10/06/2016
Francesco Ribaudo
Culotta, Minnucci, Zappulla, Piccione, Preziosi, Verini, Rampi, Rocchi, Iacono,Bruno Bossio, Lattuca, Tino Iannuzzi, Lauricella, Currò, Malpezzi, Paola Boldrini, Patrizia Maestri,Petrini, Rotta, Giovanna Sanna, Rubinato, Sanga, Scuvera, Marchi, Sbrollini, Fragomeli, Ventricelli,Albanella, Raciti, Barbanti, Burtone, Moscatt, Censore
2-01386

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che: 

il decreto ministeriale 20 aprile 2001, n.  66 «Procedure di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili», all'articolo 2, ha previsto la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa in favore di circa 970 lavoratori socialmente utili negli istituti scolastici come individuati nel decreto n.  81 del 2000 e, all'articolo 4, ne fissa il percorso di stabilizzazione entro cinque anni, in prosieguo agli impegni di legge sulla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili di cui alla legge 23 dicembre 2000, n.  388 (finanziaria 2001); 
dal 10 luglio 2001 quindi questi lavoratori socialmente utili sono diventati collaboratori coordinati continuativi per decreto del Ministro della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca adottato di concerto con il Ministro del bilancio e della programmazione economica e il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, Il decreto ha visto una proroga nel novembre 2006 e negli anni successivi si è avuta la proroga dei contratti anno per anno con apposita voce di bilancio in finanziaria; 
ad oggi i suddetti lavoratori assicurano il funzionamento delle segreterie didattiche ricoprendo posti vacanti nell'organico delle scuole, per altro appositamente accantonati con le modalità previste dallo decreto istitutivo del 2001. Inoltre i compensi da dieci anni non sono mai cambiati, né sono stati adeguati; 
numerose sentenze pronunciate dai tribunali del lavoro di diverse regioni d'Italia hanno riconosciuto il diritto ai lavoratori con contratto di lavoro parasubordinato alla trasformazione in contratto di lavoro dipendente, nonché le differenze di retribuzioni e di relativa posizione assicurativa nel regime «obg»; 
la Corte di giustizia europea si è pronunziata con sentenza del 26 novembre 2014 contro l'abuso da parte del Governo italiano nella reiterazione dei contratti a termine oltre i 36 mesi, in violazione della direttiva comunitaria 1999/70/Ce, ritenendo sostanzialmente arbitrario e vessatorio il comportamento dell'amministrazione pubblica italiana nei confronti del personale da anni in attesa di stabilizzazione, mentre in Italia è in pendenza la questione di legittimità costituzionale dell'abuso dei contratti a termine del personale della scuola; 
molti dei suddetti lavoratori hanno adito le vie legali per il riconoscimento dello status di lavoratori dipendenti, nonché alla relativa stabilizzazione nei posti vacanti di organico. In caso di condanna per questo Ministero il costo per l'erario sarebbe molto oneroso; 
il Jobs Act (decreto legislativo n.  81 del 2015) ha previsto che a partire dal 1o gennaio 2016 non ci sarà più spazio per i contratti a progetto aboliti dal nostro ordinamento già dal giugno del 2015 e comunque, alla naturale scadenza non potranno essere prorogati o riproposti; 
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ancora oggi mantiene (a parere degli interpellanti, illegittimamente) tale tipologia contrattuale per i suddetti lavoratori. Le relative mansioni, la natura e le modalità di esecuzione dell'attività lavorativa non lasciano dubbi che si tratti di lavoro dipendente subordinato; 
i suddetti contratti scadono il prossimo 31 dicembre 2016 –: 
quali siano gli intendimenti del Governo sulla questione del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ata) con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co); 
se non sia il caso di assumere iniziative per trasformare tali contratti in rapporti di lavoro dipendente, avviando altresì il processo di immissione nei ruoli degli organici delle scuole, prima dell'applicazione della suddetta sentenza che aggraverebbe l'onere per la stessa pubblica amministrazione. 
