Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 27 Febbraio, 2024
Nome: 
Ouidad Bakkali

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Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, quando i padri e le madri costituenti scrissero la nostra Costituzione, diedero all'articolo 21 la funzione di cardine del nostro regime democratico, diedero alla libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero, al divieto di censura o autorizzazione alla stampa, ai media liberi e indipendenti, la funzione non solo di pilastro della democrazia, ma anche di perno per il bilanciamento dei poteri. Si può assumere, come più volte ribadito nella giurisprudenza della Corte costituzionale in numerose sentenze, che la libertà di manifestazione del pensiero è condizione del modo di essere del nostro Paese e cardine di democrazia nell'ordinamento generale. La libertà di manifestazione del pensiero non è conseguenza della democrazia o funzionale ad essa. Questa libertà afferma il nostro Stato democratico. E allora non stupisce che lo scivolamento verso autocrazie, regimi illiberali e democrature, diventi evidente e tangibile quando a venire compressi sono gli spazi del pensiero dei media e della libertà di informazione, proprio ora, in questo momento storico, nel peggior momento per la libertà di stampa in giro per il mondo. Secondo il World Press Freedom Index, che valuta lo stato dei media in 180 Paesi, la situazione è diventata molto grave in 31 Paesi, rispetto ai 21 di solo due anni fa. Proprio ora questa discussione è necessaria, perché chiede a questo Parlamento, oggi, in Italia, di unirsi intorno a princìpi che riaffermano e fondano la nostra Repubblica, a partire dall'articolo 21.

Le sfide che si declinano in queste mozioni, come nella nostra mozione, sono cruciali per il futuro della libertà di stampa nel nostro Paese, che ancora oggi è segnato da urgenti questioni che condizionano pesantemente il lavoro di giornaliste e giornalisti, esposti a intimidazioni, minacce e crescente precarietà. Tutto questo silenzia voci, lede il diritto di tutte noi e tutti noi, cittadine e cittadini italiani, alla corretta informazione, con una lesione diretta all'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Allora, signor Presidente, al centro di questa mozione poniamo queste minacce e cerchiamo anche quelle che possono essere le questioni che vanno finalmente affrontate. Penso a quella sulle querele temerarie, ne hanno parlato molto i colleghi e le colleghe che mi hanno preceduto; su questo l'Europa ci ha fornito due strumenti, che pensiamo segnino un solco che anche noi dobbiamo fare nostro, nel nostro ordinamento e nella nostra cultura. Penso al testo negoziale sulle nuove norme per tutelare giornalisti, media e attivisti dalle querele vessatorie, e quindi le azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica, che sono note con l'acronimo SLAPP, e l'European Media Freedom Act, che tutela il pluralismo e l'indipendenza dei media. A questo contesto europeo va aggiunto quello italiano, che, dal punto di vista delle norme, in questo momento sembra tornare indietro, pesantemente indietro, attraverso iniziative legislative che incidono pesantemente sulla libertà dei giornalisti, così come il clima, che sentiamo, di insofferenza verso il giornalismo di inchiesta o qualsiasi forma di critica per mezzo stampa, che sta portando alla proliferazione di denunce e attacchi diretti e personali anche da parte di chi esercita il potere esecutivo, e poco fa abbiamo sentito un lungo elenco in tal senso, fornito dalla collega Piccolotti.

In Senato procede l'esame dei vari testi depositati, sperando che riprenda la strada che, nella scorsa legislatura, aveva portato alla quasi approvazione della proposta di legge che riformava la disciplina della diffamazione a mezzo stampa, intervenendo sulla legge n. 47 del 1948, sui codici penale, civile e di procedura penale e civile, prevedendo - lo abbiamo detto in tanti - l'estensione dell'applicazione della legge sulla stampa alle testate giornalistiche online registrate presso le cancellerie dei tribunali, la riforma della disciplina del diritto di rettifica, la riforma delle pene previste per la diffamazione a mezzo stampa e l'eliminazione della pena della reclusione, così come ci chiede la Corte costituzionale.

