• 22/01/2015

Presentate le conclusioni dell’indagine conoscitiva della commissione bicamerale: in due anni sono raddoppiati i bambini in situazione di indigenza

“Dalla indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile della commissione bicamerale sull’infanzia e l’adolescenza, emerge che i bambini in situazione di povertà dal 2011 al 2013 sono raddoppiati, tendenza che non è stata registrata nella popolazione adulta. La politica faccia una riflessione e decida se la povertà dei bambini è una priorità o meno”. Lo dicono Sandra Zampa, vicepresidente commissione bicamerale sull’Infanzia, Vanna Iori, responsabile Pd per l’infanzia, Giorgio Zanin e Chiara Scuvera componenti della commissione parlamentare bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza.“Durante le numerose audizioni - proseguono i deputati dem - si è evidenziato come un basso livello di scolarizzazione corrisponda anche ad un impoverimento materiale. A fronte degli adulti che diventano poveri c’è un popolo di bambini che si impoveriscono di più: dal 2011 al 2013 i minori in povertà sono passati da 723mila a un milione e mezzo, relegando l’Italia agli ultimi posti in Europa. Chiediamo al ministro Poletti di interessarsi personalmente a questa emergenza. La situazione è particolarmente grave tanto da richiedere un intervento ad hoc da parte del governo. Urge la presentazione del piano nazionale per l’infanzia previsto dalla legge istitutiva della commissione bicamerale, che non è stato ancora presentato; l’ultimo è della scorsa legislatura ed era privo di finanziamenti. Questo la dice lunga anche della retorica sulla famiglia che in molti fanno. Mentre in Europa la crisi aumentava e numerosi paesi incrementavano i loro investimenti per l’infanzia, in Italia si azzeravano, gli interventi come la social card si sono dimostrati fallimentari e i Comuni tagliavano i servizi. La differenza tra Nord e Sud è diminuita nel senso che è peggiorato il Nord. E anche la povertà educativa è aumentata: questa è una doppia povertà perché priva i bambini in condizioni di svantaggio degli strumenti per uscire da questa situazione. Si impone un cambiamento culturale che faccia passare dal concetto di spesa a quello di investimento ed escludere dal patto di stabilità le spese per le mense scolastiche affrontate dai municipi, così come accade per gli investimenti per l’edilizia scolastica”.