Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 17 Giugno, 2015
Nome: 
Giorgio Bradolin

 Relazione, ai sensi dell'articolo 37 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sulle azioni adottate per la gestione dei flussi migratori e sull'impiego di lavoratori immigrati in Italia, nel periodo ottobre 2013-aprile 2015, approvata dal Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.

 Doc. XVI-bis, n. 3

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, annunciando il voto favorevole del PD alla risoluzione in esame, che è il risultato di un lavoro – penso – importante e serio che il Comitato Schengen ha svolto – ricordo che questo, per la prima volta, ha portato all'attenzione di quest'Aula una sua relazione –, vorrei porre alla vostra attenzione alcuni punti. 
  Il primo è che la migrazione dei popoli, ovviamente, non è un fenomeno transitorio – lo diciamo da tanto tempo ormai –, ma è qualcosa di strutturale. Da sempre, sappiamo, gli uomini si sono spostati dalle proprie terre di origine in cerca di condizioni economiche migliori o per sfuggire da guerre e persecuzioni. Ricordo che negli anni Novanta l'emergenza italiana si chiamava Albania, e io l'ho conosciuta nel mio territorio. Nel 2011 si chiamava primavere arabe. Oggi si chiama Libia, Eritrea, Somalia e Siria. 
  Tuttavia, a causa di una forte instabilità libica e dell'acuirsi dei conflitti – penso, ad esempio, soltanto all'azione vergognosa di Boko Haram nel centro Africa –, situazioni che ovviamente aumentano l'instabilità geopolitica dell'intero continente africano, costringendo molto alla partenza, negli ultimi quattro anni i principali Paesi di origine degli arrivi via mare in Italia sono sempre stati i Paesi colpiti da gravi crisi umanitarie. 
  Dal 2012 e ancora oggi nel 2015 Siria, Somalia, Eritrea e Mali sono risultate tra le principali nazionalità degli arrivi via mare, spesso contando da sole ben oltre il 50 per cento del totale. A testimoniare l'aggravarsi della situazione è il fatto che sono sempre più nuclei familiari a partire rispetto al passato quando ad imbarcarsi erano soprattutto e solo giovani. Dopo il naufragio del 19 aprile scorso, ricordo l'ennesimo, quando persero la vita circa 900 migranti, l'Europa ha sentito finalmente l'esigenza di rispondere ad un'emergenza non più ignorabile con una serie di misure di indirizzo rivolte a tutti gli Stati europei. Il 23 aprile si è riunito il Consiglio europeo straordinario e qualche giorno più tardi il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in cui si anticipano le decisioni dell'Agenda adottata dalla Commissione europea. Il 13 maggio la Commissione ha adottato l'Agenda europea sulla migrazione; Agenda che è una risposta europea che combina la politica interna ed estera, sfrutta al meglio l'Agenzia e gli strumenti esistenti europei e coinvolge tutti: gli Stati membri, le istituzioni, le organizzazioni internazionali, la società civile, le autorità locali e i Paesi terzi. 
  La Commissione ha previsto un piano di intervento di breve e di lungo periodo. Nel breve periodo: prima di tutto, triplicare la capacità e i mezzi delle operazioni congiunte di Frontex, Triton e Poseidon nel 2015 nel 2016. È stato adottato oggi un bilancio, ratificato per il 2015, che assicura i fondi necessari per un totale di 89 milioni di euro comprensivi di 57 milioni di euro per il Fondo asilo, migrazione e integrazione e 5 milioni di euro per il Fondo per la sicurezza interna in finanziamenti di emergenza destinati agli Stati, come l'Italia, in prima linea, mentre a breve sarà presentato il nuovo piano operativo di Triton; secondo, proporre per la prima volta l'attivazione del sistema di emergenza previsto dall'articolo 78 del testo unico per aiutare gli Stati membri interessati da un afflusso improvviso di migranti. A breve, la Commissione proporrà un meccanismo temporaneo di distribuzione delle persone con evidente bisogno di protezione internazionale. Entro la fine del 2015 seguirà una proposta di sistema permanente UE di ricollocazione in situazione emergenziale di afflusso massiccio; terzo, proporre, entro fine giugno, un programma di reinsediamento UE per offrire ai rifugiati con evidente bisogno di protezione internazionale in Europa 20 mila posti distribuiti su tutti gli Stati membri grazie a un finanziamento supplementare di 50 milioni di euro per il 2015 e il 2016; quarto, preparare un'eventuale operazione di politica di sicurezza e di difesa comune nel Mediterraneo, volta a smantellare le reti dei trafficanti e contrastare il traffico di migranti e nel rispetto del diritto internazionale. 
