28/06/2016
Eleonora Cimbro
Damiano, Fassina, Albini, Fossati, Terrosi, Mognato, Zoggia, Bossa, Zappulla,Roberta Agostini, Lattuca, Giorgio Piccolo, Giorgis, Gnecchi, Capodicasa, Murer, Bruno Bossio,Malisani, Patrizia Maestri, Stumpo, Scanu, Cassano, Carella, Marco Meloni, Cuperlo, Beni, Carra,Laforgia, Pollastrini, Casellato, Chaouki, Gianni Farina, Ginoble, Leva, Speranza, Tullo
2-01411

  I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che: 
in una recente lettera indirizzata alla Commissione europea, e nell'intervento tenuto alla Camera dei deputati il 15 giugno 2016, aventi entrambi come tema l'accordo di libero scambio e investimento recentemente negoziato tra Unione europea e Canada (Comprehensive Economic and Trade Agreement – CETA), il Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda ha dichiarato che tale trattato, ancora in attesa di ratifica, rientrerebbe nel regno della competenza esclusiva dell'Unione europea; dicendosi quindi pronto a sostenere la analoga posizione, che verrà ufficializzata all'inizio di luglio, della stessa Commissione; 
secondo tale tesi, tale trattato non sarebbe considerato un accordo internazionale «misto», configurazione che comporterebbe la necessità di sottoporre al processo di successiva ratifica anche i Parlamenti di tutti gli stati membri; in assenza di tale configurazione la sua adozione passerebbe quindi attraverso la procedura legislativa ordinaria, vale a dire con un voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio, con successiva ratifica soltanto del Parlamento europeo; 
il Trattato di Lisbona ha stabilito che la politica commerciale comune sia competenza esclusiva dell'Unione europea in materia di investimenti diretti esteri (articoli 207 e 208 TFUE), a condizione che l'accordo non riguardi competenze nazionali; 
molti Stati membri hanno tuttavia contestato la competenza esclusiva dell'Unione europea, particolarmente per ciò che attiene al profilo delle risoluzioni extra ordinamento giudiziario delle controversie tra investitore e Stato; 
secondo alcuni esperti di diritto europeo tale trattato contiene, peraltro, alcuni passaggi non chiari; 
gli accordi di libero scambio pur rientrando nella competenza esclusiva dell'Unione europea – in quanto espressione della politica commerciale comune – per contro, nel corso dei negoziati finiscono per affrontare materie diverse che investono competenze concorrenti tra Unione europea e Stati membri (come servizi, trasporti, tutela degli investitori, sistemi giudiziali arbitrali, e altro) divenendo pertanto accordi di natura mista; 
in virtù di tale circostanza i presidenti di 21 commissioni parlamentari di Parlamenti nazionali si sono fatti portavoce dell'opportunità di considerare tali accordi (sia TTIP che CETA) una volta conclusi, di natura «mista» e quindi da sottoporre alla ratifica dei Parlamenti nazionali – tesi argomentata con lettera del 25 giugno del 2011 indirizzata al commissario europeo allora competente; 
anche le conclusioni della Conferenza dei presidenti dei parlamenti dell'Unione europea, tenutasi a Roma il 20 e 21 aprile 2015, hanno sottolineato il ruolo dei parlamenti nazionali in particolar modo nell'ambito dei negoziati sui trattati internazionali, in considerazione del loro impatto sulla vita dei cittadini, dei consumatori, dei lavoratori, delle imprese e del particolare interesse dimostrato dalla società civile per i negoziati in corso, in favore di un maggiore accesso alle informazioni per meglio esprimere i propri orientamenti. In tale direzione rileva anche l'intervento della stessa commissaria Malmstrom (1o giugno 2015 alla Cosac di Riga) laddove ha affermato che il ruolo dei parlamenti nazionali diventa ancora più cruciale nella definizione della politica commerciale della Unione europea; 
inoltre, alcuni parlamenti nazionali facenti parte dell'Unione europea (Francia, Lussemburgo, Belgio/Vallonia, Paesi Bassi) hanno recentemente approvato risoluzioni in cui chiedono che il CETA sia ratificato anche a livello nazionale, posizione ribadita dal Presidente del partito socialdemocratico tedesco (Spd) Sigmar Gabriel; 
in base a quanto previsto dall'articolo 218 del Trattato di Lisbona la questione può essere adita davanti alla Corte di giustizia europea da parte del Consiglio, Commissione, Parlamento europeo o da Stati membri ed è verosimile che ciò possa avvenire da parte degli Stati membri. A questo proposito giova ricordare che in occasione del trattato siglato con Singapore nel 2014, di analoghe fattispecie, la Commissione ha sollevato la questione presso la Corte di Lussemburgo, il cui responso è atteso per il prossimo luglio –: 
se non si ritenga utile tener conto delle diverse tesi che stanno animando il dibattito nell'ambito di numerosi Stati dell'Unione, in ragione delle implicazioni politiche ed economiche connesse agli accordi commerciali di libero scambio sui medesimi Paesi, e se non si ritenga di dover chiarire le motivazioni, circostanziate anche sotto il profilo giuridico, che stanno spingendo ad escludere la partecipazione delle Camere al processo di adesione e ratifica di un accordo commerciale europeo dalla portata non irrilevante per gli interessi e le esigenze dei cittadini, dei consumatori e delle imprese; 
se il Governo non ritenga importante, circa le politiche europee relative al commercio internazionale, sostenere la necessità di una procedura trasparente, partecipata e democratica anche per il CETA – analogamente a quanto previsto e appoggiato dallo stesso esecutivo nel caso del TTIP – in favore dell'inclusione e del coinvolgimento attivo dei ventotto Stati membri. 

