Discussione generale
Data: 
Martedì, 12 Dicembre, 2017
Nome: 
Giovanna Palma

Doc. XXII-bis, n. 17

Presidente, onorevoli colleghi, questa Commissione di inchiesta nasce dall'esigenza di procedere all'accertamento della verità e alla individuazione degli eventuali responsabili della morte di Emanuele Scieri, in quanto le inchieste giudiziarie iniziate nel 1999 si conclusero tutte con decreti di archiviazione, lasciando una ferita che è ancora aperta non solo nella famiglia, negli amici e nell'intera comunità di Siracusa, ma nel nostro Paese e nelle forze dell'ordine tutte. La domanda di giustizia sul caso Scieri non si è mai sopita. I consigli comunali di Siracusa, Pachino, Pisa, Ferla, Noto, Sortino, Palazzolo Acreide, Floridia, Buccheri, San Gregorio, Castelverde e Catania hanno chiesto nel 2016 l'istituzione di una Commissione d'inchiesta. Il Comitato “Verità e giustizia per Lele Scieri”, costituito dagli amici più cari di Emanuele, e diversi cittadini hanno seguito con impegno le attività della Commissione parlamentare. La Commissione è riuscita, attraverso un lungo, certosino lavoro, ad individuare i diversi elementi di responsabilità sulla morte di Scieri e le ha consegnate all'attuale procura di Pisa. Anche con la presenza in Commissione della stessa Ministra della difesa, senatrice Pinotti, lo Stato italiano ha finalmente iniziato a dare un senso alla richiesta di giustizia, deliberando l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte del militare Scieri. La Commissione, intrecciando gli elementi acquisiti nel Novantanove dalla magistratura con nuovi elementi di indagine acquisiti attraverso le audizioni, i consulenti, la polizia di Stato, la polizia postale, la polizia scientifica, la Guardia di finanza, l'acquisizione di ruolini della caserma Gamerra, dei fogli matricolari di paracadutisti, ha fornito nuovi elementi sul clima generale che regnava all'epoca in quel presidio dello Stato che è la Caserma Gamerra di Pisa. La Commissione ha evidenziato la natura delle pratiche, il tipo di relazioni che venivano a stabilirsi tra anziani e reclute, il ruolo dei caporali, e l'atteggiamento e la mentalità di militari, le risposte date dei comandanti a livello di corpo e a livello di brigata. La Commissione ha accertato che alla caserma Gamerra avvenivano gravi atti di violenza non riconducibili a semplice goliardia, che i controlli in caserma erano blandi anche dopo il controappello, tanto che diversi paracadutisti si permettevano riuscire scavalcando il muro di cinta, e che la zona dove è stato ritrovato il corpo del povero Emanuele Scieri era sì isolata, ma presidiata da alcuni anziani che la utilizzavano come spazio di rifugio e di svago, uno spazio esente da regole e da controlli.

Nel lavoro della Commissione fin dall'inizio è apparso centrale l'approfondimento del tema del cosiddetto nonnismo, per contestualizzare il clima in cui è avvenuta la morte di Emanuele Scieri. Posso affermare che l'inchiesta svolta dalla Commissione ha fatto una nuova luce non solo sul clima generale che regnava nella caserma all'epoca dei fatti, ma anche molto più in dettaglio sulla natura delle pratiche stesse.

Il lavoro della Commissione è stato amplissimo, il grande numero degli auditi, all'incirca 76, le acquisizioni di circa 6.000 pagine di atti, hanno consentito un incrocio di dati e di versioni che ha permesso oggi di evidenziare elementi di responsabilità, ma anche episodi di reticenza. A vantaggio del lavoro della Commissione è stato il tempo che, se da un lato, in qualche caso, può avere appannato le memorie, dall'altro ha però condotto molti degli auditi ad un racconto più onesto, più spontaneo della vita militare, non inficiato da paure e preoccupazioni che nell'immediato determinarono in molti militari un atteggiamento di chiusura. È certo, infatti, che nel Novantanove la forte campagna mediatica e l'avvio incrociato delle indagini amministrative interne alla caserma e di quelle della Procura produssero un diffuso atteggiamento di cautela nei militari. L'essere auditi ad una certa distanza temporale, signori colleghi deputati, dai fatti, e superate le paure per le conseguenze disciplinari che magari non correlate con la morte di Emanuele Scieri potevano emergere, ha fatto sì che alcuni soggetti si sono aperti deponendo in Commissione su questioni fondamentali per ricostruire la vita della caserma Gamerra all'epoca dei fatti. L'apertura di questi soggetti, la convergenza di molte testimonianze su questioni importanti di discipline interna che nell'immediato dell'omicidio Scieri furono categoricamente negate e ostinatamente minimizzate, ha messo in forte evidenza il permanere di sacche di fortissima reticenza o addirittura di vera e proprio omertà nelle versioni di alcuni degli auditi su questioni definitivamente accertate che lasciarono immaginare anche ben altre e più significative omissioni.

