Relatore
Data: 
Giovedì, 7 Agosto, 2014
Nome: 
Antonio Misiani

A.C. 2541 e 2542-A

Rinviando alla documentazione depositata per i dettagli. Signor Presidente, nel 2013 si è consolidata, nella zona dell'euro, la tendenza alla riduzione dei deficit pubblici in atto dal 2010. 
In questo quadro, l'Italia ha ridotto in misura significativa il suo disavanzo, che è sceso dal 4,5 per cento del 2010 al 3 per cento nel 2012, dato confermato nel 2013. E nel 2013 l'Italia ha ottenuto il migliore avanzo primario della zona euro insieme alla Germania, uscendo a fine maggio 2013 dalla procedura per disavanzo eccessivo. Credo che siano elementi significativi, quando si analizzano i conti pubblici, e ci aiutano ad evitare inutili drammatizzazioni. Questo quadro, indubbiamente positivo per quanto riguarda i flussi di finanza pubblica, come ci ricorda anche la Corte dei conti, cambia naturalmente se si passa a valutare il peso del debito pubblico sul prodotto interno lordo, che è cresciuto in misura significativa in tutta la zona euro e in Italia è passato dal 103 per cento del 2007 fino a superare il 130 per cento nel 2013, anno nel quale l'Italia aveva il poco invidiabile primato del quarto debito pubblico al mondo in valore assoluto. Ed è proprio questo fardello il più importante fattore di vulnerabilità dei nostri conti pubblici, un problema ancor più delicato alla luce delle regole del fiscal compact, che, ricordo, obbligano tutti i Paesi, compreso il nostro, con un debito pubblico superiore al 60 per cento del PIL a rientrare entro tale soglia nel giro di 20 anni. 
In questo quadro – e vengo al disegno di legge sul Rendiconto 2013 – la gestione di competenza evidenzia un peggioramento dei saldi rispetto all'anno precedente. Vale per il saldo netto da finanziare così come per il risparmio pubblico, mentre il ricorso al mercato risulta lievemente migliore rispetto al dato dell'anno precedente. 
Questi saldi sono frutto di un andamento lievemente in crescita delle entrate finali, legato esclusivamente all'andamento di quelle extratributarie, mentre le entrate tributarie risultano sostanzialmente invariate. Il Rendiconto evidenzia anche un forte aumento delle entrate da accensione prestiti, che, però, è essenzialmente legato all'operazione straordinaria di pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni. 
Aumentano in misura significativa anche le spese finali, con un andamento che è legato innanzitutto alla dinamica della spesa primaria corrente e, soprattutto, della spesa in conto capitale. L'aumento degli investimenti è una delle spese in conto capitale, una buona notizia, visto il crollo che questo elemento aveva avuto negli anni passati. In questo elemento, naturalmente, è contenuta l'operazione straordinaria di pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione. Sono rimasti sostanzialmente stabili gli interessi passivi e sono nettamente diminuite le spese per il rimborso dei prestiti. 
Credo che sia utile soffermarsi sull'analisi per missioni della spesa pubblica: tra il 2008 e il 2012 una politica di riequilibrio oggettivamente poco selettiva ha portato ad un taglio drastico delle missioni di spesa più direttamente connesse alla crescita, con riduzioni particolarmente severe delle missioni ambiente e sviluppo sostenibile, diritto alla mobilità, ricerca e innovazione, istruzione scolastica. In quegli anni, oggettivamente, il risanamento ha colpito di più le voci di spesa che erano e sono più direttamente connesse alle potenzialità di sviluppo del Paese. Nel 2013 si è registrata una prima inversione di tendenza; rimane, però, a mio modo di vedere, condivisibile quanto ha evidenziato la Corte dei conti nell'analisi del Rendiconto 2013. L'impegno finanziario permane insufficiente, rispetto alle necessità di un Paese in crisi economica, in alcuni settori strategici per lo sviluppo quali l'istruzione, l'ambiente e i beni culturali. Per quanto riguarda la gestione dei residui, i dati evidenziano come il fenomeno sia rimasto su livelli considerevoli e in crescita. La gestione di cassa ha risultanze analoghe a quella di competenza. Il conto del patrimonio evidenzia un'eccedenza passiva di 1.562 miliardi di euro, con un lieve peggioramento rispetto all'anno precedente. 