Seduta del 1 luglio 2016

Illustrazione e replica di Eleonora Cimbro, risposta del governo di Ivan Scalfarotto, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio

Illustrazione

Grazie, Presidente. Intendo presentare l'interpellanza urgente. Peraltro anche il collega Kronbichler he è assolutamente all'ordine del giorno e che riteniamo che debba essere presa seriamente in considerazione da questo Governo. 
Ringrazio il sottosegretario per la presenza oggi, qui, in Aula, e cercherò, anche sulla base della risposta che ho ascoltato prima, di riprendere i punti salienti del tema, così come l'abbiamo descritto nella nostra interpellanza, cercando di comprendere meglio anche il senso della risposta che è stata data, soprattutto su alcuni punti specifici. 
Allora, in una recente lettera indirizzata alla Commissione europea e nell'intervento tenuto alla Camera dei deputati il 15 giugno 2016, aventi entrambi come tema l'Accordo di libero scambio e investimento, recentemente negoziato tra Unione europea e Canada, il così detto CETA, il Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha dichiarato che tale trattato, ancora in attesa di ratifica, rientrerebbe nel regno della competenza esclusiva dell'Unione europea, dicendosi quindi pronto a sostenere l'analoga posizione, che verrà ufficializzata proprio la prossima settimana, il 5 luglio, della stessa Commissione europea. 
Secondo questa tesi, il Trattato non sarebbe considerato un accordo internazionale misto, configurazione che comporterebbe la necessità di sottoporre al processo di successiva ratifica anche i Parlamenti di tutti gli Stati membri, e, in assenza di tale configurazione, la sua adozione passerebbe, quindi, attraverso la procedura legislativa ordinaria, vale a dire con un voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio e con successiva ratifica soltanto del Parlamento europeo. 
Il Trattato di Lisbona ha stabilito che la politica commerciale comune sia competenza esclusiva dell'Unione europea, come ricordava prima il sottosegretario, in materia di investimenti diretti e esteri, a condizione che l'accordo non riguardi competenze nazionali. Molti Stati membri hanno, tuttavia, contestato la competenza esclusiva dell'Unione europea, particolarmente per ciò che attiene al profilo delle risoluzioni, extra ordinamento giudiziario, delle controversie tra investitore e Stato. Secondo alcuni esperti, inoltre, di diritto europeo, tale Trattato contiene, peraltro, alcuni passaggi non chiari. Di fatto, gli accordi di libero scambio, pur rientrando nella competenza esclusiva dell'Unione europea in quanto espressione della politica commerciale comune, per contro, nel corso dei negoziati, finiscono per affrontare materie diverse, che investono competenze concorrenti tra Unione Europea e Stati membri, come appunto servizi, trasporti, tutela degli investitori, sistemi giudiziari arbitrali, ambiente e altro, divenendo pertanto accordi di natura mista. 
In virtù di tale circostanza, i Presidenti di 21 Commissioni parlamentari e di Parlamenti nazionali si sono fatti portavoce dell'opportunità di considerare tali accordi, quindi non solo il CETA, ma anche il TTIP, una volta conclusi, di natura mista, e quindi da sottoporre alla ratifica dei Parlamenti nazionali, tesi argomentata con lettera del 25 giugno del 2011 indirizzata al Commissario europeo allora competente. 
Anche le conclusioni della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell'Unione europea, tenutasi a Roma il 20 e il 21 aprile 2015, hanno sottolineato il ruolo dei Parlamenti nazionali, in particolar modo nell'ambito dei negoziati sui trattati internazionali, in considerazione del loro impatto sulla vita dei cittadini, dei consumatori, dei lavoratori, delle imprese e del particolare interesse dimostrato dalla società civile per i negoziati in corso, in favore di un maggiore accesso alle informazioni per meglio esprimere i propri orientamenti. 
