere conto nella scrittura di una nuova legge elettorale.

Il pregio maggiore di questo testo sta nel metodo con cui è stato scritto. La stragrande maggioranza delle forze politiche presenti in Parlamento ha avuto la capacità, pur nelle reciproche differenze che continuano a permanere, di prendere atto della realtà e della necessità di scrivere insieme le regole democratiche del gioco. Noi ci siamo seduti a questo tavolo con l'amarezza di chi voleva un sistema fortemente maggioritario ma è stato costretto a rinunciarvi per il referendum popolare, ma anche con la certezza che sia nostro dovere e non una semplice facoltà rispondere all'esigenza di ottenere un sistema di voto migliore di quello che avremmo senza questa legge, esigenza condivisa e ripetuta in più circostanze anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, i cui richiami, per la stima, la fiducia e il grande rispetto che nutriamo della sua figura, hanno per noi il valore di un impegno solenne.

Giova ricordare, infatti, cosa accadrebbe se l'Italia si presentasse alle elezioni politiche con il sistema elettorale che abbiamo alla data odierna: si voterebbe con una legge ancora più proporzionale di questa, con una soglia di sbarramento ridotta al 3 per cento, con 100 collegi territoriali con capilista bloccati e sì le preferenze, ma con il rischio, molto probabile, che in tanti collegi vi siano candidati in grado di raccogliere migliaia di voti senza alcuna possibilità di elezione. Al Senato avremmo tutt'altro sistema: sempre proporzionale ma con soglie di sbarramento diverse, possibilità di coalizione, preferenza unica senza alcuna garanzia di parità di genere tra uomini e donne, come invece si garantisce con questo testo. Insomma, avremmo molto probabilmente, anzi certamente, maggioranze disomogenee tra i due rami del Parlamento.

La proposta di legge che stiamo esaminando invece è una struttura più ordinata e comprensibile, capace di rispettare l'effettiva volontà degli elettori. Intanto, è omogenea tra Camera e Senato; prevede uno sbarramento nazionale per l'ingresso in Parlamento del 5 per cento; suddivide il territorio nazionale in 28 circoscrizioni e 232 collegi uninominali alla Camera e la metà circa al Senato. Avremo una sola scheda per la Camera e una per il Senato in cui sarà molto chiaro ciò per cui votiamo e le persone che con il nostro voto contribuiremo ad eleggere. Sulla scheda, infatti, troveremo a sinistra stampato in grande il nome del candidato di collegi uninominali diverso per ciascuno dei 232 collegi uninominali, poiché sono vietate le candidature multiple a differenza del passato. Poi, il simbolo della lista di appartenenza accanto al quale saranno stampati, a differenza di quanto avveniva fino ad oggi, i nomi dei candidati della lista di circoscrizione. Con un segno sul nome del candidato uninominale o sul simbolo della lista o sui nomi dei candidati della lista circoscrizionale l'elettore esprimerà il proprio voto, ben sapendo a chi verrà attribuito e in rappresentanza di quale territorio e di quale lista. I primi di ogni collegio, se appartenenti a liste che superano il 5 per cento a livello nazionale, saranno certamente eletti in Parlamento. Un considerevole passo avanti rispetto ad oggi, perché si ricostruisce un legame diretto fra territori, elettori ed eletti.

Non è vero che è una legge che impedisce a chi ce l'ha e a chi vuole continuare ad averla di mantenere una vocazione maggioritaria. Infatti, lo sbarramento al 5 per cento per l'ingresso in Parlamento e l'individuazione di collegi uninominali consentirà di semplificare il quadro politico, permettendo potenzialmente a una lista che dovesse avvicinarsi al 40 per cento dei consensi - fatto già avvenuto nel nostro Paese - di raggiungere una quota di seggi in Parlamento vicina alla maggioranza assoluta. Certo è che non esiste alcun sistema elettorale che garantisca la vittoria a una lista che non prende molti voti e questo forse qualcuno lo vorrebbe ma non è possibile matematicamente. Credo anche che per rendere più solida questa riforma elettorale andrebbe promossa una norma che limiti la frammentazione in Parlamento successivamente all'esito del voto - non credo sia possibile in questa legislatura, ma forse varrebbe la pena provarci - magari facendo corrispondere le liste elettorali ai gruppi parlamentari che si formeranno nelle Aule di Camera e Senato dopo le elezioni, perché ciò contribuirebbe a una maggiore chiarezza nei confronti degli elettori e a un più rigido rispetto della loro espressione di voto.

Un fatto tanto più rilevante di fronte a una legge elettorale che ripristina i collegi territoriali e una stretta correlazione tra candidato di lista, lista di rappresentanza, circoscrizione e territorio di elezione. Come già ricordato, il nostro modello elettorale preferito era un altro. A dimostrarlo ci sono la legge che era stata approvata dal Parlamento e successivamente le proposte di legge che abbiamo avanzato anche negli ultimi tempi. Abbiamo preso atto che non c'era la volontà delle altre forze politiche di misurarsi su una proposta di legge elettorale di stampo fortemente maggioritario e allora, sapendo che da soli non avremmo avuto i numeri per approvare quei testi, abbiamo scelto di rinunciare a una parte dei nostri convincimenti sul tema per favorire un accordo ampio tra tutte le forze politiche italiane e consegnare al Paese un sistema elettorale omogeneo e ordinato. La nostra intesa, però, finisce qui e non c'è alcun accordo ulteriore su altri temi o ipotesi di alleanze elettorali con MoVimento 5 Stelle, Forza Italia, Lega Nord o altre forze presenti in quest'Aula. Alle prossime elezioni, che siano a scadenza naturale della legislatura o che questo avvenga prima, faremo la nostra corsa. Chiederemo agli elettori di accordarci la loro fiducia: di farlo ai nostri candidati nei collegi e di farlo per un programma a favore dell'Italia che guardi al futuro e non contro qualcuno o contro qualcosa, perché pensiamo che il compito della politica non sia limitarsi a indicare i problemi ma darsi da fare per affrontarli e offrire le soluzioni migliori possibili nelle condizioni date e non nelle condizioni in cui ci si vorrebbe trovare. Con questo spirito abbiamo partecipato alla stesura di questa proposta di legge e ci impegneremo per la sua rapida approvazione.