Nel 2014 l'andamento dei conti pubblici è e sarà condizionato negativamente dall'andamento dell'economia. Il dibattito aperto dal Ministro dell'economia poc'anzi ha evidenziato come i numeri del Documento di economia e finanza 2014, che ipotizzavano una crescita del PIL dello 0,8 per cento e un indebitamento netto al 2,6 per cento, inevitabilmente andranno rivisti alla luce del trend del prodotto interno lordo nei primi due trimestri dell'anno. Il disegno di legge di assestamento riflette questo andamento contrastato dell'economia del Paese, che, appunto, ha un riflesso anche sui saldi assestati del bilancio dello Stato. Il saldo netto da finanziare peggiora lievemente rispetto alle previsioni iniziali, mentre migliorano, seppur di poco, il risparmio pubblico e il ricorso al mercato. I saldi in ogni caso rientrano – ed è giusto sottolinearlo – nei limiti massimi stabiliti dalla legge di stabilità del 2014. Diminuiscono rispetto alle previsioni iniziali le entrate finali essenzialmente per il calo delle entrate tributarie, che è legato all'andamento dell'economia peggiore rispetto alle previsioni iniziali. Le spese finali sono più alte delle previsioni, soprattutto per la crescita della spesa primaria corrente e di quella in conto capitale, mentre c’è una significativa riduzione della spesa per interessi. L'andamento di cassa è analogo a quello della gestione di competenza, e rimando ai documenti. Segnalo che il disegno di legge di assestamento è stato emendato in Commissione bilancio. 
Vado a concludere, signor Presidente. I dati negativi sull'andamento del prodotto interno lordo nel secondo trimestre dell'anno evidenziano una volta di più la natura strutturale e di lungo periodo della crisi italiana. La nostra economia cresceva meno del resto d'Europa prima del 2008, è arretrata più degli altri Paesi durante la recessione e ora, a differenza delle altre economie europee, non riesce ad agganciare il treno della ripresa, e negli anni della grande recessione abbiamo perso nove punti di PIL, con un raddoppio della disoccupazione e una crescita allarmante delle persone in povertà assoluta. Negli stessi anni abbiamo attuato uno sforzo di risanamento dei conti pubblici enorme.  Queste manovre finanziarie, che sono costate pesanti sacrifici ai cittadini e alle imprese, hanno riportato sotto controllo il deficit, hanno riportato in avanzo primario i conti della pubblica amministrazione, il migliore avanzo primario insieme a quello della Germania, ma aggravando la recessione hanno vanificato parte di quell'azione di riequilibrio e non hanno arrestato la crescita del debito pubblico, che rimane il problema più importante della finanza pubblica italiana. 
Un Paese in queste condizioni economiche, sociali e di finanza pubblica difficilmente poteva riprendere a correre come se nulla fosse accaduto al nostro sistema produttivo e alla nostra società. Non esistono bacchette magiche per avviare la ripresa, né nel nostro Paese, né nelle altre economie. 
Il Governo in questi mesi ha varato misure importanti, tra cui il bonus di 80 euro, che vale a regime 10 miliardi di euro di tasse in meno e che – come ricordava giustamente il Ministro Padoan – è entrato a regime nell'ultimo mese del trimestre oggetto di tante polemiche. Sono interventi positivi e condivisibili; è chiaro che non possono che rappresentare, però, un pezzo di una strategia più ampia e di medio periodo. 
All'Italia serve un lavoro di lunga lena, Signor Presidente: dobbiamo lavorare in Europa per affermare nei fatti che la crescita e l'occupazione sono la priorità assoluta e dobbiamo lavorare in Italia con ancor più coraggio e determinazione, tenendo sotto controllo i conti naturalmente perché non è tempo di mettere in discussione la disciplina di bilancio, ma il cuore dell'agenda dei mille giorni del Governo deve concentrarsi sui motori della crescita, della riduzione delle disuguaglianze, della riattivazione degli investimenti pubblici e privati, dell'investimento su scuola, università e ricerca, della lotta alla corruzione e all'evasione fiscale, della semplificazione di un Paese difficile per chi vuole fare impresa. Questo è il punto: i nostri sforzi oggi devono andare verso tutto ciò che può far crescere economia e creare lavoro. 
Non partiamo da zero, al di là delle polemiche: il Parlamento ha approvato in questi mesi non la robaccia di cui parlava il capogruppo di Forza Italia, ma provvedimenti importanti che avranno un grande impatto sull'economia. Ma il Paese ci chiede di accelerare: è questa la lezione che dobbiamo trarre anche dai numeri negativi di ieri. 
È tempo di concretizzare le riforme approvate in questi anni, è tempo di approvare in tempi certi le riforme economiche e sociali che il Governo ha posto alla discussione del Parlamento. Solo così l'Italia ritroverà la fiducia e la speranza che sono indispensabili per uscire dalle secche della crisi (Applausi).