In tale direzione, rileva anche l'intervento della stessa Commissaria Malmström, il 1o giugno 2015, alla COSAC di Riga, là dove ha affermato che il ruolo dei Parlamenti nazionali diventa ancora più cruciale nella definizione della politica commerciale nell'Unione europea. Inoltre, alcuni Parlamenti nazionali facenti parte dell'Unione europea – lo ricordava prima il collega Kronbichler –, ossia Francia, Lussemburgo, Belgio, Vallonia, Paesi Bassi, la stessa Germania, hanno recentemente approvato risoluzioni in cui chiedono che il CETA sia ratificato anche a livello nazionale, posizione ribadita dal presidente il Partito Socialdemocratico tedesco, Sigmar Gabriel. 
In base a quanto previsto dall'articolo 218 del Trattato di Lisbona, la questione può essere portata davanti alla Corte di giustizia europea da parte del Consiglio, Commissione e Parlamento europeo, o da Stati membri, ed è verosimile che ciò possa avvenire da parte degli Stati membri. A questo proposito, signor sottosegretario, giova ricordare che, in occasione del trattato siglato con Singapore nel 2014 di analoga fattispecie, la Commissione ha sollevato la questione presso la Corte di Lussemburgo, il cui responso è atteso per la fine del 2016-inizio 2017. Questo punto, signor Sottosegretario, è fondamentale, perché si pone la questione di comprendere – se la Corte si esprimerà a favore di un accordo misto, e quindi della natura mista dell'accordo con Singapore – che cosa accadrà del CETA se, invece, la ratifica avverrà con una procedura European only, come caldeggiato dal nostro Ministro. Quindi, questo è un tema assolutamente fondamentale: sta a dimostrare il fatto che, per accordi commerciali di questa natura, il dibattito che si è aperto in Europa non è un dibattito che pone una questione di lana caprina, ma è un dibattito che si inserisce all'interno di una procedura che va conosciuta e che va nella direzione, anche, di tenere conto di tutte le implicazioni e gli impatti che ci sono per agli Stati nazionali. 
Per tutte queste premesse, gli interpellanti chiedono: intanto se non si ritenga utile tener conto delle diverse tesi che stanno animando il dibattito nell'ambito di numerosi Stati dell'Unione, in ragione delle implicazioni politiche ed economiche connesse agli accordi commerciali di libero scambio sui medesimi Paesi, e se non si ritenga di dover chiarire le motivazioni, circostanziate anche sotto il profilo giuridico, che stanno spingendo ad escludere la partecipazione delle Camere al processo di adesione e ratifica di un accordo commerciale europeo dalla portata non irrilevante per gli interessi e le esigenze dei cittadini, dei consumatori e delle imprese. Inoltre, se il Governo non ritenga importante, circa le politiche europee relative al commercio internazionale, sostenere la necessità di una procedura trasparente, partecipata e democratica anche per il CETA, analogamente a quanto previsto e appoggiato dallo stesso Esecutivo nel caso appunto del TTIP, in favore dell'inclusione e del coinvolgimento attivo dei 28 Stati membri. 
In sostanza, signor Sottosegretario, noi abbiamo, con questa posizione del Ministro Calenda, buttato il cuore oltre l'ostacolo. Il Governo ha deciso di esprimersi a favore della procedura European only, se la Commissione dovesse sostenere questa posizione ed esprimersi in questo senso nella riunione del Consiglio europeo che ci sarà la prossima settimana, il 5 luglio, ma questa posizione politica – è questa la domanda di fondo – tiene conto in primis delle regole procedurali e, quindi, stiamo tenendo in conto la possibilità che potrebbe esserci un ricorso alla Corte di giustizia per capire, appunto, se anche per il CETA valgono le regole per il TTIP, oppure no ? 

