• 21/12/2015

Dopo due anni le Regioni accorperanno i municipi che non lo abbiano fatto

“Trovare un efficace meccanismo per ridurre l’elevata frammentarietà dei comuni italiani e prevedere la fusione obbligatoria per quelli con meno di 5.000 abitanti allo scopo di consentire un miglioramento della qualità e dell’efficacia dei servizi offerti ai cittadini”. Lo dichiara Emanuele Lodolini, deputato del Pd componente della commissione Finanze di Montecitorio che ha presentato una proposta di legge che prevede la fusione obbligatorio per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

“È noto infatti - prosegue Lodolini - che le ridotte dimensioni della maggior parte dei comuni sono spesso del tutto insufficienti a garantire uno svolgimento efficace dell’azione amministrativa. Secondo dati Istat del 2014 circa il 70 per cento dei comuni hanno meno di 5.000 abitanti e la percentuale dei residenti in piccoli comuni è pari al 17 per cento dell’intera popolazione. La proposta di legge che ho presentato su questo tema individua nelle fusioni lo strumento più idoneo per superare l’attuale frammentarietà dei comuni. La fusione, infatti, a differenza delle altre forme di associazionismo tra comuni, comporta la costituzione di un unico ente, nel quale verranno aggregate tutte le risorse umane, strumentali e finanziarie, al fine di ottenere l’ottimizzazione dei servizi esistenti e il loro ampliamento. La pdl di cui sono primo firmatario stabilisce innanzitutto che il limite minimo di abitanti perché possa esistere un comune è fissato nella soglia di 5.000 abitanti. Trascorsi poi 24 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, le regioni provvederanno alla fusione obbligatoria di tutti i comuni la cui popolazione sia inferiore ai 5000 abitanti e che non abbiano già avviato di propria iniziativa procedimenti di fusione. In questo caso però i comuni perderanno gli incentivi previsti per le fusioni dal basso ritenute più efficaci in quanto basate su criteri più omogenei. Qualora trascorsi 4 anni dalla entrata in vigore della legge i comuni non abbiano provveduto di propria iniziativa a realizzare le fusioni e le Regioni abbiano omesso di adottare le necessarie leggi regionali per renderle operative, è prevista una decurtazione del 50 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni stesse, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e al trasporto pubblico locale”.