Data: 
Giovedì, 10 Ottobre, 2019
Nome: 
Pier Carlo Padoan

Doc. LVII, n. 2-bis

Signor Presidente, innanzitutto mi impegno a non introdurre elementi calcistici nelle mie considerazioni. Siamo chiamati a valutare il quadro di riferimento della legge di bilancio, la Nota di aggiornamento al DEF. Sarà una cosa ovvia, ma ricordo che per farlo in modo corretto, utile, bisogna innanzitutto collocarsi in una prospettiva pluriennale, bisogna innanzitutto chiedersi che cosa si eredita dal passato, che costituisce il punto di partenza della costruzione del quadro, e dove si vuole andare. Cosa abbiamo ereditato dal passato? In tema di crescita, zero. Un peggioramento del quadro internazionale lo ha in parte determinato, ma gran parte della responsabilità va a ricadere sui fattori che hanno fatto crollare la fiducia di questa economia nella metà dell'anno scorso, e ci ricordiamo bene cosa sia successo. Inoltre, la politica di bilancio che il Governo precedente ha perseguito ha paradossalmente ridotto i margini di manovra e quindi gli strumenti per fronteggiare una possibile caduta della crescita, che purtroppo c'è stata. Come già ricordava l'onorevole Marattin, anzi, l'Ufficio parlamentare di bilancio stima che per il 2019 ci si potrebbe ritrovare in una restrizione fiscale pro ciclica, cioè il peggiore dei casi di gestione della finanza pubblica. L'importante è sapere perché ci saremmo arrivati.

Secondo me ci siamo arrivati non perché è stato esplicitamente ricercato, ci mancherebbe altro, ma perché è stata subita la stance di bilancio da parte del Governo in atto, è stata semplicemente ricevuta e determinata da fattori fuori controllo. Li ricordo rapidamente: una minore spesa per le misure fondamentali, che indica banalmente che queste misure fondamentali, che avrebbero dovuto aumentare la spesa (reddito di cittadinanza e “quota 100”) erano mal fatte, hanno prodotto risultati quasi opposti a quelli anticipati, anzi in alcuni casi hanno prodotto risultati dannosi (penso a “quota 100”); ma anche misure prese in precedenza: miglioramenti sensibili alla lotta all'evasione grazie ai provvedimenti, per esempio, fatturazione elettronica e dichiarazione precompilata, introdotti nella precedente legislatura; calo della spesa per interessi, su cui tornerò; blocco spesso inspiegabile degli investimenti pubblici; e naturalmente l'aumento dell'IVA. Quindi abbiamo ereditato crescita zero, niente spazi di bilancio. È chiaro che bisogna cambiare prospettiva. Compito di questo quadro di riferimento della legge di bilancio è quindi, innanzitutto, avviare una transizione verso un sentiero di crescita sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale, oltre che di finanza pubblica. A me sembra chiaro, nel dibattito che ho sentito fino ad adesso questo non è stato menzionato. Ma naturalmente, da dove vengono i motori di questa transizione? Da dove vengono le spinte alla crescita? Ce ne sono diverse di componenti, ma non devono essere fatte operare liberamente l'una e l'altra, occorre collocarle in un quadro coerente. Le cito, senza nessun ordine di priorità: naturalmente la prima è il blocco dell'aumento dell'IVA, ma poi la riduzione del cuneo fiscale, l'accelerazione degli investimenti della pubblica amministrazione locale e degli enti locali, un'ulteriore riduzione di spesa per interessi e poi la ripresa di un'agenda strutturale.

