• 02/11/2015

“Sarebbe buona cosa non strumentalizzare una tematica complessa e delicata come il diritto all’affettività dei detenuti riducendola a una questione di sesso in carcere: il problema è ben più serio e investe il rispetto della dignità umana e la necessità di garantire accettabili e non umilianti condizioni di vita negli istituti di pena”. Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia alla Camera, replica così alle critiche leghiste in vista dell’audizione di domani con un gruppo di assistenti e operatori sociali, detenuti e familiari in videoconferenza dalla casa di reclusione di Padova. “E’ un’audizione innovativa per le modalità – spiega l’esponente del Pd – che abbiamo deciso a maggioranza di tre quarti dei componenti in ufficio di presidenza, perché ci sembra importante, nell’ambito dell’istruttoria su diverse proposte di legge che riguardano il diritto all’affettività, conoscere più nel dettaglio il modello operativo virtuoso sperimentato nel carcere di Padova”. Del resto, sottolinea Ferranti, “il riconoscimento del diritto all’affettività dei reclusi è contenuto già nei principi di delega per la riforma dell’ordinamento penitenziario che abbiamo di recente approvato alla Camera votando la riforma del processo penale”.

La presidente della commissione Giustizia, dunque, respinge come “propaganda e banalità l’idea che si voglia trasformare le celle in bordelli: il diritto all’affettività – osserva – non coinvolge solo i detenuti ma si estende a tutte quelle persone, dal coniuge ai figli e ai familiari, con cui vi è un rapporto d’amore che il carcere non può e non deve spezzare e che può invece favorire il recupero e il reinserimento. Ciò che va approfondito e verificato, in definitiva, sono le modalità per consentire la continuazione delle relazioni affettive esistenti prima della detenzione senza tuttavia pregiudicare le esigenze di sicurezza”.