Discussione generale
Data: 
Mercoledì, 2 Luglio, 2014
Nome: 
Antonella Incerti

A.C. 224-387-727-946-1014-1045-1336-A

Signora Presidente, colleghi, una delle caratteristiche dell'efficacia e della sostenibilità del sistema previdenziale è quella di essere in grado di rispondere alle modifiche del e nel mondo del lavoro, adeguandosi ai cambiamenti sociali ed economici e quindi lavorativi con altrettante tutele e protezioni, sia a favore delle imprese, che a favore dei lavoratori. 
  Questo vuol dire che è un sistema dinamico che ha bisogno di essere costantemente monitorato a garanzia di questa sostenibilità per poter assicurare, soprattutto nelle fasi di grande mutamento, ai giovani e a chi accede nel corso del tempo ad un sistema di protezione, una vecchiaia dignitosa. È quindi un sistema che, sì, ha bisogno di riforme, ma è un sistema anche che ha un principio di giustizia e di equità da cui deve essere governato. 
  Molte sono state le modifiche in questi decenni, a partire dagli anni Ottanta e Novanta: il legislatore è intervenuto in più occasioni, spesso con strumenti inadeguati, come decreti o commi ai maxiemendamenti. Cito la riforma Dini del 1995, che ha segnato la spartizione tra sistema retributivo e sistema contributivo, passando per la gestione separata per i lavori lavoratori parasubordinati che non avevano fino ad allora nessuna copertura previdenziale, o arrivando al cosiddetto scalone Maroni – e qui lo rimarco ai colleghi della Lega, con i quali pure abbiamo condiviso un percorso unitario con l'approvazione del testo unico in Commissione che oggi è all'esame qui in Aula –, scalone Maroni che voglio ricordare perché nessuno è innocente rispetto alle modifiche, in virtù del quale in una notte i termini per andare in pensione si allungavano di ben tre anni. Se la legge non fosse stata abrogata dal Governo Prodi, avremmo avuto gli esodati con ben alcuni anni di anticipo. 
  Fino alla manovra Fornero del 2011, la prima forse con cui si è rotto un rapporto di fiducia, con cui si sono scardinati alcuni istituti fondamentali del nostro sistema pensionistico, come ad esempio – per citarne uno – quello della ricongiunzione dei contributi a danno soprattutto delle donne del pubblico impiego, innescando tra l'altro uno scontro generazionale tra lavoratori giovani e anziani e una sorta di rivalsa, e che soprattutto ha prodotto, nell'assoluta mancanza di gradualità, una nuova categoria – che ha ricordato la nostra relatrice –, quella degli esodati, veri e propri raminghi del sistema previdenziale italiano, persone che si sono viste non avere più, allungando l'arrivo alla pensione, né la pensione, né lo stipendio. 
  Sappiamo bene il contesto in cui si è mossa la manovra economica della Fornero: necessità di risorse da reperire con grande urgenza. Nel «salva Italia» si è parlato di 80 miliardi di risparmi fino al 2022. Altri studi ci dicono 300 miliardi fino al 2050, ma non possiamo non rimarcare anche la drasticità e la drammaticità, così intrecciate alla crisi economica che ha investito il nostro Paese. Mai forse nessuna riforma ha prodotto la necessità di tante azioni correttive di questa entità. Ne sono state necessarie cinque, come ha ricordato l'onorevole Gnecchi, per salvaguardare 162 mila lavoratori: la prima 65 mila, la seconda 55 mila, la terza 10 mila, con grande sforzo nella quarta, il decreto-legge n. 102 del 2013, con 6.500. Poi, ancora, con la legge di stabilità nel 2014 altri 23 mila, di cui ricordo 6 mila prosecutori volontari, e non da ultimo il decreto n. 101 del 2013, che ha disposto un ulteriore contingente di 2.500. 
  Il Partito Democratico ha lavorato comunque fin da subito, come si dice, per riparare il danno, avviando, soprattutto nell'XI Commissione, un proficuo confronto e definendo questo testo di legge che oggi è avviato alla discussione. Con questo testo si è cercato, come ha bene ricordato l'onorevole Gnecchi, di risolvere i tanti errori e le tante incongruenze, cercando di superare tutte le contraddizioni create con le cinque salvaguardie e mirando a fare confluire le risorse non utilizzate nelle precedenti salvaguardie in questo nuovo importante intervento, utilizzando i risparmi conseguiti esclusivamente per altre operazioni a favore degli esodati. 
  Si tratta di più di 11 miliardi di risorse a cui sono stati aggiunti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali 132 milioni di risorse per il 2015 e 119 milioni nel 2016, attingendo al Fondo occupazione. Ma mi pare veramente pretestuoso vista l'entità, dato che sono 137 milioni, come ricordava Fedriga, affermare che questo passaggio toglierebbe risorse a problemi molto grandi come quello che si ricordava, cioè il rifinanziamento delle casse integrazioni, poiché c’è stato assicurato, vista anche l'entità, che questo Fondo sarà rimpinguato. E poi riguarda, appunto, il 2016. Quindi, mi sembra davvero un elemento di grande pretestuosità. 
  Delle varie soluzioni proposte nel testo unico il Governo ne ha accolta una, quella di derogare la «legge Fornero» anche per chi maturi il diritto alla pensione entro il 1o gennaio 2016 nonché per i lavoratori a tempo determinato. Si tratta di altri 32 mila lavoratori (e lo dico a chi dice che non abbiamo senso di responsabilità). Li conosciamo tutti in carne ed ossa questi lavoratori. Giustamente è un altro passo avanti. Certo, sappiamo molto bene che non è risolutivo, ma abbiamo visto che la politica dei piccoli passi quanto meno in questi tre anni ha pagato. Certo, avremmo preferito e sarebbe stata preferibile una soluzione decisiva oggi, perché rimangono ancora persone senza lavoro e senza pensione. Ne cito due in particolare: non sono state tolte le penalizzazioni per coloro che andavano in pensione prima dei 62 anni e rimarco ancora una volta la non soluzione delle cosiddette «quote 96», gli insegnanti per cui l'accesso alla pensione è stato impedito perché il conteggio degli anni necessari è stato fatto in base agli anni solari e non agli anni scolastici, cioè al 31 dicembre anziché al 31 agosto, come dovrebbe essere e come è sempre stato per questi lavoratori. L'invito è quindi rivolto al Governo, perché in questo caso si tratta di una platea ristretta, 4 mila persone, che vorrebbe dire, poi, accesso alla scuola più vecchia d'Europa ad altrettanti giovani insegnanti. 
  Il Ministro Poletti – e noi lo abbiamo profondamente apprezzato – si è impegnato a ricercare la soluzione definitiva nella legge di stabilità, una soluzione strutturale e, dunque, definitiva. Questo impegno deve tradursi nella realizzazione ed è possibile anche perché non ci convince il fatto che secondo l'INPS il testo complessivamente approvato avrebbe avuto un costo di 47 miliardi nel corso del tempo. 
  Rimaniamo convinti che vada recuperato lo spirito della legge n. 247 del 2007, che dà la possibilità di un'uscita flessibile verso il pensionamento, anche in ragione di un più stretto rapporto tra tipologie di lavoro svolto e soluzione previdenziale conseguente – vogliamo parlare dei lavori usuranti – e vadano individuate misure che consentano di recuperare la solidarietà tra le generazioni, che permettano anche di realizzare una redistribuzione della ricchezza e la garanzia di prestazioni dignitose per le future generazioni. Su questo va avviata una riforma seria e su questo noi continueremo a lavorare per una soluzione che sia davvero stavolta adeguata e definitiva (Applausi).