10/09/2015
Simone Valiante
Borghi, Bossa, Ciracì, Giulietti, Minnucci, Romanini, Fioroni, Grassi, Luciano Agostini, Lodolini, Fanucci, Famiglietti, Zoggia, Ferro, Ferrari, Folino, Giorgio Piccolo, Giancarlo Giordano, Ragosta, Ginefra, D'Incecco, Zardini, Ribaudo, Cuomo, Morassut, Mazzoli, Marotta, Monchiero, Lenzi
2-01074

 I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che: 
con la legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991, dando attuazione agli articoli 9 e 32 della Costituzione, si sono dettati i principi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita le regione si istituiscono e delimitano i parchi nazionali in via definitiva. La norma sopracitata, in particolare, all'articolo 9 attribuendo all'Ente Parco personalità di diritto pubblico, sede legale e amministrativa nel territorio del parco e subordinandolo alla vigilanza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare prevede quali sono gli organi necessari dello stesso: un presidente, un consiglio direttivo, una giunta esecutiva, un collegio dei revisori dei conti e la comunità del parco. Lo stesso articolo 9, inoltre, prevede che il consiglio direttivo debba essere composto da «esperti particolarmente qualificati in materia di aree protette e biodiversità». All'articolo 24, si prevede che: «in relazione alla peculiarità di ciascuna area interessata, ciascun parco naturale regionale preveda, con apposito statuto, una differenziata forma organizzativa indicando i criteri per la composizione del consiglio direttivo, la designazione del presidente e del direttore, i poteri del consiglio, del presidente e del direttore, la composizione ed i poteri del collegio dei revisori dei conti e degli organi di consulenza tecnica e scientifica, le modalità di convocazione e di funzionamento degli organi statutari, la costituzione della comunità del parco». La regione Campania, ad esempio, con la legge regionale n. 33 del 1993, istitutiva di parchi e riserve naturali, dettava i requisiti necessari per i soggetti che ambiscono a ricoprire la carica di presidente di Parco; e, infatti, all'articolo 8 si prevede che il presidente dell'Ente Parco: «venga nominato dalla Giunta Regionale su proposta degli Assessori alle Foreste, alla Urbanistica e all'Ecologia, sentito il parere delle Commissioni Consiliari competenti ai sensi della legge n. 26 del 24 aprile 1980 e prescelto tra persone che si siano distinte per i loro studi e/o per la loro attività nel campo della protezione dell'ambiente e non ricoprano cariche elettive e/o amministrative negli Enti Locali, negli organi di gestione di Enti Regionali nonché cariche elettive regionali, parlamentari ed europee». La giunta regionale dunque deve nominare il presidente in seguito ad una selezione accurata curriculare, basata sulle reali esperienze, assicurandosi che tali soggetti siano «persone distinte per i loro studi e/o per la loro attività nel campo della protezione dell'ambiente». In tali casi, che se anche riguardano i parchi regionali, sono indicativi di un criterio e un indirizzo chiaro nella valutazione dei curricula e nelle procedure di nomina, è evidente ci si assicuri la scelta al vertice degli enti di soggetti preparati e portatori di una spiccata sensibilità alle tematiche della tutela dell'ambiente e del territorio. È condizione necessaria ma non sufficiente aver condotto studi in materie ambientali o l'aver soltanto intrapreso attività genericamente connesse all'ambiente. La giurisprudenza amministrativa, infatti, ha affermato che il dato rilevante è l'aver svolto un impegno di durata e rilevanza tale da assurgere ad «elevato elemento di distinzione e specifica qualificazione del soggetto interessato». L'organo di giustizia amministrativa pone l'accento sulla concretezza e sul rilievo dell'attività svolta. Ed in tal senso anche il Consiglio di Stato ha ribadito la ratio sottolineando la differenza che passa tra attività che possono considerarsi rilevanti e foriere di impegno effettivo da quelle che, al contrario, si configurano solo apparentemente come tali (Consiglio di Stato sentenza n. 4468/2007). Ne deriva che non il titolo di studio né una generica attività inerente alla tutela dell'ambiente sono elementi sufficienti a consentire ad un soggetto di ricoprire il vertice dell'organizzazione Ente Parco. Colui che intenda accedere alla carica deve aver svolto un impegno in materia non solo concreto ma anche di qualità superiore alla media. Esemplificativo appare il precedente costituito dalla sentenza 2803/2006 del TAR Campania in cui il giudice amministrativo non ha ritenuto sufficiente considerare come elemento distintivo il solo avere ricoperto la