Relatore
Data: 
Lunedì, 6 Ottobre, 2014
Nome: 
Khalid Chaouki

A.C. 2127-A

 

Signor Presidente, colleghi deputati, la Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, sottoscritta nel 1992 dagli Stati membri del Consiglio d'Europa, è stata sottoscritta da 46 Paesi, dei quali 42 hanno proceduto alla ratifica. Il nostro Paese – insieme ad Austria, San Marino e Lussemburgo – non ha ancora ratificato, dopo 22 anni, la Convenzione malgrado essa abbia condotto ad importanti progressi nella tutela del patrimonio archeologico in molti Paesi europei. La nuova Convenzione nasceva sia dal convincimento che fossero stati raggiunti in gran parte gli obiettivi delle disposizioni della precedente Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, fatta a Londra il 6 maggio 1969 e ratificata dall'Italia con la legge n. 202 del 1973, sia dalla necessità di completare tali disposizioni, adattandole alle nuove realtà storiche e sociali. 
La Convenzione ha come obiettivo primario la conservazione e la valorizzazione del patrimonio archeologico nelle politiche urbane e di pianificazione; riguarda principalmente le modalità di collaborazione tra archeologi, urbanisti e pianificatori; formula degli orientamenti sul finanziamento dei lavori di scavo, di ricerca e di pubblicazione di risultati ottenuti; inoltre, il testo si occupa anche di accesso del pubblico in particolare ai siti archeologici, delle attività educative da sviluppare affinché la pubblica opinione conosca e apprezzi il valore del patrimonio archeologico. 
Non ultimo, la Convenzione delinea un quadro istituzionale per una cooperazione paneuropea in materia di patrimonio archeologico, il che implica uno scambio sistematico di esperienze e di esperti tra i diversi Paesi che potrà essere condiviso con Paesi caratterizzati da grandi patrimoni archeologici, come quelli della sponda meridionale del Mediterraneo. 
Rinvio ai lavori svolti durante l'esame in Commissione del disegno di legge di ratifica, però ci preme in questa sede richiamare soltanto alcuni articoli che fissano importanti criteri di guida del diritto internazionale in materia di protezione dei beni archeologici. 
In particolare, l'articolo 5 reca indirizzi sulla conservazione integrata del patrimonio archeologico. Ogni parte è impegnata a conciliare e articolare i bisogni dell'archeologia con quelli dello sviluppo del territorio mediante una partecipazione degli archeologi alle politiche di pianificazione e allo svolgimento dei programmi di sviluppo del territorio nelle loro diverse fasi. Ciò al fine di garantire, tramite una consultazione sistematica con urbanisti e responsabili degli assetti del territorio, la modifica dei progetti che rischiano di alterare il patrimonio archeologico e la concessione di tempo e mezzi per realizzare uno studio scientifico adeguato alle aree interessate. 
Lo stesso articolo 5 impegna significativamente le parti a far sì che gli studi d'impatto ambientale e le decisioni che ne risultano tengano conto dei siti archeologici e del loro contesto; a prevedere, per quando possibile, la conservazione in situdegli elementi del patrimonio archeologico trovati in occasione di lavori di pianificazione; a fare in modo che l'apertura al pubblico dei siti archeologici non incida sul carattere archeologico e scientifico di tali siti. 
L'articolo 6 impegna le parti a finanziare la ricerca archeologica attraverso le varie autorità pubbliche nazionali e territoriali ad accrescere i mezzi destinati all'archeologia preventiva. Ci preme richiamare che questo profilo è ora all'attenzione della Camera, poiché l'articolo 25, comma 4, del decreto-legge «sblocca Italia» prevede l'emanazione di linee guida ministeriali sulle procedure di verifica preventiva nell'interesse archeologico. Assai opportunamente la Commissione cultura, nel parere sul disegno di legge di conversione del decreto-legge reso il 2 ottobre scorso ha chiesto che tali linee guida siano coerenti con i contenuti della Convenzione europea di protezione del patrimonio archeologico. 
L'articolo 8 prevede che gli Stati si impegnino a livello nazionale e internazionale a facilitare lo scambio di materiale archeologico a fini scientifici, nel rispetto delle rispettive normative nazionali; a promuovere lo scambio di informazioni sulla ricerca archeologica e l'organizzazione di programmi di ricerca internazionali. L'articolo 9 impegna gli Stati a sensibilizzare l'opinione pubblica attraverso un'azione educativa per la conoscenza del patrimonio archeologico e del suo valore, nonché a promuovere l'accesso del pubblico al patrimonio archeologico. 
L'articolo 10 stabilisce che le parti organizzino lo scambio di informazioni tra poteri pubblici e istituzioni scientifiche sugli scavi illeciti; informino le autorità competenti dello Stato d'origine di ogni tentativo di offerta di materiali sospettati di provenire da scavi illeciti o sottratti a scavi ufficiali; adottino le misure necessarie ad impedire che musei o istituzioni analoghe controllate dallo Stato possano acquistare materiali archeologici illegali e che i musei non controllati dallo Stato siano informati di quanto previsto dalla Convezione. Infine, a limitare il movimento del patrimonio archeologico illegale. 
Questo disegno di legge, oltre a recare le consuete disposizioni circa l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione, quantifica anche gli oneri derivanti dall'applicazione della Convenzione. A tale proposito segnalo che l'articolo 3, comma 2, è stato parzialmente emendato per recepire una condizione posta dalla Commissione bilancio, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. 
Ovviamente auspichiamo una rapida conclusione del procedimento di approvazione di questo disegno di legge, che consentirà al nostro Paese di aderire ad un testo convenzionale – dopo 22 anni – che consolida il nostro ordinamento nazionale di settore.