Il blocco dell'aumento del valore dell'IVA ha un valore in sé, ovviamente, ma anche un valore sulle aspettative e sulla fiducia, soprattutto quella dei consumatori, che negli ultimi tempi è diminuita, come mostra un aumento della propensione al risparmio, che è un segno di sfiducia sul futuro ancora, di incertezza, che va invece aggredita. Si è molto discusso in questi giorni sulle misure di copertura: non entro nel merito, saranno dettagliate in legge di bilancio e quindi valuteremo le proposte del Governo. Ma non si può evitare di ricordare che, a parità di gettito IVA, una rimodulazione dell'aliquota può migliorare la distribuzione del potere d'acquisto a favore delle fasce di reddito più basse. Questo va visto in congiunzione con la riduzione del cuneo fiscale. Quindi, un insieme di misure che migliora l'impatto sociale della manovra. Occorre accelerare l'attivazione degli investimenti pubblici già finanziati. Non dimentichiamoci - ce lo ripetiamo ogni volta - che gli investimenti pubblici hanno, come si dice, un moltiplicatore molto elevato. Quindi, mobilitare risorse che già ci sono avrebbe benefici molto più efficaci di quanto a volte si tenga in considerazione. E poi occorre puntare a un'ulteriore riduzione dell'onere per interessi. Non ci sono cause ineliminabili che giustificano la distanza che ancora separa l'Italia dagli altri principali Paesi della zona euro come la Spagna e la Francia, lo ricordava l'onorevole Tabacci. Gran parte della differenza è spiegata dall'ancora insufficiente fiducia dei mercati e degli investitori, oltre che da ritardi strutturali. La fiducia, ricordo, si costruisce con pazienza e costanza, si distrugge facilmente e rapidamente. Le vicende dello spread degli ultimi mesi sono molto chiare in proposito. Vorrei ricordare un fatto banale: la Banca centrale europea fissa la politica monetaria e i tassi di riferimento per l'intera zona euro; gli spread dipendono dalla percezione del rischio del Paese in questione, dalla qualità dei suoi fondamentali dalla valutazione della sostenibilità della politica economica, quindi non dipendono soltanto dalla politica monetaria della BCE. È un fatto che lo spread è cresciuto repentinamente nella prima dell'anno, quando, a seguito delle elezioni europee, sembrava più vicina la possibilità di un Governo sovranista, è cresciuto di nuovo in estate, quando la prospettiva di elezioni anticipate sembrava vicino; in ambedue i casi lo spread è disceso quando queste possibilità sono evaporate. C'è poi l'agenda strutturale, veniva ricordata già da alcuni colleghi: è stata cancellata dal Governo precedente, è invece fondamentale per sostenere la produttività e la crescita nel lungo periodo. È indispensabile è una vera strategia di crescita, va ovviamente collegata alla prospettiva di investimenti per un'economia e una società verde. Bisogna tradurre in misure concrete questa visione importante.

Bisogna anche ricordarsi e tener presente che le misure strutturali danno più benefici degli stimoli di breve periodo, ma i benefici richiedono tempo per essere pienamente apprezzati. Lo dimostrano i miglioramenti tangibili delle misure strutturali contro l'evasione fiscale, che adesso cominciano a dare, quasi a pieno regime, risultati importanti. Dovranno entrare, queste misure strutturali, in modo chiaro nell'agenda per la crescita: presuppongono una visione e un orizzonte temporale di medio termine per la politica e il dibattito nella società.

L'elenco delle misure strutturali necessarie a questo Paese è purtroppo lungo, e molti sono gli ostacoli strutturali che ancora bisogna aggredire. Ne ricordo alcuni particolarmente importanti, senza di nuovo alcuna priorità implicita. Misure per l'istruzione: il capitale umano è la ricchezza più grande di un Paese, è quella che produce benefici più significativi in termini di crescita nel medio periodo, è quella che richiede più sforzo istituzionale. Ma anche misure per la famiglia e l'occupazione: l'occupazione femminile, lo si ricordava (se non sbaglio lo ricordava l'onorevole Marattin), è un driver fondamentale per la crescita, e la differenza di crescita si riflette nella differenza dell'occupazione femminile molto palese. Naturalmente nelle misure strutturali va introdotta l'idea di una riforma del sistema fiscale, troppo vecchio ed obsoleto, che va, con i tempi dovuti, ripreso in considerazione.