E ancora, la violenza e le intimidazioni che la criminalità organizzata orienta sistematicamente contro i giornalisti e le giornaliste italiane: in questo momento, 250 giornalisti sono sotto vigilanza e 22 sotto scorta, e noi dobbiamo stare affianco a loro, affianco a chi denuncia collusione e corruzione, e proteggerli istituzionalmente, ma anche culturalmente.

Dobbiamo essere all'altezza - questo lo chiediamo nella mozione - delle nuove sfide del futuro. Penso all'intelligenza artificiale: quali conseguenze, quale futuro per l'informazione, quali opportunità positive, mentre è in crescita l'applicazione di questa tecnologia che cambierà il modo di trovare, produrre e distribuire contenuti; come garantire l'integrità dei contenuti e del diritto d'autore. I giornalisti e le giornaliste ci hanno indicato una via nella Carta di Parigi sull'intelligenza artificiale, lanciata lo scorso novembre dal RSF, che indica alcune questioni: la necessità di regole precise e princìpi etici per offrire benefici a tutta l'umanità, condizione essenziale, se vogliamo proteggere il diritto all'informazione; il giudizio umano, quale elemento centrale delle decisioni editoriali; i media come aiuto per la società e per chi usufruisce di questa informazione, affinché impari a distinguere tra contenuti autentici e contenuti sintetici.

E poi il passaggio - per noi importantissimo - sul tema delle politiche di genere e il giornalismo. Ho trovato imbarazzanti le riformulazioni del Sottosegretario - ora è impegnato - sul tema del genere. Sottosegretario? Salve! Ho trovato imbarazzanti le riformulazioni sul tema delle politiche di genere, che cancellano la parolina “genere”, perché per voi il genere - o gender, che, vi diamo una notizia, è semplicemente la traduzione in inglese - è un fantasma (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), che, tra l'altro, vedete solo voi e spaventa solo voi, mentre invece sono reali le minacce, sono reali le disparità e le discriminazioni di genere: lo sono nell'ambito della retribuzione, lo sono nell'ambito della rappresentanza femminile e della crescita delle donne nelle redazioni. Abbiamo audito, l'altra settimana, esaminando il testo unico dei servizi di media audiovisivi, l'associazione Giulia, e questi dati devono essere chiari. Prima di eliminare la parola “genere”, ricordatevi che, su 57 direzioni dei quotidiani nazionali, abbiamo 2 direttrici, il 3 per cento. Il Global media monitoring project ci avvisa che solo il 12 per cento. Quindi, 2 direttrici su 57 quotidiani nazionali, il 12 per cento è il numero a cui arrivano le esperte sui media italiani, quindi delle voci che si ritengono esperte, solo 1 su 10 è una voce femminile. Manca, dunque, la voce delle donne, e anche questa è una violazione del diritto a un'informazione integra e plurale, anche questa è una violenza e una discriminazione di genere. Ricordatevi questa parola.

E poi il precariato nella professione giornalistica, anche questo è un tema importante: 9.000 testate giornalistiche non iscritte al tribunale, 20.000 giovani che lavorano e svolgono informazione senza essere disciplinati e tutelati, 5.000 precari con retribuzioni sotto la soglia della dignità.

Su questo ricordo un libro di Lucio Luca, Quattro centesimi a riga. Morire di giornalismo, che ricorda la storia di Alessandro Bozzo, un giovane calabrese morto di precariato, morto di minacce da parte della 'ndrangheta, che ha deciso di porre fine alla sua vita. Ricordiamo, parlando di precariato, anche quello che è successo, la notte di Capodanno, a 17 giornalisti e giornaliste dell'agenzia stampa Dire che, tramite e-mail, sono stati sospesi e questo dà il senso, la precarietà, appunto, di questo mestiere in questo momento, in questo Paese.