• 30/03/2016

Dichiarazione del deputato democratico Marco Causi

Anticipazioni giornalistiche su ciò che Ignazio Marino avrebbe scritto in un libro che non è ancora in commercio riportano che io gli avrei detto, nel consigliargli le dimissioni da sindaco di Roma, questa frase: "Tu lasci Roma, vai a Philadelphia, spegni il cellulare e diventi irreperibile per otto o dieci giorni. Così per irreperibilità del sindaco il governo dovrà nominare un commissario e sciogliere consiglio e giunta" (fonte: La Repubblica).

Questa frase, o comunque l’argomentazione in essa contenuta, non mi appartiene e non l’ho mai usata. Si tratta di un falso. Un falso che mi offende e mi rattrista. Ed è falso anche il riferimento a sms che avrei ricevuto da Matteo Renzi. Sul mio cellulare gli sms con Renzi e De Vincenti riguardano soltanto le questioni di governo della città, in particolare per il programma di interventi per il Giubileo. Qualcuno doveva pur pensarci, fra agosto e settembre del 2015, mentre il Sindaco sembrava assorbito in altre incombenze. 

Con dolore sono costretto a ricordare di avere fatto tanto, nelle mie possibilità, per sostenere Sindaco e giunta capitolina di centrosinistra vincitori nel 2013: riscrittura della norma “salva Roma”, per farla approvare dopo due bocciature in Parlamento; partecipazione alla “cabina di regia” per il piano di rientro; organizzazione della conferenza PD al Quirino nel novembre 2014, dove Giuseppe Pignatone ha descritto pubblicamente, credo per la prima volta, il sistema del “mondo di mezzo” e i guasti creati nella città e nel Campidoglio da criminalità e corruzione; dal 28 luglio 2015 impegno diretto in giunta comunale, abbandonando incarichi nazionali, con l’obiettivo di rafforzare e rilanciare l’azione di governo, che presentava molti aspetti deficitari.

Quando alla metà del mese di ottobre, con Alfonso Sabella, abbiamo consigliato a Ignazio Marino le dimissioni  - un consiglio da lui accolto, salvo a ripensarci dopo venti giorni - abbiamo usato due argomenti. Primo, il probabile rinvio a giudizio non solo per peculato ma anche per falso. Secondo, il crollo della fiducia nella capacità dell’amministrazione da lui diretta di affrontare gli enormi problemi emersi dalle inchieste “mondo di mezzo” e dalle altre emergenze della città, a partire dalle manutenzioni straordinarie e dall’organizzazione degli interventi giubilari.

Argomenti politici quindi, e di opportunità. Argomenti, peraltro, scomodi per il PD che ha deciso, di fronte allo tsunami romano, di commissariare il partito e di interrompere un’esperienza di governo che mostrava grandi debolezze, dimostrando così di non essere attaccato ad ogni costo al potere. Mi piacerebbe vedere lo stesso coraggio in altre forze politiche, ad esempio in quelle di centrodestra che erano al governo mentre si consumava il degrado del Comune di Roma, oppure in quelle che oggi si propongono come alternativa di sistema, come i 5 stelle, che mi sembra non abbiano la minima comprensione delle difficoltà e complessità poste dalla gestione del Campidoglio.