carica di assessore comunale all'ambiente, per essere la stessa «un'esperienza professionale di politica amministrativa e non quindi indicativa di un «particolare impegno nella salvaguardia, conservazione e valorizzazione del patrimonio pubblico». L'amministrazione, dunque, nello scegliere la personalità più indicata a ricoprire il ruolo di presidente dell'Ente Parco deve, anche nel rispetto delle norme e di una consolidata giurisprudenza, vagliare accuratamente gli studi e le esperienze di ciascun candidato considerandone la quantità e la qualità privilegiando colui il quale si è realmente distinto per un impegno attivo nella salvaguardia e nella tutela del territorio. Il recente decreto del Presidente della Repubblica n. 73 del 2013, disciplina il futuro degli organi collegiali di tutti gli Enti Parco nazionali, compresi quelli ricadenti nelle regioni a statuto speciale, stabilendo che i componenti del consiglio direttivo dei parchi saranno in futuro costituiti da otto componenti individuati tra esperti particolarmente qualificati in materia di aree protette e biodiversità: quattro designati dalla Comunità del Parco (dai comuni e altri enti locali), uno nominato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, uno scelto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, uno indicato dalle associazioni ambientaliste riconosciute e infine un membro scelto dall'Istituto superiore per la protezione della ricerca ambientale (Ispra), chiarendo alcuni passaggi gestionali utili e snellendo procedure e incertezze del passato. Con la proposta di legge n. 1490 del 2013 di iniziativa del primo firmatario del presente atto, dell'onorevole Rughetti e dell'onorevole Rostan di riforma della legge n. 394 del 1991 precedentemente richiamata, si intende rafforzare l'intento del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 73 del 2013, prevedendo sfere di competenza chiare ed esplicite, soprattutto nel governo partecipativo e attivo del territorio, e rileggere in chiave moderna la politica delle aree protette alla luce dell'attuazione della strategia nazionale della biodiversità. Si intende perseguire, infatti, una riduzione drastica di comitati nazionali e consulte, utilizzando le strutture ministeriali quali strumenti di raccordo interistituzionali (SCN e ISPRA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), e una concreta sburocratizzazione semplificazione amministrativa eliminando l'attuale duplicazione di controllo da parte dell'Ente Parco e della Soprintendenza con la conseguente eliminazione della competenza della Soprintendenza nelle aree del Parco ad emettere parere preliminare vincolante sugli interventi e l'esclusiva competenza dei parchi a rilasciare lo stesso nelle aree di loro pertinenza. L'articolo 142 T.U. del paesaggio, infatti, indica tra le aree tutelate per legge con vincolo paesaggistico i parchi e le riserve regionali; chi intende intervenire su tali beni necessita attualmente di tre autorizzazioni: autorizzazione paesaggistica (ex articolo 146 T.U. Paesaggio), permesso di costruire (ex articolo 13 T.U.E) e nullaosta del parco (ex articolo della legge n. 394 del 1991). La prima è emessa dallo sportello unico edilizia del comune, previo parere della soprintendenza, il secondo dal detto sportello e il terzo dall'Ente Parco. Eliminare il parere preliminare vincolante sugli interventi emesso dalla Soprintendenza, attualmente necessario per il rilascio di autorizzazione paesaggistica non è da intendersi come diminuzione di tutela e garanzia per l'integrità dei territori e delle aree esponendole a rischi di varia natura, è da intendersi invece come tentativo volto alla responsabilizzazione dell'Ente Parco nella gestione del suo territorio di pertinenza, di per sé già vincolato, e alla velocizzazione e miglioramento della procedura amministrativa stessa, con un notevole risparmio di tempo e costi per i cittadini richiedenti –: 
quale contributo concreto intenda dare il Ministro alla riforma richiamata, in particolar modo se sia favorevole o meno all'eliminazione della richiesta del parere preventivo conforme della Soprintendenza nelle aree protette ritenendo sufficiente ed efficace quello rilasciato dall'autorità dell'Ente Parco e se, su eventuali procedure di nomina in atto di organi direttivi e presidenziali di parchi nazionali intenda adottare criteri che ottemperino a quanto disposto dall'attuale articolo 9, comma 4, della legge n. 394 del 1991, ai principi di legalità, buon andamento e imparzialità dell'amministrazione previsti all'articolo 97 della Carta Costituzionale, oltre che ai consolidati orientamenti giurisprudenziali delle magistrature amministrative.