 

Seduta del 10 giugno 2016

Illustra e replica Francesco Ribaudo, risponde Gabriele Toccafondi , Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca 

Illustrazione

Grazie, Presidente. Sottosegretario, la voglio illustrare perché è necessario, per chi ci ascolta, ancora una volta porre l'accento su questa particolare categoria di lavoratori, perché spesso si parla di lavori socialmente utili e di lavoratori socialmente utili, ma in realtà questi sono una categoria particolare. È necessario fare un breve cenno storico per spiegare da dove provengono: sono lavoratori che erano stati allora impegnati in progetti di lavoro socialmente utile, ai sensi della «legge De Vito» del 1988. Sono lavoratori che, dopo una decina d'anni di lavoro socialmente utile, vengono impegnati in progetti di lavoro socialmente utile negli enti locali, quindi nelle province regionali e in questo caso nelle province di tutta Italia. Poi, con l'entrata in vigore della legge n. 124 del 1999, che prevedeva il trasferimento di tutto il personale ATA che lavorava alle dipendenza delle scuole a qualsiasi titolo anche negli enti locali, i collaboratori scolastici, i bidelli e tutto gli altri dovevano essere trasferite al MIUR. Così la sorte di questi lavoratori cambia e da lavoratori socialmente utili utilizzati dagli enti locali vengono a diventare lavoratori socialmente utili utilizzati dalle scuole. Cosa fanno nelle scuole ? Nelle scuole svolgono – e parliamo di questa categoria di personale ATA, cioè personale che assiste la segreteria della scuola – una funzione e compiti importanti; sono impegnati in un lavoro che si svolge al fianco degli altri lavoratori di ruolo e che svolgono in maniera esemplare. 
Nel 2001 questi lavoratori vengono contrattualizzati con contratti co.co.co., cioè contratti di collaborazione coordinata e continuativa e parasubordinati. Che significa questo ? Che questi lavoratori dovevano svolgere una funzione e, in qualche modo, un'attività lavorativa. Infatti, attività parasubordinata significa un po’ come i lavoratori autonomi più che come i lavoratori dipendenti. Ebbene, questi lavoratori hanno invece svolto una funzione, un lavoro e una competenza che è di lavoro dipendente, con un profilo di lavoro dipendente, perché hanno osservato l'orario di lavoro come gli altri lavoratori che sono di ruolo nella scuole e nelle segreterie, perché hanno osservato il rapporto gerarchico con i dirigenti, perché si sono attenuti alle direttive della scuola, perché, come adesso finalmente individua anche una norma dello stesso Job Acts, si individua il luogo dove lavorano. Ogni giorno questi lavoratori si alzano, come tutti i lavoratori dipendenti, e si recano in un posto fisso, cioè il luogo di lavoro, che è il luogo dove lavorano anche gli altri colleghi. 
Parliamo di questi lavoratori che dal 2001 ad ora, cioè da 16 anni, svolgono questa funzione nelle segreterie delle scuole. Quando si fece il contratto nel 2001, contratto co.co.co., si disse che entro cinque anni questi lavoratori si sarebbero dovuti stabilizzare e per poterli stabilizzare dobbiamo accantonare dei posti che mano a mano si renderanno liberi nelle scuole. Quindi, l'accantonamento dei posti serve poi a stabilizzare questi lavoratori. E così è avvenuto fino al 2013-2014. Quindi, noi fino al 31 dicembre 2014 avevamo tutti i posti disponibili per potere anche stabilizzare perché erano stati accantonati e questo accantonamento non era un fatto solo di riserva; questa accantonamento consentiva ogni anno al MIUR di coprire lo stanziamento di spesa per questi lavoratori. Quindi, erano posti vuoti, che avevano una dotazione di spesa, e questi lavoratori erano impegnati lì. Dunque, capite la differenza sottile che c’è fra questo tipo di precariato, fra questo numero limitato di precari, dato che parliamo di circa 900 precari, e gli altri precari. Questi sono precari particolari, perché hanno un posto accantonato, svolgono una funzione di istituto nelle scuole e viene rinnovato loro il contratto anno per anno – dal 2006 e dopo, decorsi cinque anni, dal 2006 anno per anno – e ogni anno secondo l'anno solare e non secondo l'anno scolastico, chiaramente per ragioni di finanziamento di spese.