Le differenze nel descrivere l'atmosfera all'interno della caserma, nel valutare la gravità dei comportamenti deviati all'interno del corpo, non riguardano solo i militari di leva, anche tre i capi militari la Commissione ha potuto verificare grandi diffidenze nella percezione e nella concezione del fenomeno del nonnismo. All'epoca dei fatti i militari intervistati furono concordi nel condannare ogni forma di prevaricazione e nell'attribuirsi meriti nell'aver contrastato il fenomeno del nonnismo e perseguito i responsabili ogni qual volta fosse emerso un episodio. Tuttavia, i verbali delle audizioni mostrano con chiarezza un quadro molto più variegato, che va dalla sincera convinzione che il nonnismo fosse una pratica diffusa e del tutto sbagliata, da sanzionare con estremo rigore, ad atteggiamenti del tutto opposti, per esempio con la negazione tanto categorica quanto inverosimile della visibilità o della esistenza stessa del fenomeno o addirittura la sua stessa positività.

A dispetto delle dichiarazioni rese all'epoca ai giornali, infatti, alcuni audizioni mettono in evidenza in maniera lapalissiana, e senza ombra di dubbio, che anche tra i vertici della brigata c'era chi ben conoscendo le diverse pratiche di prevaricazioni in uso le considerava un fatto non solo connaturato al mondo naturale, ma addirittura una prerogativa della Folgore, particolarmente formativa di quell'irrobustimento del corpo e soprattutto del carattere che doveva contraddistinguere gli allievi paracadutisti da tutti quanti gli altri militari. Il quadro delle dinamiche all'interno della caserma all'epoca della morte di Emanuele Scieri, così come ricostruito dall'inchiesta della Commissione, ha messo in evidenza due aspetti diversi e complementari del problema della disciplina: da un lato un'altissima sorprendente tolleranza di comportamenti nettamente in contrasto con i regolamenti militari vigenti, il carattere diffuso e noto di comportamenti trasgressivi, e dall'altro l'esistenza di una sorta di disciplina parallela legata non ai regolamenti formali, ma ai concetti di consuetudini e tradizioni, come dire una sorta di regolamento non scritto che normando la relazione gerarchica fra i militari trasmetteva in modo informale codici di comportamento reciproco e libertà d'azione degli allievi. Su questo punto la Commissione ha accertato che non solo Emanuele Scieri ebbe modo di constatare personalmente sin dal suo viaggio in pullman da Firenze a Pisa l'atteggiamento intimidatorio violento di caporali, ma anche che nella stessa caserma Gamerra erano in uso pratiche che andavano ben oltre: dalle “pompate”, le cosiddette pressioni che i giovani allievi dovevano compiere praticamente ad ogni passo e che potevano corredarsi anche di pugni e calci sui dorsali e sui fianchi; ma anche di frequenti incursioni notturne nelle camerate; pratiche più umilianti come il jukebox che consisteva nel chiudere il malcapitato in un armadio, introdurre monetine obbligandolo a cantare. E ancora pratiche più dolorose come la saponetta, che consisteva nel percuotere il soggetto con una saponetta appunto infilata in un calzino, o ancora pratiche più raccapriccianti e disgustose come quella della cosiddetta comunione che consisteva nel fare odorare o addirittura assumere un composto maleodorante a base di escrementi. La maggior parte di militari subiva questa pratiche in silenzio, ritenendolo un aspetto inevitabile del rapporto fra anziani e nuovi arrivati. Il codice informale prevedeva un momento di riscatto finale in cui all'anziano, al momento del congedo, veniva restituito senza limiti quanto aveva fatto subire ad altri. Vi erano casi in cui questo momento di risarcimento era particolarmente duro.

Un aspetto molto importante riguarda poi l'esistenza di regolamento informale negli spazi interni alla caserma. C'era un luogo, un'area del casermaggio, che era diventato un vero e proprio spazio di gioco e di svago. Dentro il casermaggio alcuni anziani disponevano addirittura di televisioni, di console per i videogiochi. Ma al di là dell'aspetto dell'ordinarietà e di mancati rientri dalle licenze che emerse subito, e fu in qualche modo usato per giustificare il non avvio delle ricerche immediate di Emanuele Scieri assente al controappello serale, altri fatti di grande rilievo sono stati accertati dalla Commissione: la permeabilità in primis delle mura della caserma Gamerra sia in entrata, che in uscita, l'abitudine di militari e riuscire dalla caserma dopo il controappello, ma anche l'abitudine a rientrare in caserma durante le licenze con il risultato di una presenza all'interno della stessa di militari formalmente assenti, oppure la facilità di introdurre dentro la caserma droga e l'abitudine di alcuni di essi di approvvigionarsi di sostanze stupefacenti da soggetti locali esterni al mondo militare. Tutti questi, e altri ancora elementi che rimangono tutt'oggi secretati, sono stati forniti dalla Commissione alla Procura della Repubblica di Pisa, con formale richiesta motivata di riapertura delle indagini. La nostra richiesta è stata accolta e siamo altamente fiduciosi che la magistratura stia svolgendo le indagini dovute.

Ed infine, consentitemi di dire che questo nostro piccolo, ma grande successo, non soltanto è merito della Commissione, del Parlamento tutto, ma soprattutto del presidente, dell'onorevole Sofia Amoddio, la quale con impegno e con abnegazione vi ha creduto dal primo momento, affinché fosse fatta giustizia su quello che ancora oggi consideriamo un figlio dello Stato, su Emanuele Scieri.