Il tema posto degli altri Stati membri, quindi, non è una questione che non ha impatti importanti sulle decisioni dei singoli Stati nazionali. Esiste, poi, anche una questione più generale e politica, che attiene alla cessione di sovranità dei singoli Stati rispetto all'Unione europea su materie specifiche come quella di accordi commerciali in un mondo globalizzato, che davvero, a prescindere, sia sul CETA che sul TTIP, meriterebbe ulteriori approfondimenti. 
E quindi io credo che qualsiasi decisione verrà presa la prossima settimana, un passaggio parlamentare che prenda in considerazione, nello specifico e nel merito, quanto previsto dall'accordo del CETA, sia assolutamente fondamentale anche per salvaguardare i principi democratici che hanno e che devono ispirare il nostro stare in Europa. 

Risposta del governo

 Grazie, Presidente. L'interpellanza in oggetto espone una serie di preoccupazioni avanzate dai sottoscrittori con riferimento all'Accordo di libero scambio tra Unione europea e Canada, il cosiddetto CETA, con specifico riferimento al coinvolgimento del Parlamento nazionale nella fase negoziale. La questione attiene alla natura mista o meno dell'accordo, con implicazioni in merito alla competenza: se sia esclusiva dell'Unione europea o anche degli Stati membri. 
Il tema riguarda, più in generale, l'interpretazione del Trattato di Lisbona relativamente alla competenza europea sul capitolo Investimenti, sul quale si è in attesa di una sentenza della Corte di giustizia europea, che, come l'onorevole Cimbro ricordava, verrà resa nel mese di luglio. Approfondendo detta tematica, è infatti possibile rilevare che, qualora l'Accordo venisse considerato di natura mista, le decisioni sul CETA dovrebbero essere prese all'unanimità dagli Stati membri e l'Accordo dovrebbe essere ratificato secondo i meccanismi identificati dai rispettivi sistemi costituzionali. 
Le conseguenze pratiche di una tale opzione sono evidenti: in attesa delle ratifiche nazionali, verrebbe decisa un'applicazione provvisoria, che, per l'effetto cumulativo delle sensibilità nazionali, finirebbe con l'essere molto circoscritta. Inoltre, ciascun Parlamento nazionale potrebbe negare da solo la ratifica e il CETA non entrerebbe mai in vigore. 
Proprio per queste ragioni ed in ragione dell'importanza strategica dell'Accordo, il 28 maggio ultimo scorso, il commissario al commercio, Cecilia Malmstrom, e il Presidente Juncker sono stati informati della disponibilità di principio, in pendenza del giudizio della Corte europea, a trattare l'accordo SITA o CETA come un accordo «EU-only», quindi di sola competenza dell'Unione europea e non come un accordo misto e pertanto considerare il processo di approvazione di pertinenza del Consiglio dell'Unione europea e del Parlamento europeo eletto a suffragio universale. Tale posizione risulta supportata e giustificata dalla constatazione che, secondo il Trattato di Lisbona, la politica commerciale è una competenza esclusiva dell'Unione europea. Sul piano degli interessi dell'Italia, non può essere trascurato che il CETA è il primo accordo commerciale raggiunto dall'Unione europea con un partner del G7 e interessa un Paese, il Canada, caratterizzato da innegabili similitudini dal punto di vista culturale, sociale ed economico, che si riflettono sul piano degli scambi commerciali. Si tratta di un trattato che apporterà vantaggi fondamentali in termini di accesso al mercato e anche di accesso agli appalti pubblici per i nostri imprenditori in quel Paese. Soprattutto, poi, per la prima volta, un Paese anglosassone al di fuori dell'Unione europea, riconosce il nostro sistema di indicazioni geografiche. Si tratta di un accordo dove l'eccellenza dei prodotti italiani, quelli in particolare a denominazione di origine DOP, sarà meglio protetta, infatti in uno degli allegati al trattato ci sono elencate 41 indicazioni geografiche italiane che saranno protette. Al contempo, una volta in vigore, l'accordo avrà positive ricadute in termini di crescita e di occupazione. 
Proprio in virtù dei numerosi, positivi risultati negoziali e dei vantaggi che apporterà, le procedure per la firma e l'entrata in vigore dell'Accordo CETA dovrebbero concludersi nel più breve tempo possibile. Vale solo la pena di ricordare che la prospettata linea interpretativa non implica alcuna pretermissione della funzione riservata ai Parlamenti nazionali, che potranno, nel pieno delle relative competenze, intervenire nell'ambito della fase attuativa dell'accordo.