Quindi, ci troviamo dopo 16 anni ad avere questi lavoratori... o, meglio, lo Stato si trova ! Io dico che lo Stato si trova, dopo 16 anni, ad avere questi lavoratori, che per 16 anni hanno avuto un rapporto di lavoro che, a mio avviso, è illegittimo, perché quello è un rapporto di lavoro dipendente e non un rapporto di lavoro coordinato e continuativo e adesso, finalmente, si pone il problema e si pone seriamente. Ma lo ha posto questo Parlamento, innanzitutto, perché ha approvato il Job Acts, perché ha detto «basta con i contratti di lavoro, con dati camuffati del lavoro autonomo quando, invece, si tratta di lavoro dipendente». Abbiamo detto «basta» e abbiamo fatto bene ed è coerenza e linearità perché sappiamo che cosa significa co.co.co., un rapporto co.co.co. e le prerogative di un rapporto di lavoro dipendente rispetto a un rapporto di lavoro autonomo. Abbiamo stabilito anche che da gennaio 2016 non dovevano esistere più. Poi, si è perso tempo nell'applicazione, ma già a febbraio 2016 finalmente con una circolare del Ministero del lavoro si dice che a partire da gennaio 2017 neanche le pubbliche amministrazioni possono mantenere rapporti di lavoro coordinato e continuativo. 
Quindi, a questo punto il problema è tutto, come dire, nelle mani del Governo. Cosa fa il Governo di questi lavoratori ? Abbiamo i posti liberi in pianta organica, la spesa in qualche modo consolidata, storica, accantonata. Forse non abbiamo tutti i posti, perché è stato fatto un errore qualche anno fa, laddove sono stati tagliati 2 mila posti. È stato fatto un errore laddove con la legge n. 107 del 2015, cioè con la famosa riforma dell'autonomia scolastica, e guarda caso non abbiamo considerato questo pezzo che riguarda il personale ATA e, quindi, l'organizzazione. Come si può pensare ad un'autonomia scolastica piena senza avere delle strutture burocratiche che ti assistono e che funzionano ? Si è fatta una cosa importante: l'assunzione di 150 mila lavoratori, ma 150 mila lavoratori in più nell'organico scolastico comportano sicuramente un impegno gestionale, un impegno amministrativo, un impegno di struttura e di supporto in più. Abbiamo tagliato 2 mila posti – 2 mila posti ! – di personale ATA. So – è notizia di ieri – che c’è stato un confronto sindacale e so che il Ministero sta rivedendo questa posizione e quindi recuperare questi posti diventa anche importante al fine di arrivare poi ad una stabilizzazione di quel personale precario che abbiamo in questo modo. 
Ma io dico una cosa in più e poi mi fermo, attendendo la risposta del Ministro (ma ho tante altre cose da dire). Questa stabilizzazione o questa immissione in ruolo di questi dipendenti non è qualcosa che dovrà essere fatta perché, come dire, li attenzioniamo particolarmente perché questa categoria è più bella. Ce lo dice la legge e, laddove noi non volessimo applicare la legge, ce lo dice la magistratura, nel senso che abbiamo già sentenze della Corte europea, già sentenze di TAR siciliani, sentenze di giudici del lavoro di tutte le regioni italiane e, nel caso specifico, abbiamo un'aggravante in più, perché abbiamo detto, in questo Parlamento, che questi contratti per legge non sono validi. Quindi, siamo costretti a farlo, ma io credo che sia giusto e sia un riconoscimento del diritto farlo e farlo anche subito.

