• 18/01/2017

“A quasi diciotto anni dal tragico omicidio di Emanuele Scieri, l’avvocato siracusano in servizio di leva nei Parà e ritrovato cadavere all’ interno della Caserma Gamerra di Pisa il 16 agosto 1999, emergono dei risvolti incomprensibili nello svolgimento delle indagini dei Carabinieri. Infatti, dalla audizione dell’appuntato scelto Alessandro Pirina e del luogotenente Pierluigi Arilli, entrambi inviati sul luogo del delitto non appena fu rinvenuto il cadavere, si evince che entrambi i militari hanno svolto indagini senza attuare  le necessarie precauzioni e senza indossare idonea attrezzatura, al fine di preservare  il luogo del delitto. Scopriamo solo adesso che sul luogo del delitto erano presenti circa una ventina di persone tra Nucleo radiomobile dei Carabinieri, Stazione centrale dei Carabinieri di Pisa, Stazione  dei Carabinieri interna alla caserma dei pará e polizia militare; nessuno dei presenti ha mai indossato guanti o calzari; il Pirina - che si occupava dei rilievi fotografici - salì indisturbato e senza guanti, sulla scala dalla quale si ipotizza fu fatto cadere lo Scieri cancellando probabili tracce di impronte digitali; inoltre, dai rilievi fotografici di allora, si evince che un carabiniere calpestava con gli scarponi d'ordinanza il tavolo su cui era appoggiato il piede destro di Scieri. Inoltre, nessuno pensò di chiamare il magistrato né tantomeno il nucleo dei RIS, che avrebbe provveduto a mettere in sicurezza il luogo del delitto ed avrebbe permesso di accertare una verità che qualcuno nasconde ancora oggi.

A questi errori grossolani in fase di indagine, si sommano altri elementi enigmatici e difficili da comprendere. Pirina ha riferito, come risulta da alcuni atti di indagine dell'epoca, che il suo dna corrispondeva con quello rilevato da una macchia ematica individuata sulla protezione metallica della scala su cui si ritiene che Scieri sia salito poco prima della morte. Pirina però, ricorda di non essersi mai ferito durante lo svolgimento degli accertamenti  sulla scala metallica e che quella macchia era già esistente quando arrivò ai piedi della torretta e fu proprio lui a fotografarla. Per le sue caratteristiche, quel sangue non poteva che risalire a diverse ore prima del suo arrivo. Arilli, che nell’informativa dei carabinieri del 18 dicembre 2000, risulta aver aperto il marsupio dello Scieri, preso il telefonino e chiamato il proprio cellulare per constatare quale fosse il numero di Scieri, oggi confuta questa ricostruzione e sostiene che ad estrarre dal marsupio il cellulare fu il maresciallo Cataldo. Quella indagine è stata , insomma, pesantemente inquinata dalle modalità d’investigazione: si pensi che non venne mai disposto, ad esempio, l'accertamento delle impronte digitali sulla scala che ci avrebbe detto con certezza se Scieri fu costretto a salirvi”. E’ quanto dichiara Sofia Amoddio, Presidente della Commissione parlamentare d’Inchiesta, la quale aggiunge: “il nostro lavoro prosegue senza sosta, non solo per trovare conferma a ciò che già gli atti processuali dicono, ovvero che si è trattato un omicidio, ma anche nella speranza che proprio dopo tanti anni qualcuno si svuoti di un peso, che qualcuno mostri ancora dignità e dica cosa è avvenuto quella sera, perché qualcuno ha visto”.