• 19/12/2017

Domani ministro Martina al question time di Montecitorio

Da tempo appaiono articoli su riviste straniere che mettono in cattiva luce il vivaismo italiano, con particolare riferimento al fatto che il nostro Paese è «infestato» dalla Xylella. Si tratta di una grande campagna denigratoria nei confronti delle produzioni del nostro Paese, che strumentalizza la questione della Xylella, nonostante sia noto che è limitata ad una zona della Puglia. Si tratta di riviste di grande diffusione nei rispettivi Paesi come Deutsche Baumschule Magazin (D), Le Lien Horticole (F), de Boomkwekerij (NL), Grower (UK). I deputati del Pd hanno chiesto con una interrogazione al ministro Martina, che risponderà domani durante il question time di Montecitorio, di contrastare questa campagna denigratoria nei confronti di un settore così strategico per il nostro Paese e di valutare la richiesta di una verifica da parte di una commissione fitosanitaria europea nelle principali aziende florovivaistiche italiane, al fine di fornire rassicurazioni sui controlli che vengono effettuati in Italia. Il florovivaismo in Italia vale oltre 2,5 miliardi di euro, di cui circa 1,15 per la sola produzione di fiori e piante da vaso. Sono 27 mila le aziende impegnate nel settore, per un totale di 100 mila addetti e quasi 29 mila ettari di superficie agricola complessivamente occupata; l’export rappresenta un quarto del valore complessivo annuo della produzione florovivaistica in Italia. Tra i principali mercati di destinazione delle piante in vaso si annoverano la Germania, la Francia, i Paesi Bassi, la Gran Bretagna e il Belgio, mentre come mete di alberi e arbusti, oltre ai Paesi già citati, vanno aggiunti la Spagna, la Turchia e la Svizzera. Tra i Paesi che importano fogliame italiano spiccano, invece, Paesi Bassi, Germania e Francia, mentre per i fiori recisi il primo sbocco di mercato è quello dei Paesi Bassi; l'Italia ha molte importanti realtà che si basano sull'esportazione ma anche diverse aziende medio piccole che sono cresciute in questi anni grazie alle esportazioni. Non si tratta quindi soltanto di un danno d'immagine ma soprattutto di un danno economico consistente.