• 28/07/2014

L’introduzione del nuovo reato di depistaggio e inquinamento processuale rappresenta una presa d’atto doverosa e dolorosa: la democrazia nel nostro Paese, infatti, è stata ed è ancora oggi avvelenata da chi ostacola la ricerca della verità”. Lo ha detto a Montecitorio Davide Mattiello, deputato Pd della commissione Giustizia, intervenendo nella discussione generale della proposta di legge che introduce nel codice penale la fattispecie del reato di depistaggio. “Quando si arriva a dover intervenire attraverso la sanzione penale di una condotta tanto radicata e diffusa come quella della quale si sta occupando oggi il parlamento – ha detto Mattiello - con ciò stesso si denuncia una grave deficienza democratica. Il depistaggio, in effetti, è la sintesi del rapporto deviato che ha avuto lo Stato con la mafia e le altre organizzazioni criminali. Per questo sanzionare in maniera specifica e severa la condotta di chi impedisce, ostacola, svia indagini e processo penale, e farlo in maniera tanto più grave se l’autore della condotta è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, è un atto dovuto alle innumerevoli vittime di questa forma subdola di violenza. Queste condotte, infatti, sono particolarmente odiose perché sabotano il rapporto fondamentale che tiene insieme uno Stato: il rapporto di fiducia tra cittadino e Istituzioni, colpiscono il rapporto fiduciario proprio nel momento di massima fragilità del cittadino, quando cioè il cittadino è esposto al bisogno, alla paura, al pericolo, all’angoscia e si appoggia allo Stato, vi si affida, come farebbe il malato con il medico. Sono condotte che avvelenano l’intera convivenza civile e dunque facciamo bene a colpirle. Per questo il reato di depistaggio – conclude Mattiello - deve essere introdotto nel nostro Codice penale”.