Seduta del 18 settembre 2015

Illustra e replica Simone Valiante, risponde Velo Silvia (PD), Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare.

Illustrazione

Grazie, Presidente. Con la legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991, dando attuazione agli articoli 9 e 32 della Costituzione, si sono dettati i principi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del nostro Paese. 
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni, si istituiscono e si delimitano i parchi nazionali in via definitiva. La norma sopra citata, in particolare, all'articolo 9, attribuendo all'Ente parco personalità di diritto pubblico, sede legale e amministrativa nel territorio del parco e subordinandolo alla vigilanza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, prevede quali sono gli organi necessari dello stesso: un presidente, un consiglio direttivo, una giunta esecutiva, un collegio dei revisori dei conti e la comunità del parco. 
Lo stesso articolo 9, inoltre, prevede che il consiglio direttivo debba essere composto da «esperti particolarmente qualificati in materia di aree protette e biodiversità». All'articolo 24, si prevede invece che: «in relazione alla peculiarità di ciascuna area interessata, ciascun parco naturale regionale preveda, con apposito statuto, una differenziata forma organizzativa indicando i criteri per la composizione del consiglio direttivo, la designazione del presidente e del direttore, i poteri del consiglio, del presidente e del direttore, la composizione ed i poteri del collegio dei revisori dei conti e degli organi di consulenza tecnica e scientifica, le modalità di convocazione e di funzionamento degli organi statutari, la costituzione della comunità del parco».
La regione Campania, ad esempio, attuando questi criteri con la legge n. 33 del 1993, istitutiva di parchi e riserve naturali, dettava i requisiti necessari per i soggetti che ambiscono a ricoprire la carica di presidente di parco; e, infatti, all'articolo 8 si prevede che il presidente dell'ente parco: «venga nominato dalla giunta regionale su proposta degli assessori alle foreste, alla urbanistica e all'ecologia, sentito il parere delle commissioni consiliari competenti, ai sensi della legge n. 26 del 24 aprile 1980, e prescelto tra persone che si siano distinte per i loro studi e/o per la loro attività nel campo della protezione dell'ambiente e non ricoprano cariche elettive e/o amministrative negli enti locali, negli organi di gestione di enti regionali nonché cariche elettive regionali, parlamentari ed europee». La giunta regionale, dunque, deve nominare il presidente, in seguito ad una selezione accurata curricolare, basata sulle reali esperienze, assicurandosi che tali soggetti siano «persone distinte per i loro studi e/o per la loro attività nel campo della protezione dell'ambiente». 
In tali casi, che se anche riguardano i parchi regionali sono però indicativi, per noi, di un criterio e di un indirizzo chiaro nella valutazione dei curricula e nelle procedure di nomina, è evidente, dunque, che si assicuri la scelta, al vertice degli enti, di soggetti preparati e portatori di una spiccata sensibilità in ordine alle tematiche della tutela dell'ambiente e del territorio. È condizione necessaria ma, per quanto ci riguarda, non sufficiente avere condotto studi in materie ambientali o l'avere soltanto intrapreso attività genericamente connesse all'ambiente. 
La giurisprudenza amministrativa poi, negli anni e in coerenza con quanto appunto detto, ha infatti affermato che il dato rilevante è l'avere svolto un impegno di durata e rilevanza tale da assurgere ad «elemento di distinzione e specifica qualificazione del soggetto interessato». L'organo di giustizia amministrativa, infatti, pone l'accento sulla concretezza e sul rilievo dell'attività svolta. E in tal senso anche il Consiglio di Stato ha ribadito la ratio, sottolineando la differenza che passa tra attività che possono considerarsi rilevanti e foriere di impegno effettivo da quelle che, al contrario, si configurano solo apparentemente come tali (sentenza n. 4468 del 2007). 
Ne deriva che né il titolo di studio né una generica attività inerente alla tutela dell'ambiente sono sufficienti a consentire a un soggetto di ricoprire il vertice dell'organizzazione dell'ente parco. Colui che intenda accedere alla carica deve avere svolto un impegno in materia non solo concreto ma di qualità superiore alla media. Esemplificativo appare il precedente costituito dalla sentenza n. 2803 del 2006 del TAR Campania, in cui il giudice amministrativo non ha ritenuto sufficiente considerare come elemento distintivo il solo avere ricoperto la carica di assessore comunale all'ambiente, per essere la stessa «un'esperienza professionale di politica amministrativa e non, quindi, indicativa di un particolare impegno nella salvaguardia, conservazione e valorizzazione del patrimonio pubblico». L'amministrazione, dunque, nello scegliere la personalità più indicata a ricoprire il ruolo di presidente dell'ente parco deve, anche nel rispetto delle norme e di una consolidata giurisprudenza, vagliare accuratamente gli studi e le esperienze di ciascun candidato, considerandone la quantità e la qualità del lavoro svolto. 
