• 19/09/2014

“Il tema è troppo delicato per cavarsela con un voto in direzione che vorrebbe obbligare tutti ad adattarsi, perché così non può essere e vi è, inoltre, assenza di discussione politica”, lo afferma Monica Gregori, deputata del Pd e componente della Commissione Lavoro della Camera.

“Quindi – continua Gregori - se veramente il governo e i fedelissimi hanno intenzione di andare avanti e sono convinti di ciò che fanno, allora non credo che il premier Renzi abbia difficoltà a un confronto aperto prima della direzione. Altrimenti dovremmo pensare che anche lui ha difficoltà a convincere i suoi più stretti parlamentari e collaboratori che fino a ieri hanno difeso l’articolo 18 con le unghie a fianco dei sindacati, salendo sul palco del Circo Massimo con Sergio Cofferati prima e Guglielmo Epifani poi. Inoltre, potremmo pensare che non solo si vogliono tagliare le gambe all’autonomia parlamentare già ridotta ai minimi attraverso decreti attuativi, ma addirittura ponendo la fiducia sul testo”.

“È impensabile - sottolinea la deputata democratica - votare ricette di destra, soprattutto per togliere l’unico strumento che è in grado di combattere la discriminazione. Così si toglie dignità al lavoratore, rendendo legale un fatto illecito e ricreando di fatto la serie C dei lavoratori. Questo non c’entra nulla con la battaglia ideologica sul diritto del lavoro, che va comunque riformato, ma nel giusto modo. Infine, credo che sia sconcertante sentir dire dal segretario premier che il Parlamento non è suo ma appartiene alla vecchia dirigenza: primo, perché siamo parte dello stesso partito; secondo, perché molti non appartengono a nessuno se non al popolo delle primarie. Se poi si vuole restare in un clima da congresso permanente, questa è la strada che farà crollare il partito e l’Italia”.