Risposta del governo

Grazie, Presidente. Come è noto, l'utilizzo presso le istituzioni scolastiche di lavoratori socialmente utili in luogo degli assistenti amministrativi avviene per effetto, come è stato ricordato, di quanto disposto dalla legge n. 124 del 1999 e, in particolare, dall'articolo 8, che ha previsto il trasferimento del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario ATA degli enti locali alle dipendenze dello Stato. 
Giova ricordare che, alla data del 25 maggio 1999, data di entrata in vigore della citata legge, gli enti locali davano attuazione ai compiti propri del personale scolastico ATA in parte mediante personale dipendente e in parte mediante i contratti di servizio con soggetti privati o con personale impegnato in progetti di lavoro socialmente utile. A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 124, con decreto ministeriale n. 184 del 23 luglio 1999, lo Stato è subentrato nei contratti stipulati dagli enti locali assumendo il personale dipendente dagli enti stessi. Alcuni comuni assicuravano i servizi tipici degli assistenti amministrativi non con personale dipendente bensì con soggetti impegnati in progetti di lavoro socialmente utile. A questi ultimi lo Stato, con decreto interministeriale n. 66 del 2001, ha offerto contratti di collaborazione coordinata e continuativa, poi prorogati ininterrottamente sino ad oggi grazie allo stanziamento di appositi finanziamenti. 
Posto ciò, in merito alla questione rappresentata dall'onorevole interpellante circa la stabilizzazione dei soggetti titolari di contratti co.co.co. con le scuole, si evidenzia che l'eventuale assunzione nei ruoli del personale statale rientra nel discorso più generale della stabilizzazione dei soggetti che, sebbene non siano dipendenti da enti pubblici, da anni svolgono comunque servizio presso le amministrazioni dello Stato e le amministrazioni locali. Al riguardo sarà quindi cura ed è quindi cura del Ministero rappresentare la situazione in cui versano i soggetti titolari di co.co.co. presso le istituzioni scolastiche agli altri Ministeri interessati competenti, in particolare al Ministero dalla funzione pubblica e al Ministero del lavoro. Ciò detto si assicura sin d'ora la volontà di intervenire sul trattamento economico dei co.co.co. ad oggi bloccato all'importo lordo in essere alla data del 1999. Anzi, negli anni passati si è verificata per vari motivi una riduzione dell'importo netto corrisposto. A questo proposito il Ministero sta effettuando approfondimenti volti a definire il miglior modo di procedere al fine di poter riconoscere un adeguamento del compenso stesso.

Replica

Grazie Presidente, grazie sottosegretario. Colgo solo un elemento che il Governo sta valutando della questione precari. Evidentemente la questione precari riguarda tutta la pubblica amministrazione. Oggi non solo io ma i quaranta parlamentari sottoscrittori dell'interpellanza urgente hanno posto l'attenzione su questa particolare categoria di lavoratori perché, come ho detto prima, abbiamo sacche di precariato – nel meridione ce ne sono tante – ma la specificità di questo migliaio di lavoratori andava rilevato perché, laddove abbiamo il precariato, non è automatico che abbiamo posti vuoti nelle piante organiche, non è automatico che la pubblica amministrazione possa impegnarli o utilizzarli perché ne è previsto l'organico. In questo caso, invece, Presidente, non solo ci sono posti vuoti ma sono stati accantonati. Lei questo non lo dice nella sua risposta ma con la legge n. 124 e poi col decreto interministeriale n. 66 del 2001 è fissato proprio questo obiettivo: accantoniamo mano mano i posti che si rendendo liberi perché dobbiamo procedere entro i cinque anni perché è giusto che uno Stato preveda poi uno sbocco finale. Tale sbocco finale in questi anni, invece, è stato completamente abbandonato. Ma nel frattempo che cosa è avvenuto mentre durava questa fase di precariato ? È avvenuto che è entrata in vigore la legge n. 107, adesso è entrato in vigore il Jobs Act e con quest'ultimo sono stati previsti i decreti legislativi e il decreto n. 81 che specificamente all'articolo 2 e all'articolo 54 prevede le forme di fuoriuscita. Sottosegretario, questa è una cosa importantissima e delicata che forse non è stata presa in seria considerazione perché in realtà questa importante competenza passa dal Ministero della funzione pubblica al Ministero del lavoro cioè il controllo, la verifica, il potere di seguire questi procedimenti di trasformazione dei contratti passa al Ministero del lavoro tant’è che il Ministero del lavoro, a gennaio, finalmente emana una circolare che in qualche modo è pedissequa rispetto alle stesso decreto n. 81 e cosa dice ? Tu lo devi fare, tu datore di lavoro devi trasformare i contratti – in una prima fase non distinguendo pubblici o privati ma è ovvio che se ci riferiamo, se lo chiediamo ai datori di lavoro privati a maggior ragione figuratevi se non lo dobbiamo fare col pubblico – tu devi trasformare i contratti e dice anche una cosa importante che è stata sottovalutata e che non deve essere tenuta distante da questo ragionamento.