Il recente decreto del Presidente della Repubblica n. 73 del 2013, infatti, disciplina il futuro degli organi collegiali di tutti gli enti parco nazionali, compresi quelli ricadenti nelle regioni a statuto speciale, stabilendo che i componenti del consiglio direttivo dei parchi saranno in futuro costituiti da otto componenti, individuati tra esperti particolarmente qualificati in materia di aree protette e biodiversità: quattro designati dalla comunità del parco – cioè comuni e altri enti locali –, uno nominato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, uno scelto dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, uno indicato dalle associazioni ambientaliste riconosciute e, infine, un membro scelto dall'Istituto superiore per la protezione della ricerca ambientale, l'ISPRA, chiarendo anche alcuni passaggi gestionali utili e snellendo procedure e incertezze del passato. 
Con la proposta di legge n. 1490 del 2013, sottoscritta come primo firmatario, insieme agli onorevoli Rughetti e Rostan, di riforma della legge n. 394 del 1991, precedentemente richiamata, si intende rafforzare un altro aspetto, cioè l'intento del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 73 del 2013, prevedendo sfere di competenza chiare ed esplicite, soprattutto nel governo partecipativo e attivo del territorio, e rileggendo, in maniera più moderna, la politica delle aree protette, alla luce dell'attuazione della strategia nazionale della biodiversità. 
Si intende, infatti, perseguire una riduzione drastica di comitati nazionali e consulte, utilizzando gli strumenti ministeriali quali strumenti di raccordo interistituzionali, e una concreta sburocratizzazione e semplificazione amministrativa, eliminando l'attuale duplicazione di controllo da parte dell'Ente parco e della soprintendenza, con la conseguente eliminazione della competenza della soprintendenza nelle aree del parco ad emettere parere preliminare vincolante sugli interventi e l'esclusiva competenza dei parchi a rilasciare lo stesso nelle aree di loro pertinenza. 
Tra l'altro, al Senato, è in discussione la riforma della legge n. 394 e ci sono già iniziative sostenute anche da altri autorevoli colleghi che vanno in questa direzione. L'articolo 142 del Testo unico dei beni culturali e del paesaggio, infatti, indica tra le aree tutelate per legge con vincolo paesaggistico i parchi e le riserve regionali. Chi intende intervenire su tali beni necessita almeno di tre autorizzazioni: autorizzazione paesaggistica (ex articolo 146 del testo unico), permesso di costruire (exarticolo 13 testo unico) e nullaosta del parco (ex articolo della legge n. 394 del 1991). La prima è emessa dallo sportello unico edilizia del comune, previo parere della soprintendenza, il secondo dal detto sportello e il terzo dall'Ente parco. Eliminare il parere preliminare vincolante sugli interventi emessi dalla soprintendenza, attualmente necessari per il rilascio di autorizzazione paesaggistica, non è, ovviamente, da intendersi come diminuzione di tutela e garanzia per l'integrità dei territori e delle aree esponendole a rischi di varia natura, è da intendersi, invece, come tentativo volto alla responsabilizzazione dell'Ente parco nella gestione del suo territorio di pertinenza, di per sé già vincolato in modo diverso rispetto ad altri territori, e alla velocizzazione e miglioramento della procedura amministrativa stessa, con un notevole risparmio di tempo e costi per i cittadini richiedenti. 
A tal riguardo chiediamo, Signor Presidente, signor sottosegretario, quale contributo intenda dare il Ministro, che non abbiamo mai ascoltato su questi temi, alla riforma richiamata. In particolar modo se sia o meno favorevole all'eliminazione della richiesta del parere preventivo conforme della soprintendenza nelle aree protette, ritenendo sufficiente ed efficace quello rilasciato dall'autorità dell'Ente parco e se su eventuali – l'altra questione – procedure di nomina in atto di organi direttivi e presidenziali di parchi nazionali, intenda adottare criteri che ottemperino a quanto disposto dall'attuale articolo 9, comma 4, della legge n. 394 del 1991, cioè i principi di legalità, buon andamento e imparzialità dell'amministrazione previsti all'articolo 97 della Carta costituzionale, oltre che ai consolidati e richiamati orientamenti giurisprudenziali della magistratura amministrativa.

