• 20/10/2015

"Il fenomeno degli “home restaurant”, ossia case private che aprono ad estranei invitati a cena a pagamento, è in forte crescita in tutta Italia con un trend in crescita nei prossimi anni. Da alcuni anni, a partire dalle grandi città, si stanno moltiplicando piattaforme web e campagne sui social network dedicate al cosiddetto “social eating”.

Lo dichiara il deputato del Pd Enzo Lattuca che ha presentato una risoluzione in Commissione Attività produttive insieme al collega Pd Angelo Senaldi per impegnare il governo a dare risposte alla situazione degli home restaurant, in particolare a confermare l’orientamento già espresso dal MISE, a diffondere alle Camere di Commercio e agli enti locali un provvedimento amministrativo che assicuri uniformità interpretativa su tutto il territorio nazionale e a valutare un intervento normativo per regolare quella che a tutti gli effetti è una nuova tipologia di attività anomala sul piano della concorrenza, della fiscalità e della tutela della salute pubblica.

 “Gli home restaurant – spiega Lattuca – si configurano come un’attività finalizzata all’erogazione del servizio di ristorazione esercitato da persone fisiche all’interno delle proprie strutture abitative. Al momento non esiste una normativa specifica che disciplini lo svolgimento di tale attività. Dal punto di vista fiscale, può essere equiparata a un’attività saltuaria d’impresa e il reddito derivante viene calcolato sottraendo dal totale delle ricevute emesse la somma delle spese documentate. In quanto attività occasionali, si applica il limite annuale dei 5mila euro. Evidentemente, nel caso si dovesse superare tale soglia, e quindi da saltuaria diventasse attività abituale, risulta necessario aprire la partita Iva e iscriversi all’Inps, gestione commercio. Nell’aprile scorso – prosegue Lattuca - il Ministero per lo sviluppo Economico si è espresso in modo chiaro in materia chiarendo che gli ”home restaurant” svolgono attività di somministrazione al pubblico di cibi e bevande e pertanto non può considerarsi attività libera e non soggetta ad alcune normativa”.

 “Visti i numeri, credo che non si possa più parlare di hobby ma di attività imprenditoriali che se non regolarizzate rischiano di trasformarsi in una forma di concorrenza sleale che danneggia le nostre imprese e la nostra economia e inoltre non va sottovalutato l’aspetto della sicurezza igienica dal momento che questi luoghi – diversamente dai normali esercizi - non sono soggetti a controlli igienico-sanitari", conclude Lattuca.