Dice: se tu fai la trasformazione dei contratti prima della scadenza, questa trasformazione dei contratti ti vale come conciliazione cioè a dire io ammetto che la situazione è stata quella che è stata, però concilio, ti trasformo il contratto, ti riconosco un diritto e la conciliazione in qualche modo cancella tutte le pretese precedenti. Questo è importante. Lo sapete perché è importante ? Perché novecento lavoratori, uno per uno, hanno già fatto il ricorso al giudice del lavoro. Voglio vedere quale giudice del lavoro non riconoscerà questa trasformazione di contratto e voglio vedere quanto costerà quando dovremo riconosce a questi lavoratori, dal 2001 a oggi, il rapporto di lavoro dipendente, la differenza contrattuale e tutto quanto. 
E poi, scusatemi, se lo Stato ha detto che non devono esistere più questi contratti e se lo Stato riconosce questo perché non lo dobbiamo fare e perché non lo dobbiamo fare prima ? Perché come al solito dobbiamo aspettare la sentenza del giudice, che ci sia un giudice che verrà a dirci di farlo. Lo sappiamo, ormai questo Parlamento l'ha sperimentato. laddove il Parlamento e il Governo non hanno il coraggio di decidere poi arriva la magistratura che decide per noi, ahimè, decide e fa legge e poi non ci dobbiamo lamentare di questo. In questo caso potremmo incorrere nell'assenza, nella mancanza di un intervento prima della scadenza perché questi contratti adesso hanno una scadenza legata all'anno solare e non all'anno scolastico, quindi durano fino al 31 dicembre. Ma si potrebbero avviare le procedure ora e avviare le procedure non significa stabilizzare. Conosco l'articolo 97 della Costituzione in base al quale l'assunzione va fatta tramite concorso: benissimo, avviamo le procedure. Nella mia proposta di legge già presentata nel 2013 dicevo il MIUR, il Ministero dell'istruzione, con proprio decreto, stabilisce criteri e modalità. Ma lo Stato, il Governo, può stabilire criteri e modalità per situazioni che sono diverse una dall'altra e in questo caso questa categoria presenta una diversità. Persino il Presidente della Repubblica ha fatto questo ragionamento con il personale precario qualche mese fa. Allora qui dobbiamo avere il coraggio di prendere decisioni, di applicare le norme e avere il coraggio di affrontare con lealtà e dignità una questione che ormai si trascina da anni e sarebbe veramente sbagliato subire le sentenze perché il Governo non ha il coraggio di affrontare la questione, magari perché in questa fase ci sono tanti precari ahimè e tutti avrebbero diritto, per carità, e tutti dovremmo tendere a cercare soluzioni. Ma questa situazione è una situazione che ormai ha una scadenza prossima e, diciamo, siamo costretti nel binario di arrivare al 31 dicembre con delle soluzioni. E mi dispiace che qualche giorno fa in quest'Aula il sottosegretario – non lei, la suo collega sottosegretaria D'Onghia – non abbia neanche preso in considerazione l'ordine del giorno che chiedeva semplicemente questo: guardate, avete una scadenza al 31 dicembre, cosa intendete fare ? Impegnatevi a verificare. No, neanche quello. E io mi rendo conto che oggi il problema non è solo del MIUR perché la materia è come ripartita tra i tre Ministeri: il Ministero del lavoro, il Ministero della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione, dove adesso c’è la Madia, e il MIUR ma anche il MEF in qualche modo. Quindi è una questione che riguarda tutto il