Esame e votazione di questioni pregiudiziali
Data: 
Martedì, 8 Luglio, 2014
Nome: 
Giuseppe Berretta

A.C. 2496

Presidente, mi sia consentito in premessa denunciare un utilizzo strumentale della questione pregiudiziale di costituzionalità, finalizzata a scopi differenti da quelli che le sono propri: è divenuta un vero e proprio veicolo di critica alle scelte politiche e legislative operate dal Governo in sede di decretazione e non strumento di verifica parlamentare della costituzionalità delle norme. 
  Per tale ragione mi soffermerò rapidamente sui profili di presunta incostituzionalità sollevati, che proprio per loro strumentalità sono facilmente superabili. 
  In primo luogo si afferma una presunta eterogeneità/disomogeneità del decreto-legge, oltre che la carenza del requisito dell'urgenza. Al proposito, la stessa genesi del decreto-legge, frutto della scelta di intervenire solo ed esclusivamente sulla materia dell'esecuzione della pena, anche sulla base dei criteri rigorosi dettati in materia dalla Corte costituzionale (in particolare da ultimo la sentenza 25 febbraio 2014, n. 32) fuga ogni dubbio. È infatti evidente la connessione esistente tra il miglioramento complessivo della situazione carceraria oggetto della pronunzia della Corte europea dei diritti dell'uomo citata nel preambolo, e la necessaria razionalizzazione dell'ordinamento del Corpo della polizia penitenziaria, di cui il decreto-legge correttamente si occupa. Si rammenta che la stessa Corte costituzionale, poc'anzi citata anche dal collega Leone, ha tenuto a ribadire da ultimo con la sentenza n. 22 del 2012 come la intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge sia deducibile non solo dal punto di vista oggettivo e materiale, ma anche da quello funzionale e finalistico. 
  In merito all'urgenza, è sufficiente ricordare i precisi e stringenti obblighi derivanti dalla sentenza della CEDU dell'8 gennaio 2013, e conseguenti impegni assunti dal Governo in sede di Consiglio d'Europa. 
  Quanto poi al disposto dell'articolo 8 del decreto-legge, recante una modifica all'articolo 275 del codice di procedura penale, va rilevato che la disposizione non prevede alcun automatismo generalizzato, ma impone unicamente al giudice di esprimere in concreto una prognosi sulla pena concretamente erogabile all'esito del processo: e ciò al solo scopo di evitare che l'imputato subisca una limitazione della libertà in via cautelare rispetto ad una pena che potrebbe essere sostituita previa sospensione dell'ordine di esecuzione da misure alternative extramurarie. Per tale ragione, Presidente, appaiono del tutto inconducenti i riferimenti alla disciplina dell'indulto e dell'amnistia, di cui si fa cenno nella questione pregiudiziale di costituzionalità proposta dalla Lega. 
  Inoltre, per quanto concerne la disciplina dei rimedi risarcitori conseguenti alla sottoposizione a trattamenti tali da violare l'articolo 3 della CEDU, sono coerenti con le direttive emesse dai giudici europei e dalla stessa Corte in un caso di sovraffollamento carcerario, la sentenza Ananiev contro la Russia del 10 gennaio 2012: essi non violano in alcun modo l'articolo 3 della Costituzione, e anzi sono perfettamente coerenti con i principi di parità e ragionevolezza. L'applicazione specifica della misura riparatoria, che si concretizza in uno sconto percentuale di pena da espiare solo a chi abbia subito almeno 15 giorni di trattamento contrario all'articolo 3 della CEDU, costituisce espressione di discrezionalità legislativa, e si concretizza in una differenziazione di trattamento ragionevole. Si consideri peraltro che il soggetto che ha subito una violazione per un periodo inferiore ha comunque diritto al risarcimento per equivalente.

Analoga considerazione vale in relazione all'entità del risarcimento, la cui misura è stata parametrata sulla base degli indennizzi liquidati dai giudici europei nelle pronunce che hanno dichiarato l'intervenuta violazione dello stesso articolo 3, e comunque anch'essa rientra nella discrezionalità del legislatore. 
  Infine, il rilievo inerente alla dedotta violazione dell'articolo 24 e dell'articolo 111 della Costituzione in riferimento al procedimento previsto dall'articolo 1 del decreto-legge appare manifestamente privo di fondamento: l'articolo 35-ter della legge n. 354 del 1975 contempla infatti un procedimento caratterizzato dalla pienezza del contraddittorio e culminante in un provvedimento impugnabile di fronte al tribunale di sorveglianza, la cui decisione, com’è noto, è ricorribile per Cassazione. Per tutte queste ragioni, Presidente, alla luce della insussistenza dei profili di legittimità costituzionale, voteremo contro le pregiudiziali.