Data: 
Lunedì, 15 Giugno, 2015
Nome: 
Lia Quartapelle

 Doc. XVI-bis, n. 3

Grazie Presidente, nella giornata di oggi Amnesty International ha definito la crisi dei rifugiati la più grande crisi umanitaria del dopoguerra. Se i rifugiati in tutti i Paesi del mondo fossero una nazione, sarebbero il ventiseiesimo Paese più popoloso al mondo. Sono le donne, gli uomini e i bambini che abbiamo visto arrivare in questi giorni, in questi mesi, ormai in questi anni, sulle coste, nelle nostre città e nelle nostre stazioni. 
  A fronte di questa situazione si possono fare due cose. Si può chiudere gli occhi e procedere con delle soluzioni populiste, oppure si può provare a mettere insieme delle risorse e la disponibilità per onorare quanto previsto dalla convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. In questo, in quest'azione di coesione, l'Europa deve sicuramente provare a dare una risposta chiara e unitaria e deve trovare soluzioni concrete e attuali, con politiche condivise e solidali con i Paesi di frontiera, proprio quelle nazioni che come l'Italia, la Grecia e la Spagna sono geograficamente più esposte e, quindi, più impegnate al primo soccorso e all'accoglienza dei profughi, che arrivano appunto sulle nostre coste, ma vogliano entrare in Europa. 
  In realtà fino ad oggi la risposta europea, invece, è stata regolata dal cosiddetto regolamento di Dublino, emanato nel 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata da un cittadino proveniente da un Paese terzo non europeo. Dublino definisce quale Stato membro dell'Unione europea debba esaminare una domanda di asilo e riconoscimento dello status di rifugiato, secondo il principio del cosiddetto primo approdo. In questi anni il regolamento di Dublino si è dimostrato essere ingiusto, sbilanciato e penalizzante per i Paesi di frontiera ed è un regolamento che noi del Partito Democratico, così come tante altre forze politiche presenti in questo Parlamento, abbiamo proposto più volte di modificare. 
  Già è stato fatto un primo importante passo avanti nella definizione delle politiche comunitarie dell'asilo con l'agenda sulle migrazioni del 13 maggio, per l'elaborazione della quale il nostro Paese ha dato un grosso contributo. Sappiamo bene, però, che questo regolamento non potrà essere modificato in tempi brevi e per questo oggi discutiamo di una risoluzione che impegna il Governo a chiedere l'attuazione, per quanto di sua competenza in sede europea e nazionale, a quanto previsto dall'articolo 17 del regolamento dell'Unione europea. Questo articolo consente di derogare in casi straordinari ai criteri generali di determinazione dello Stato competente per l'esame della domanda di asilo, appunto in base al principio del primo approdo, facilitando i ricongiungimenti familiari dei rifugiati o degli immigrati che arrivano in Italia, spesso diretti verso un altro Stato del nord Europa. 
  In particolare con questa risoluzione impegniamo il nostro Governo a farsi portavoce di questa istanza durante l'importante riunione del prossimo Consiglio europeo del 25-26 giugno. Quello che abbiamo visto in questi giorni, lo spettacolo indegno di migliaia di profughi in transito, sopravvissuti a spaventosi viaggi della speranza e approdati finalmente sul suolo europeo, costretti a rimanere sul territorio italiano a causa della chiusura delle frontiere dell'area Schengen, è un segnale forte del fatto che il regolamento di Dublino, così come è oggi, continua ad essere fortemente ingiusto e penalizzante, per i profughi in primis e per i cittadini dei Paesi di frontiera in secundis, perché sulle nostre spalle pesa la gestione di un numero enorme di persone. Le nostre spalle in questi giorni hanno mostrato di essere solide e operative. L'emergenza milanese, così come quella romana e così come quella di tante regioni, soprattutto del sud, va avanti grazie alla straordinaria generosità e operatività dei cittadini e delle associazioni coinvolte. 
  Ed effettivamente siamo riusciti nel modo migliore possibile a gestire un'emergenza che, però, sarà strutturale e resterà con noi. Ma abbiamo detto, appunto, che la gestione emergenziale deve trasformarsi in una gestione strutturale del fenomeno. Per questo, dobbiamo, non solo dialogare con gli altri Paesi europei – e in questo certamente aver scelto di avere l'Alto rappresentante della politica estera e di difesa europea è un punto a favore del nostro Paese –, ma è necessario anche alzare la voce per spiegare le nostre evidenti difficoltà e domandare solidarietà e corresponsabilità dagli altri Paesi membri dell'Unione. 
  Per questo è importante che la risoluzione di cui discutiamo oggi trovi il più ampio consenso possibile tra le forze politiche. Il Governo ha bisogno di un mandato chiaro e ampio in Europa. In Europa, infatti, non negozieranno i partiti, ma negozierà l'Italia e abbiamo bisogno che questo Parlamento si esprima a sostenere l'azione del nostro Paese in sede europea.