Governo, una decisione che deve assumere il Governo. Da questo punto di vista immagino che il Governo non vorrà girarsi dall'altra parte, soprattutto i componenti di questo Governo che oggi sono al Governo ma che ieri erano all'opposizione. Mi riferisco alla Ministra Madia, mi riferisco alla sottosegretaria Bellanova che firmavano bellissime interrogazioni e risoluzioni in materia in cui chiedevano la stabilizzazione di questi lavoratori: lo facevano nel 2012, lo facevano nel 2013 con atti parlamentari che sono rinvenibili. Presidente, tramite lei, farò avere al sottosegretario Toccafondi, se possibile, anche le copie delle richieste che quei membri del Governo avanzavano: sono le stesse che sto dicendo stamattina io. Dunque capite bene che c’è un problema anche di coerenza, c’è un problema di credibilità della politica. Infatti, se oggi la politica perde credibilità, è perché le cose che diciamo in un dato momento storico o che diciamo quando ci troviamo da una parte, poi non le facciamo o non le realizziamo quando ci troviamo dall'altra parte. Questo è uno degli elementi: poi la corruzione, lo sappiamo, poi, il cambio di casacche. Ce ne sono tanti, ma la coerenza, secondo me, è un pilastro fondamentale per chi fa politica e la coerenza non si riferisce solo al fatto di andare, di fare, come dire, di stare in un partito, di essere coerentemente allineato al partito. La coerenza si riferisce al fatto che quello che uno propone, le idee che uno ha le metta in campo, le proponga, le proponga al suo elettorato in campagna elettorale e poi debba portarle avanti. Allora, se mentre eravamo all'opposizione ritenevamo che questi lavoratori andavano stabilizzati, perché era giusto, perché era il riconoscimento che era giusto fare per questi lavoratori, adesso un possiamo cambiare casacca e dire: «No», «Forse» o «Ci sono problemi di spesa». Dobbiamo essere lineari. Adesso abbiamo le leve del comando per poterlo fare. 
È un problema serio di credibilità e non possiamo perde la credibilità. Non la perde solo personalmente la Ministra Madia, che lo aveva fatto con un'interrogazione, o gli altri componenti in quanto questi fanno parte del Partito Democratico, la perde anche il Partito Democratico, di cui faccio parte. Quindi, per me è un problema anche di appartenenza politica e di principio politico. Guai a continuare a fare discorsi di maniera e poi non essere concreti. Io mi batterò per questo e mi auguro che in questi giorni – un minuto e concludo, Presidente – il tavolo già avviato con le organizzazioni, ma anche e il tavolo con gli altri Ministeri portino a trovare delle soluzioni. Infatti, in questo caso noi faremmo alcune cose importanti: riconosceremo dignità e diritti a lavoratori che li chiedono da sedici anni, avremo anche la possibilità di affermare un principio di correttezza e di credibilità della politica e delle cose che – ripeto – abbiamo detto, ma raggiungeremo anche un altro obiettivo di interesse dello Stato. Soccombere alle sentenze che arriveranno nei prossimi mesi – io non l'ho detto, ma una è andata già in giudizio e il giudice in questi giorni farà uscire la sentenza –, soccombere 900 sentenze di quel tipo significa mettere in seria discussione anche i conti del MIUR. Quindi, c’è un interesse anche dello Stato. Quindi, diamo dignità e diritti ai lavoratori, ma, nel contempo, cerchiamo di evitare di soccombere a un aggravio di spesa per la pubblica amministrazione.