Replica

Grazie, signora Presidente, e grazie, sottosegretario, per la risposta che è stata data a questa interpellanza, che sostanzialmente ha teso a descrivere nel metodo e nel merito quanto si sta facendo a proposito appunto di questo importante accordo commerciale con il Canada. Mi preme peraltro tentare di fare alcuni ragionamenti. Noi abbiamo, prima di tutto, posto una questione di metodo e cioè, a prescindere da quello che è il contenuto dell'accordo commerciale con il Canada, che peraltro questo Parlamento non conosce perché non se n’è discusso, noi rivendichiamo che sia importante, da un punto di vista metodologico, che questa ratifica passi dal Parlamento italiano, come da tutti gli altri Parlamenti, perché è solo in quel contesto che si può conoscere nello specifico il contenuto del Trattato che noi andremo a ratificare.
È vero che esiste un passaggio al Parlamento europeo ed è vero che anche quello è un organismo democratico che ha piena facoltà di decidere nel merito, ma noi riteniamo – così come ritengono tanti altri Parlamenti europei – che quanto contenuto in questo accordo commerciale abbia delle implicazioni anche sui singoli Stati nazionali. Quindi, sul metodo, noi chiediamo che ci sia la possibilità di intervenire prima che ci sia la ratifica. Io ho compreso dall'intervento del sottosegretario che ci sarà la possibilità in un momento successivo di entrare nel merito di questo Trattato – e siamo contenti di poterlo fare e ci mancherebbe appunto che anche questo passaggio venisse negato – però mi preme sottolineare un aspetto: è vero che noi diciamo che questo accordo è importante, ma l'importanza dell'accordo, di per sé, non determina che non ci debba essere un passaggio nei Parlamenti. E il fatto che anche un solo singolo Stato possa bloccare la procedura non può farci dire che allora bisogna andare avanti con la procedura senza il coinvolgimento dei Parlamenti nazionali perché allora lo stesso ragionamento dovrebbe valere anche per la ratifica del TTIP. A quel proposito, invece, abbiamo già chiarito che la procedura è mista, quindi ci sarà il passaggio nei singoli Parlamenti e ci sarà la possibilità in quel caso di bloccare o invece di ratificare il processo. È un rischio che bisogna correre, se vogliamo che questi processi siano realmente democratici. Non so se ho espresso chiaramente il pensiero, ma siamo tutti d'accordo che questo è un accordo importante per l'Unione europea, ma la trasparenza, il coinvolgimento dei singoli Parlamenti, la possibilità di informare i cittadini su quanto stiamo ratificando, la possibilità di un confronto anche con le associazioni di categoria e di tutto un mondo che opera nei settori che avranno anche un impatto importante rispetto a questo accordo è assolutamente fondamentale anche da un punto di vista politico, se noi vogliamo che davvero ci si innamori dell'Unione europea e non si veda l'Unione europea invece come un grande contenitore nel quale si prendono appunto delle decisioni che passano sopra la testa dei cittadini. Quindi io ho voluto anche esprimere una forte preoccupazione, di cui dobbiamo assolutamente tener conto. Guai, come dire, a essere protagonisti, perché l'Italia con il nostro Ministro avrebbe potuto assumere anche una posizione di medietà o comunque avrebbe potuto attendere che qualche altro Stato prendesse l'iniziativa di buttare appunto il cuore oltre l'ostacolo, quindi questa è stata una decisione politica. Io anche rispetto alla decisione politica mi permetto di dire che forse una maggiore cautela avrebbe aiutato il processo democratico decisionale in Italia. Quindi, l'Italia si è resa protagonista di una fuga in avanti rispetto a una decisione che verrà presa la prossima settimana, speriamo davvero che questa posizione non comprometta poi anche tutta una serie di altri processi importanti, che hanno impatti importanti sul nostro territorio nazionale e che riguardano il nostro rapporto con l'Unione europea.