Risposta del governo

Grazie, Presidente. Come l'onorevole Valiante ha ricordato anche nell'illustrare la sua interpellanza, è in corso al Senato, nella XIII Commissione, l'esame di una proposta di legge di riforma della legge quadro sui parchi n. 394 del 1991, è quindi, come è stato detto, in quella sede che è in corso una discussione, una valutazione in merito alle questioni poste dal collega. Confermo la volontà del Ministero e del Ministro di addivenire ad una rapida e convergente approvazione del testo in questione che è atteso da molti anni. 
Per quanto riguarda un'eventuale eliminazione del parere preventivo della soprintendenza in materia paesaggistica nelle aree protette, a fronte di un indubbio snellimento della procedura amministrativa che ne deriverebbe, tale iniziativa comporterebbe però, al tempo stesso, una modifica degli assetti organizzativi e delle competenze degli Enti parco a cui dovrebbe conseguire un adeguato rafforzamento delle strutture operative, in quanto, in ogni caso, si dovrebbe assicurare l'istruttoria di verifica della compatibilità degli interventi rispetto alle previsioni paesaggistiche. In altre parole, per dirla meglio, snellire le procedure non significa allentare le tutele e le garanzie di rispetto, ma significa, invece, trasferire al tempo stesso l'istruttoria in merito dalla sovrintendenza all'Ente parco e, quindi, ne deriverebbe la necessità di cambiare l'assetto e la struttura di ciascun Ente parco. Ad ogni modo, una valutazione più accurata di tale questione, oltre che essere inquadrata nel contesto appunto più ampio della proposta di legge citata, non potrebbe prescindere dalla valutazione che al riguardo dovrà essere espressa chiaramente dal Ministero competente, cioè dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. 
In relazione, invece, alla scelta degli organi degli Enti parco, per quel che riguarda la nomina del presidente, si evidenzia che all'articolo 9 della legge n. 394 del 1991 non si prevede il possesso di alcuno specifico requisito e che l'individuazione del soggetto più adatto è condotta ricercando sempre una personalità che assicuri l'adeguata rappresentanza dell'ente, tenuto conto della rilevanza nazionale di quest'ultimo. Si cerca il raggiungimento dell'intesa sul nominativo con la regione interessata, al fine di rafforzare la sinergia tra istituzioni centrali e regionali. 
Infine, relativamente alla nomina dei consigli direttivi, si rappresenta che le designazioni che provengono da parte dei soggetti individuati dalla norma tengono conto a livello più generale di una competenza in materia di biodiversità anche attraverso esperienze di gestione del territorio.

Replica

Grazie Presidente, mi reputo parzialmente soddisfatto. Ringrazio il sottosegretario Velo che è il riferimento costante anche nell'attività della Commissione da parte del Ministero. Conosco, quindi, la sua attenzione e la sensibilità alle questioni poste, soprattutto dai colleghi parlamentari. È evidente che manca, secondo noi, un impegno successivo perché l'attenzione del Ministro ci sembra piuttosto vaga. Per quanto riguarda la questione, sottosegretario, della nomina del presidente, credo che ci siano delle imperfezioni anche rispetto ai requisiti già previsti dall'articolo 9, che non sono del tutto vaghi, ma soprattutto, come lei ha ricordato, proprio perché parliamo di una legge del 1991, che adesso è in fase di revisione pure al Senato. Dopo il 1991, sono accadute tutta una serie di cose dal punto di vista normativo e giurisprudenziale: dal decreto del Presidente della Repubblica recente del 2013 a una serie di orientamenti giurisprudenziali consolidati negli anni, a cominciare dal Consiglio di Stato. Far pensare che l'articolo 9 sia qualcosa di generico, che rimane lì e tutto quello che è successo nei successivi venticinque anni dal punto di vista normativo e giurisprudenziale sia una cosa di corredo istituzionale, francamente credo sia un'interpretazione abbastanza surreale da parte del Ministero rispetto alla quale è evidente che ci saranno anche coinvolgimenti eventuali, successivi e necessari in base anche alle valutazioni che il Ministero intenderà fare e alle scelte che il Ministero intenderà fare. 