  Nel lungo periodo – perché questa è la nostra missione: guardare il futuro – l'Agenda europea sulla migrazione sviluppa gli orientamenti politici della Presidenza Juncker. Si tratta di una serie di iniziative coerenti e coese basate su quattro pilastri per gestire al meglio il fenomeno delle migrazioni in ogni suo aspetto. Primo, ridurre gli incentivi all'immigrazione irregolare, in particolare distaccando funzionari di collegamento europei per la migrazione presso le delegazioni della stessa Europa nei Paesi terzi strategici, modificando la base giuridica di Frontex per potenziarne il ruolo in materia di rimpatrio, varando un nuovo piano di azione con misure volte a trasformare il traffico di migranti in un'attività ad alto rischio e a basso rendimento e affrontando le cause profonde nell'ambito della cooperazione allo sviluppo e all'assistenza umanitaria. Secondo, gestire le frontiere, salvare vite umane e rendere sicure le frontiere esterne soprattutto rafforzando il ruolo e la capacità di Frontex, contribuendo al consolidamento delle capacità dei Paesi terzi di gestire le loro frontiere, aiutandoli e intensificando, se e quando è necessario, la messa in comune di alcune funzioni di guardia costiera a livello europeo o di controllo dei confini. Terzo, onorare il dovere morale di proteggere una politica comune europea di asilo forte. La priorità è garantire l'attuazione piena e coerente del sistema europeo comune di asilo promuovendo su base sistematica l'identificazione e il rilevamento delle impronte digitali con tanto di sforzi per ridurre gli abusi e rafforzando le disposizioni sul Paese di origine sicuro in base alla direttiva procedure, valutando ed eventualmente riesaminando il regolamento di Dublino III. Quarto, una nuova politica di immigrazione legale. L'obiettivo è che l'Europa, nel suo declino demografico, come i dati ISTAT di questi giorni dimostrano con l'invecchiamento progressivo della nostra comunità, resti una destinazione allettante anche per i migranti, di cui abbiamo bisogno. Sono più di 5 milioni i lavoratori regolari nel nostro Paese e rappresentano una parte importante del PIL del nostro Paese. Bisognerà quindi rimodernare e strutturare il sistema carta blu, ridefinire le priorità delle nostre politiche d'integrazione, aumentare al massimo i vantaggi della politica migratoria per le persone nel Paese di origine, anche rendendo meno costosi, rapidi e sicuri i trasferimenti. In Italia, al contrario di quello che è stato appena affermato, è già in corso un dialogo con il Paese di transito per aprire gli uffici per le richieste di asilo da parte dei transitanti. Lunedì scorso il Ministro degli esteri Paolo Gentiloni ha firmato l'accordo con la Macedonia per favorire il rimpatrio dei migranti irregolari dopo averlo fatto con altri Paesi dell'Africa. Questa doppia azione dimostra che il nostro Governo sta affrontando il tema su più fronti. Di fronte, invece, alle titubanze dell'Europa e alle frontiere chiuse per chi vuole andare via dall'Italia, il nostro Governo sta giocando una partita importante che, secondo noi, meriterebbe di essere condivisa da tutte le forze politiche – alcune di queste le abbiamo sentite questa mattina – tra le quali una oggi, invece, vorrebbe affossare il Governo e preferirebbe costringere l'Italia all'isolamento. Mi riferisco alla Lega che da mesi combatte una crociata mediatica contro l'immigrato utilizzando parole come ruspe, fucili e poi però quando c’è da votare a Strasburgo – lo ricordo a tutti – un pacchetto di soluzioni europee si sfila e non vota (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)
  L'emergenza immigrazione favorisce sì la propaganda e così forse gli immigrati finiscono per far comodo anche alla Lega o ad altre forze politiche. Zaia e Maroni, che abbiamo ascoltato proprio in questi giorni, si oppongono all'accoglienza di nuovi immigrati nelle loro regioni. Dovrebbero ricordarsi di aver votato il piano nazionale dell'accoglienza lo scorso anno e confermato appena un anno fa. Ricordo, inoltre, che il Ministro Maroni nel 2008 ha sottoscritto lui le regole di Dublino che oggi critica e nel 2011, di fronte all'esodo tunisino della primavera araba, aveva fatto appello a tutte le regioni di accogliere. Oggi non vuole accogliere. La protesta messa in atto dalla Lega e anche dal neogovernatore Toti finisce per trasformarsi in una lotta intestina al tessuto regionale dove alcuni cittadini sono chiamati a sopperire all'incapacità di altri. Mi auguro che nell'incontro di questa sera di tutti i presidenti delle regioni con il Ministro Alfano ci sia una presa di posizione condivisa attiva e risolutiva. 
  La risoluzione in discussione che noi voteremo convintamente, come avete sentito, chiede di attivare l'articolo 17, la cosiddetta clausola di salvaguardia rispetto alla sovranità e umanitaria che afferma che ciascuno Stato membro può decidere di esaminare la domanda anche se tale esame era di un altro Stato. Si tratta una decisione completamente lasciata alla discrezione degli Stati. Si tratta di una soluzione di impiego immediato che potrebbe alleggerire la nostra situazione di Paese di sbarco. Possono essere subito messe in campo azioni che superano di fatto le maglie strette del regolamento. Credo tuttavia – concludo – che vogliamo rigettare con forza le provocazioni di chi in queste ultime ore ha pensato di poter chiudere le frontiere sull'esempio della Francia. Sarebbe la negazione stessa del concetto di Europa unita, il tradimento dei nostri valori costituzionali e di quelli che nel 1957 hanno portato sei Stati alla firma e lo dice uno che ha vissuto sulla sua pelle un confine innaturale tra la città di Gorizia e di Nuova Gorizia...obbiamo invece continuare la nostra azione nelle sedi europee e l'atto che ci accingiamo a votare getta proprio le basi del lavoro del prossimo Consiglio europeo. Dobbiamo convincere l'Europa della necessità di queste quote.Ma per vincere la sfida europea... .. abbiamo bisogno di presentarci uniti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).