La crescita sostenibile ovviamente richiede allo stesso tempo la sostenibilità del debito: dev'essere sostenibile dal punto di vista finanziario. Ricordo, anche a costo di risultare noioso, la regoletta aritmetica che se il tasso di interesse è maggiore del tasso di crescita, il surplus primario deve compensare questa differenza, per evitare che il debito cresca in modo insostenibile, quindi evitare che il peso sulle spalle - come ricordava l'onorevole Marattin - aumenti continuamente. Ricordo anche che purtroppo l'Italia è ancora l'unico Paese della zona euro dove il tasso d'interesse sul debito è maggiore del tasso di crescita: tutti gli altri Paesi sono riusciti a perseguire la banale regola di crescere di più e ridurre il costo del debito tramite maggiore fiducia. È un problema importante: di nuovo, le simulazioni che l'Ufficio parlamentare di bilancio ha proposto in audizione mostrano l'elevata sensibilità della dinamica del debito italiano proprio a questa grandezza.

Il surplus primario quindi dev'essere sufficiente a mantenere il debito sul sentiero discendente. Si pone ovviamente un'alternativa, un trade-off fra equilibrio fiscale e sostegno alla crescita. Questo trade-off è sempre presente nell'economia: basta evitare di far finta che non ci sia. È un equilibrio difficile, ma è possibile ed anche necessario.

Mi rendo conto che parlare di debito, così come parlare di riforme strutturali, non è popolare, e in effetti nel dibattito sulla stampa compare assai poco; ma è un dibattito che sta nei fatti, e che quindi bisogna avere il coraggio politico di affrontare, anche perché le soluzioni ci sono, e non dimenticare che la dinamica del debito rappresenta una misura della fragilità del Paese. I tassi d'interesse non saranno bassi per sempre: quando cominceranno a salire, la vulnerabilità del Paese potrebbe essere messa in grave evidenza.

Ma il trade-off tra equilibrio fiscale e crescita è reso meno stringente dalla flessibilità che ci concede l'Europa all'interno delle regole esistenti. Ricordo che queste regole possono essere generose; devono però verificarsi a fronte di condizioni di credibilità del Paese, credibilità che il Paese aveva perso e che finalmente sta riconquistando in un modo prezioso. La credibilità è aumentata col nuovo Governo: abbiamo evitato il grave pericolo di un isolamento in Europa, che avrebbe avuto danni immediati in termini di costo maggiore e di sostenibilità.

Ciò permette - questo è l'ultimo punto che vorrei ricordare - al Paese non solo di ottenere benefici, ma di partecipare attivamente alla riforma in atto, al dialogo in atto di riforma delle istituzioni europee. Ricordo alcuni punti importanti per l'Europa e l'Italia. L'Unione europea ha bisogno di strumenti che facilitino la convergenza fra zone avanzate e zone in ritardo, regioni e Paesi; ha bisogno di misure che sostengano la competitività; ha bisogno di misure di stabilizzazione ciclica, tra cui l'assicurazione contro la disoccupazione, proposta italiana da qualche anno, sta finalmente assumendo importanza.

Più in generale, per l'Unione europea occorre un progresso verso una vera capacità fiscale e strutturale, per sostenere in parte la politica monetaria giunta al limite possibile della sua attività anche in termini di misure eccezionali.

In conclusione, signor Presidente, la Nadef è una componente essenziale del processo di bilancio, fornisce un quadro generale e che quindi dev'essere coerente, deve permettere di rispettare i vincoli, avere respiro pluriennale. Ricordo un fatto banale: se ci fosse incoerenza, incompatibilità, il non rispetto dei vincoli, non si avrebbe semplicemente la violazione di una regola, ma si avrebbe un costo aggiuntivo. Talmente alto questo costo potrebbe essere, come è avvenuto in passato, che una manovra apparentemente espansiva si tradurrebbe in una manovra restrittiva, nel suo contrario. È accaduto con il Governo precedente, non accadrà in questo caso.