Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 8 Ottobre, 2019
Nome: 
Antonello Giacomelli

Signor Presidente, condivido ovviamente, sottolineo, l'intervento e le considerazioni che ha appena fatto la collega Bruno Bossio. Vorrei solo aggiungere due riflessioni e le aggiungo raccogliendo molte sollecitazioni che sono venute da testi diversi presentati, oltre che dalle considerazioni che ha fatto la sottosegretaria in relazione a questo. Hanno già detto alcuni colleghi che il 5G non è un semplice upgrade della tecnologia esistente, è un cambio profondo di paradigma: la velocità, la quantità di dati trasmessi, la ridottissima latenza, il cambiamento dell'infrastruttura aprono la strada a servizi innovativi che noi pensavamo confinati nella fantascienza e, certamente, portano alla rivisitazione di quelli esistenti. Certo, pongono problemi di vario ordine e le mozioni ne affrontano alcuni - quelli tecnologici, quelli del monitoraggio delle emissioni -, anche se credo non sia inutile ricordare che la normativa che riguarda il limite delle emissioni non cambia con il cambiare della tecnologia e, dunque, rimane a salvaguardia. Ma io vorrei porre qui la riflessione su altri ambiti, diversi da quelli tecnologici, che sono inevitabilmente già toccati dalla rivoluzione in atto. Penso, in particolare, al primo, quello che più direttamente ci riguarda, ed è un'esigenza profonda di adeguamento da un punto di vista giuridico, normativo. C'è un cambio di scenario profondo che è già in atto: il 5G, l'Internet delle cose, l'intelligenza artificiale, la blockchain, di fatto, stravolgono il contesto delle relazioni - le relazioni fra persone, le relazioni commerciali, le relazioni con le stesse istituzioni -, stravolgono il modo in cui la persona tutela se stessa, è tutelata e si rapporta agli altri.

Noi abbiamo un impianto giuridico: l'impianto giuridico del nostro ordinamento è, per così dire, riferito ad un tempo analogico; oggi, molte delle questioni che, inevitabilmente, sono toccate dalla tecnologia - che cambia, nella vita quotidiana, in profondità, i rapporti - non vengono disciplinate. Io penso che il primo obiettivo che il Parlamento deve darsi, e non solo il Parlamento nazionale, è tracciare le linee di una sorta di diritto del tempo digitale, che parta nuovamente dalla persona, dai diritti fondamentali e che, in qualche modo, aggiorni e produca diritto che risponda alle mutate esigenze.

Eppure, non c'è solo un ambito che si ferma all'aspetto giuridico: forse, gli interrogativi che le nuove tecnologie pongono arrivano più in profondità. Vorrei quasi dire - lo dico esitando, perché non mi piace mischiare questi aspetti - che, forse, anche il piano etico entra in gioco, se per “etico” intendiamo come ogni ordinamento si pone in relazione ai valori e alla loro tutela. Non parlo semplicemente di un tema, a cui tutti, credo, diamo importanza, che è quello dei dati, che cresceranno in modo esponenziale, fino a dare una fotografia della realtà, delle persone e delle cose più esatta di quanto la stessa razionalità personale non sia in grado di percepire (e, quindi, certo, c'è un tema di correttezza, di uso, di relazione con la disponibilità della persona, di individuazione di chi ha titolo ad usare i dati), ma penso, per esempio, al tema dell'intelligenza artificiale, che è sostanzialmente, come dice il termine, la ricostruzione, in modo artificiale, di un modo di pensare e, dunque, di scegliere di fronte ad alcune situazioni. Che si tratti di automotive o di altro, c'è, in qualche modo, un cervello artificiale che elabora e, in base alle informazioni che ha, dà una indicazione.

Ma, allora, si pone il tema: quali dati vengono immessi per formare esattamente i criteri su cui si decide di intervenire? E in che relazione stanno? Chi decide quali sono le autorità che presiedono a questa funzione delicatissima?

Infine, l'accenno soltanto, la blockchain, la disintermediazione di una serie di relazioni che oggi passano attraverso il rapporto con una professionalità specifica e che passeranno attraverso certificazioni di Rete: come cambia il quadro delle relazioni e delle responsabilità?

Infine, c'è un filo di sviluppo nella tecnologia: il 5G - l'ha ricordato il collega Nobili - è partito con una sperimentazione che l'Italia ha fatto per prima, perché avevamo fatto il piano nazionale, la strategia nazionale per realizzare la fibra: senza quel piano, non sarebbe stato possibile il ragionamento sul 5G. Ma, oggi, il contesto internazionale, di sfida e di competizione, è già oltre questi dati: l'intelligenza artificiale, per alcuni dei Paesi europei e per altri extraeuropei, è una delle priorità, anche in termini di bilancio. E così la blockchain, l'intelligenza artificiale, i big data.

Allora, io credo che serva una nuova strategia che recuperi le cose fatte, ma che indichi i nuovi obiettivi della dimensione nazionale e la relazione con la strategia europea. Per questo - e finisco -, mi permetto di lasciare agli atti tre modesti suggerimenti: il primo riguarda il Governo ed è esattamente quello che potremmo chiamare un nuovo digital act, un aggiornamento della strategia, come l'Italia definisce le proprie priorità e i propri interessi in relazione non più al piano per la fibra, che dobbiamo dare per acquisito, non più al 5G, che dobbiamo considerare il presente, ma alla blockchain e all'intelligenza artificiale, e quale ruolo, nel 5G e nelle nuove tecnologie, giocano pubblico e privato. La domanda non è affatto retorica in questo Paese dell'Europa, considerato che questo è il Paese che ha privatizzato la propria infrastruttura e il proprio incumbent. Quindi, un nuovo atto del Governo che fissi la strategia nazionale. Il secondo: penso che il Parlamento debba darsi uno strumento, non saprei quale, molti altri colleghi qui meglio di me potrebbero dire, ma per cominciare a elaborare le linee di un diritto del tempo digitale che in qualche modo affronti le questioni nuove che noi semplicemente affrontiamo con le norme esistenti, traslate a fatica, o che affidiamo ad algoritmi. Credo che la superiorità della legge debba essere riconfermata da un Parlamento che si dà uno strumento, e, siccome siamo tutti consapevoli che non basta l'ambito nazionale, uno strumento in grado di dialogare almeno con i maggiori Paesi europei. Sarebbe bellissimo arrivare in questa legislatura all'embrione di un diritto digitale europeo. E infine credo che la Presidenza della Camera abbia un ruolo che le viene anche da un'esperienza passata; forse, non sarebbe sbagliato, anzi, credo sarebbe molto utile riprendere il filo della Commissione che volle la Presidente Boldrini, che affrontava esattamente le questioni di relazione fra l'etica, il diritto e i cambiamenti della tecnologia. Credo che il tempo sia maturo perché nuovamente un'iniziativa di questo tipo, che allarga rispetto all'ambito della politica e che coinvolge davvero filosofi, tecnici, pensatori, ingegneri, giuristi, sia in grado di fare una riflessione che vada oltre l'ambito giuridico. Penso che, rispetto alla relazione di maggioranza che affronta in modo adeguato e convincente le questioni, questo tipo di indicazione possa segnare utilmente il lavoro di questa legislatura