Data: 
Mercoledì, 9 Novembre, 2016
Nome: 
Matteo Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri

Signora Presidente, onorevoli deputati, credo che sia doveroso che anche il Governo porga la sua parola di attenzione e di rispetto e di commossa vicinanza alla famiglia dell'onorevole Tina Anselmi, per il ruolo che ella ha esercitato non soltanto in quest'Aula, non soltanto nella società civile ma anche tra i banchi del Governo.
Ci sono delle caratteristiche di casualità e di circostanze che lasciano sorpresi coloro i quali sono abituati a seguire il filo dei numeri: nel 2016 Tina Anselmi ci lascia esattamente settant'anni dopo il primo voto delle donne ed esattamente quarant'anni dopo la prima presenza femminile all'interno del Governo. Nel 1946 Tina Anselmi non poté votare, non aveva ancora l'età, eppure per quel diritto aveva lottato e si era impegnata la partigiana Gabriella, che nelle sue iniziative, nei suoi giri in bicicletta, nel suo sforzo di lotta partigiana nel Veneto aveva contribuito insieme a tante altre donne a liberare questo Paese dalla dittatura e dal nazifascismo.
Nel 1976, invece, quel 29 luglio, Tina Anselmi non soltanto c'era, ma era la protagonista di un gesto inedito nella storia repubblicana fino a quel momento: il giuramento di un Ministro che veniva chiamata a svolgere la funzione di Ministro del lavoro, lei che giovane sindacalista aveva combattuto per i diritti delle maestre e per i diritti di chi lavorava nella filatura, per i diritti delle donne del tessile. «Le donne lavoravano nelle filande otto ore al giorno, nell'acqua bollente, e perdevamo la carne dalle mani; mi sono portata quell'esperienza dentro», avrebbe raccontato tempo dopo. Nasce da quel primo Ministero a guida femminile la legge sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro – una legge importante, la n. 903 del 1977 –, ma vi deve essere la consapevolezza che tale legge è ancora tutta da implementare, visto che ancora non si può parlare di parità di trattamento reale, a partire dagli aspetti salariali, tra uomini e donne ancora oggi nel mondo, non soltanto in Italia.
Con la stessa determinazione, un anno dopo, l'esperienza governativa forse più rilevante, almeno per noi che l'abbiamo conosciuta ed imparata ad apprezzare dai libri e dai ritagli di giornale, più che dall'esperienza diretta, vale a dire la legge n. 833 del 1978, la legge che promuove l'istituzione del Servizio sanitario nazionale. In entrambi questi passaggi c’è la Tina Anselmi donna di fede, donna di qualità, donna impegnata in politica, donna che però vive l'attaccamento alle istituzioni al punto che è lei comunque, pur avendo personalmente votato contro in Parlamento all'introduzione della legge sull'interruzione volontaria di gravidanza, a firmare la legge, nel rispetto del suo ruolo istituzionale, ruolo istituzionale che la vede protagonista non più come Governo ma all'interno del lavoro del Parlamento. In quel 30 ottobre del 1981 lei scriverà sul diario: ore 17,15 sono convocata dall'onorevole Nilde Iotti, che mi propone di assumere la presidenza della Commissione d'inchiesta sulla P2. È un lavoro straordinario e per alcuni aspetti massacrante, che porterà alla relazione finale del luglio 1984 con una voluminosa relazione, corredata da centinaia di migliaia di documenti, in 120 volumi. È forse il periodo più difficile, ma è anche quello che la porta dritta nel cuore di tante italiane e tanti italiani. Mi permetterà, signora Presidente, di collegare un elemento di natura familiare e personale nel racconto quotidiano che, nella mia piccolissima esperienza, in famiglia, veniva fatto sull'impegno politico da parte di mio padre e delle persone che lavoravano nella sinistra democristiana di allora: Tina Anselmi era considerata l'interlocutrice naturale, il punto di riferimento di un'intera generazione di persone che credevano nella politica innanzitutto come impegno civile; e tanti di loro vedevano in Tina Anselmi, non soltanto per la presidenza della Commissione d'inchiesta sulla Loggia P2, l'esempio di una donna capace di rappresentare la Repubblica e le istituzioni nel modo più autorevole.
Una volta ella ha detto: dovremmo riflettere sul fatto che la democrazia non è soltanto libere elezioni, non è soltanto progresso economico, è giustizia, è rispetto della dignità umana, è tranquillità per i vecchi e speranza per i figli, è rispetto e affermazione dei diritti delle donne. Sono molto onorato di poter portare, a nome del Governo della Repubblica, il senso di gratitudine più forte e di commosso rispetto per una figura, quella di Tina Anselmi, prima Ministro donna, che ci ha saputo insegnare qual è la strada che ancora oggi va tracciata e in qualche modo condivisa: la democrazia non solo come fatto elettorale ma come ricerca della giustizia e come ricerca del rispetto sostanziale della vita delle donne e degli uomini.
Per tutti questi motivi, il Governo si associa alle parole della Presidente della Camera e dei signori deputati nel ricordare Tina Anselmi, grande donna, grande italiana.