Data: 
Martedì, 10 Giugno, 2014
Nome: 
Emanuele Fiano

La ringrazio, signor Presidente, ricordare qui oggi Giacomo Matteotti, dirigente e parlamentare socialista, assassinato dai sicari di Mussolini novanta anni fa, oltre che un onore è un dovere e per due ordini di motivi: il primo così ben rappresentato da una frase di Matteotti stesso: « Il fascismo non è un'opinione, è un crimine» perché per chi ama la libertà, la coesistenza pacifica, la civiltà democratica esiste un limite invalicabile a cui non si rinuncia. Chi fa della violenza, della rabbia e della sopraffazione la propria cifra, a chi dell'odio verso chi è diverso da sé dà il senso del proprio agire, a chi sfrutta la regola della democrazia allo scopo dichiarato di negarla e di ucciderla non si cede mai anche a costo della propria stessa vita. Quella di Matteotti non è una tragedia relegata nei libri di storia, ma è una testimonianza più che mai attuale.
  Tutta la nostra vita repubblicana è segnata dalla lotta tra chi stava e sta dalla parte di Matteotti e le forze contrarie alla libertà e alla democrazia, dai tentativi golpisti e dalla strategia della tensione al terrorismo assassino degli anni di piombo, alla mafia stragista. E anche oggi, di fronte alle difficoltà e alle sfide, pensare e rifarsi a Matteotti e alla sua battaglia per i diritti e per la libertà, per il lavoro, fornisce a noi gli strumenti per andare avanti. Perché la sua lezione e la sua pratica ci insegnano che tutte le libertà sono legate: da quella di parola, a quella di organizzazione, da quella economica a quella di fede, a quella dell'affermazione della propria diversità. Per questo Mussolini e i suoi sgherri assassini hanno voluto uccidere Giacomo Matteotti: avevano paura di un uomo libero che, con la sola propria presenza, riusciva ad inceppare la sua macchina criminale. Non un eroe, ma un rappresentante delle sue genti e della legalità; uno di noi e, quindi, immenso nella sua semplicità.
  Il secondo motivo, Presidente, esce dalle trascrizioni del suo ultimo discorso, già citato qui alla Camera, nel quale, tra interruzioni, provocazioni, sbeffeggi e insulti, denunciava con dettaglio i brogli elettorali e le violenze su cui si basava la formale vittoria elettorale di Mussolini, chiedendone la cancellazione. Sapeva di firmare la propria condanna a morte, come tragicamente fu poi, ma decise di farlo lo stesso e di farlo qui, nell'Aula del Parlamento, da socialista democratico, che al Parlamento dava il ruolo di posto della democrazia. In un famoso discorso disse: «Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non la ucciderete mai». Ecco, oggi, Giacomo Matteotti e le sue idee, il suo sacrificio – perché di questo si trattò –, sono qui con noi a ricordarci di non smettere mai di onorare tutti coloro che alla libertà, alla democrazia e al diritto non rinunciano né hanno rinunciato e che della responsabilità del farlo in nome del proprio popolo non si dimenticano mai.
  Per tutte queste ragioni, noi rendiamo omaggio oggi al deputato Giacomo Matteotti, ucciso a morte in un caldo pomeriggio di 90 anni fa, mentre da casa si dirigeva a piedi verso quest'Aula, che per lui e per noi rimane sacra.