Data: 
Martedì, 21 Giugno, 2016
Nome: 
Andrea Romano

Grazie, Presidente. La mano che ha sparato ad Orlando – lo sappiamo – è stata quella di Omar Mateen, un cittadino nato e cresciuto negli Stati Uniti, ma i fantasmi che hanno armato quella mano sono gli stessi che attraversano le nostre società europee, le nostre comunità, che solo all'apparenza sembrano al riparo dalle esplosioni di violenza che punteggiano purtroppo regolarmente gli Stati Uniti. Sono i fantasmi dell'omofobia, sono i fantasmi del fondamentalismo.
La ringrazio, Presidente. Sono i fantasmi dell'intolleranza e sono gli stessi fantasmi che hanno assassinato, pochi giorni fa, Jo Cox, la nostra collega britannica, uccisa solo perché si batteva, pacatamente, per le idee in cui credeva. Quei fantasmi hanno un elemento in comune e lei, Presidente, lo ricordava: l'odio come strumento di demonizzazione dell'avversario, del diverso e dell'altro, l'odio come affermazione di sé e come devastazione dell'altro, l'odio, cari colleghi, che non è qualcosa che non ci appartenga e da cui non siamo contaminati e anche coloro che siedono in quest'Aula – lo sappiamo – ne sono costantemente sfiorati. A volte questo utilizzo, l'utilizzo dell'odio, sembra essere solo virtuale, confinato sui cosiddetti social, ma anche la strage di Orlando, con la sua storia, ci dice che, per l'ennesima volta, l'odio non può rimanere confinato per sempre dentro lo spazio virtuale; spesso c’è qualcuno, come è accaduto a Orlando e come è accaduto in Gran Bretagna pochi giorni fa, che si incarica di trasferirlo dal virtuale al reale. Per questo, mentre ricordiamo le 50 vittime della strage omofoba e islamista di Orlando, guardiamo anche dentro noi stessi e dentro le nostre comunità politiche per identificare e prevenire l'utilizzo devastante dello strumento dell'odio.