Invece, mi sembra, da questo punto di vista, almeno dal punto di vista della volontà espressa dal sottosegretario e dai propositi, che la scelta, come ci è stato detto, comunque ricadrà su persone che abbiano una sfera di competenza ben precisa. Ovviamente, auspichiamo che questa seconda risposta di apertura e di disponibilità sia, però, Presidente, anche conciliante con il richiamo normativo, assolutamente dal nostro punto di vista sbagliato e non rispondente invece a quello che è accaduto appunto nella normativa e nella giurisprudenza del nostro Paese su questo aspetto. 
Per quanto riguarda, invece, l'aspetto della procedura amministrativa e di quello che chiediamo, cioè la possibilità di una semplificazione amministrativa, la questione specifica è sicuramente un problema organizzativo, come diceva il sottosegretario, nel senso che le strutture tecniche dei parchi dovrebbero essere responsabilizzate. Ma lo sono già di fatto. Infatti, noi, in questa vicenda specifica, signor sottosegretario, parliamo della duplicazione di un parere, cioè del fatto che su una stessa materia paesaggistica si esprime, sia il parco, che la sovrintendenza. 
Quindi l'attività degli organi degli enti parco è già commisurata rispetto ad un impegno specifico nel senso che c’è già un'attività su questo aspetto degli enti parco. Il problema è che c’è una duplicazione di pareri che determina disservizi, spesso veramente notevoli, nei confronti dei cittadini perché sulla stessa materia abbiamo due organi che svolgono la stessa funzione e che spesso si pronunciano in maniera difforme. Quindi troviamo questi nostri concittadini che sono costretti a rincorrere il parere degli enti, benché essi svolgano la stessa funzione. Quindi è una materia molto specifica che riguarda – ripeto – una duplicazione e non una nuova responsabilità degli enti parco e quindi sarebbe a nostro avviso norma di civiltà se nella fase di revisione della legge n. 394, che d'altronde già pone tale questione all'attenzione perché è stata sollevata anche dalla Commissione competente della Camera, la Commissione ambiente, nei suoi vertici istituzionali e quindi in questo momento anche i colleghi del Senato hanno una volontà e un orientamento chiaro da parte dei colleghi della Commissione ambiente della Camera che va in questa direzione. Credo che questa sia una questione nodale. 
Il parere purtroppo, signor sottosegretario – sono due anni che alcuni di noi stanno cercando di battersi su questo vicenda – purtroppo il parere del Ministero dei beni e delle attività culturali lo conosciamo già su questa vicenda. Dovremmo tuttavia fare uno sforzo in più che è lo sforzo che dovrebbe fare la politica quando mette un po’ di coraggio nelle scelte. Se noi ci muoviamo soltanto sui pareri dei tecnici e l'Italia è un Paese, come lei sa e me lo insegna, dove il potere della firma è la suggestione più grande della quale nessuno vuole liberarsi. Se, invece, facciamo un atto che ha una valenza privata forte in una fase nella quale noi stiamo discutendo anche con un apposito disegno di legge di riforma della pubblica amministrazione e di snellimento delle procedure è chiaro che questa è una scelta politica, non è una scelta che compete a funzionari o tecnici dei ministeri. È una scelta che, come dicevamo nella interpellanza urgente, non alleggerisce di un millimetro il tema della tutela dei territori. I parchi nazionali sono nati grazie alla volontà delle popolazioni che si sono battute per anni per difendere i loro territori. Sono state preservate, grazie all'opera degli uomini e delle donne, che vivono in quei territori e quindi credo che sia giusto che, dopo 25 anni e in una fase di revisione della normativa, questa responsabilità e questa capacità negli anni venga loro riconosciuta, dando anche quel margine di autonomia che non è certamente allontanarsi da altre istituzioni ma rappresenta soltanto la possibilità di dare a questi cittadini un'opportunità di avere risposte in tempi brevi e in maniera molto più chiara rispetto a quello che è accaduto negli anni. Poi sulla capacità anche di tutela in quei territori di altri enti come le sovrintendenze, magari dovremmo discutere e fare un dibattito negli anni perché poi spesso abbiamo visto e vediamo che accadono delle cose anche da questo punto di vista abbastanza surreali con evidenti disparità di trattamento. Quindi credo che da questo punto di vista serve uno sforzo in più da parte del Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, sapendo che ci saranno quelle resistenze nei beni culturali che non sono le resistenze del Ministro e della politica ma di settori dell'amministrazione dove, come dicevo, la suggestione del potere di firma è più forte della possibilità di venire incontro alle esigenze dei cittadini.