• 27/10/2016

Migranti, la Commissione di inchiesta approva il rapporto sugli hotspot

“Riteniamo che l'approccio hotspot possa assicurare una gestione più razionale degli arrivi, della identificazione, selezione e smistamento dei migranti garantendo il necessario equilibrio fra il dovere di accoglienza nel rispetto della dignità umana e del diritto di asilo da un lato e quello di controllo delle frontiere e identificazione di chi entra nel territorio dello stato dall'altro. Ma al tempo stesso rileviamo, nella sperimentazione finora attuata, ancora troppe criticità che rischiano di compromettere il corretto funzionamento e vanificare gli obiettivi dell'approccio hotspot”. E' quanto dichiarato dal presidente della Commissione d'inchiesta migranti Federico Gelli dopo l'approvazione in Commissione del Rapporto dedicato all'approccio hotspot nell'ambito delle procedure di identificazione e accoglienza.

Il documento, che sarà inviato al Governo e al Parlamento, traccia un primo bilancio sul funzionamento di questi centri a pochi mesi dalla loro apertura fortemente sollecitata dall'Unione Europea e rappresenta il punto di partenza di una riflessione che sarà approfondita per mettere a regime un sistema di accoglienza che aiuti ad uscire dall'emergenza.

Il rapporto, frutto di alcuni mesi di lavoro della Commissione con numerose audizioni e sopralluoghi nei 4 hotspot finora in funzione, contiene nella parte introduttiva un'ampia disamina del quadro normativo europeo, anche alla luce del Regolamento di Dublino, dell'agenda europea sulle migrazioni e della roadmap italiana. Il documento prosegue con approfondimenti sulle modalità di identificazione e le innovazioni procedurali introdotte dal modello hotspot, e con il resoconto dei sopralluoghi effettuati dalla Commissione nei centri di Taranto, Trapani, Pozzallo e Lampedusa. Infine, la Commissione traccia un bilancio dei risultati ottenuti in relazione agli obiettivi dell'approccio hotspot, evidenzia gli elementi di criticità emersi ed avanza proposte per una loro possibile soluzione.

“C'è anzitutto - spiega Paolo Beni del Pd, relatore e membro della Commissione - il problema dell'assenza di una configurazione giuridica degli hotspot, risolvibile con l'adozione di fonti normative di rango primario che ne definiscano il ruolo e diano legittimazione alle procedure adottate. Ma ci sono anche carenze nelle strutture, spesso indecorose e inospitali, e nei servizi offerti, che richiedono un protocollo uniforme sugli standard necessari ad assicurare qualità dell'accoglienza. Per garantire una effettiva possibilità di accesso al diritto di protezione vanno rafforzate la mediazione linguistico-culturale e l'informativa legale e vanno rivisti contenuti e tempi di compilazione del cosiddetto foglio notizie. Infine, la permanenza in questi centri dovrebbe limitarsi al tempo strettamente necessario per l'identificazione e lo smistamento dei migranti, ma questa possibilità è legata alla risoluzione dei problemi che tuttora permangono per quanto riguarda la relocation nei paesi europei e i rimpatri, nonché a un più efficiente funzionamento del sistema di seconda accoglienza con l'implementazione del modello Sprar in tutto il territorio nazionale”.