• 22/07/2015

“Oggi abbiamo ascoltato il dottor Giancarlo Capaldo, capo del Pool anti-terrorismo della Procura di Roma, al quale fu affidato il fascicolo relativo alla presenza della moto Honda durante l’agguato della mattina del 16 marzo 1978. Capaldo ha ripercorso con precisione la sua indagine, mettendo in luce i comprensibili dubbi in merito alla denuncia dell’anonimo che parlò in una missiva del suo ruolo di agente segreto, insieme ad un collega, nel commando di via Fani, ma anche i ritardi farraginosi, gravi e incomprensibili, delle indagini avviate dalla Digos di Torino.  In sostanza, dalla audizione emerge di nuovo il tema scottante della non-indagine sulla vicenda: Capaldo ricevette il dossier solo alla fine di luglio 2012 e nel settembre successivo morì improvvisamente Antonio Fissore, individuato come l’altro passeggero della moto Honda. Ormai era troppo tardi. Mentre questo aspetto della vicenda rischia dunque di non poter più trovare riscontri, abbiamo appreso che prosegue  l’inchiesta che vede al centro la testimonianza cruciale, e a nostro giudizio estremamente interessante, dell’artificiere Vito Antonio Raso. Ci auguriamo che possano presto emergere novità: Raso raccontò in un libro di essere arrivato in via Caetani la mattina del 9 maggio intorno alle ore 10. Lì c’era già il ministro dell’Interno Cossiga. La sua testimonianza sovverte la versione brigatista di quelle ore. La drammatica telefona con cui Valerio Morucci avvisò che il cadavere di Aldo Moro era stato abbandonato in via Caetani è delle 12,15 e il brigatista ha mai saputo spiegare perché, dopo aver ucciso Moro intorno alle 9, impiegarono quattro ore per trovare una cabina telefonica.”   

Così Gero Grassi, componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sequestro e la morte di Aldo Moro.