Data: 
Lunedì, 17 Ottobre, 2016
Nome: 
Emiliano Minnucci

 

A.C. 2305-A

Grazie, signor Presidente. Grazie al rappresentante del Governo. Care colleghe e cari colleghi, solo per dare un piccolo cenno a quanto, in questa fase, vi sia attenzione da parte del Parlamento, di questo ramo del Parlamento alla situazione legata alla mobilità sostenibile e, in particolare, alla mobilità alternativa a quella dell'automobile, degli autoveicoli, vorrei citare che, oltre a questo passaggio parlamentare così importante, poc'anzi richiamato dal collega Gandolfi, è in discussione in IX Commissione un provvedimento che non è sovrapponibile, ma è senz'altro complementare rispetto a quello di cui oggi stiamo discutendo. Faccio riferimento al provvedimento relativo alla mobilità dolce, in modo particolare relativo all'utilizzo della rete ferroviaria, delle reti ferroviarie secondarie, quelle in disuso, quelle dismesse, quelle poco frequentate a fini di carattere turistico. Queste due proposte di legge vanno in parallelo e costituiscono – lo diceva poc'anzi il collega Gandolfi – una pietra importante, un punto di svolta nell'approccio che la politica e il Parlamento vogliono dare ad un tema così sentito da milioni e milioni di cittadini, per mettere il nostro Paese al passo con le grandi nazioni, in special modo quelle del centro e del nord Europa, che fanno della mobilità ciclistica, in questo caso specifico, uno strumento utilizzato dalla gran parte dei propri cittadini.
Quindi, questa proposta di legge nascere attraverso un confronto proficuo in Commissione. Il collega Gandolfi ha tessuto una rete importante, ha tenuto insieme, attraverso una  discussione di merito, tutte le forze politiche. Vi è stata – lo ricordava poc'anzi – una unanimità di giudizio da parte di tutti i colleghi. Tutti hanno potuto portare il proprio tassello a questo puzzle, a questo mosaico così ben fatto. Vorrei sottolineare, però, un dato di fondo: non stiamo parlando soltanto di una proposta di legge programmatica in senso lato. Infatti, vedete, spesso veniamo accusati, anche fuori da qui, di dar vita a norme molto belle sotto il profilo tecnico, molto apprezzabili come intenzione di fondo, di dar vita a una sorta di libro dei sogni, cui poi non corrisponde fattivamente, praticamente e concretamente nessuna capacità di incidere nelle politiche vere, reali e nella qualità della vita dei cittadini. Ebbene, in questo caso possiamo affermare con certezza che stiamo parlando d'altro: in questo caso non si tratta soltanto di una normativa d'ordine programmatico, ma è una legge che incide nella carne viva della capacità di programmazione non soltanto del sistema Paese, attraverso quelle ciclo vie che entrano a far parte della rete europea della mobilità ciclistica, già in parti finanziate – come veniva ricordato – nella legge di stabilità per questo anno. Parliamo di 91 milioni di euro già appostati per quattro importanti ciclovie, che vorrei ricordare: la Venezia-Torino, la ciclovia del sole, la ciclovia dell'Acquedotto pugliese e il cosiddetto GRAB, il Grande raccordo anulare delle bici, tema su cui ritornerò fra poco.
  Quindi c’è intanto la scelta di mettere delle risorse reali e poi di mettere in campo un obbligo, in capo a tutti i livelli istituzionali, intanto le regioni e poi gli enti locali, parliamo degli enti di area vasta, città metropolitane e aggregazioni di comuni e ciò che sostituirà le province, ma anche i singoli comuni, affinché ad ogni livello si dia vita, necessariamente nel momento in cui si pianifica lo sviluppo territoriale di una realtà, di un singolo comune, si dia vita, all'interno di quella pianificazione, ad una specifica programmazione per la mobilità ciclistica.
  Ora questo tema è appunto una faccia della medaglia.
  Sul rovescio della medaglia, l'idea di statuire per legge che una quota fissa degli investimenti che lo Stato mette in campo annualmente per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, che una quota fissa, un 2 per cento di questi interventi complessivi vada a finire nello sviluppo della mobilità ciclistica, questo a  beneficio – lo si ricordava – delle famiglie, a beneficio dei singoli cittadini, a beneficio della capacità di muoversi in modo sostenibile all'interno delle nostre città, ma vorrei dire di più: anche a beneficio di un segmento della nostra economia, che è quello del cicloturismo, che in Italia in modo particolare ha delle potenzialità enormi. Dati 2015: parliamo – fonte ENIT – di 3,2 miliardi di euro di prodotto interno lordo generato dalla mobilità ciclistica, parliamo di 2 milioni e mezzo di turisti che hanno scelto il nostro Paese muovendosi attraverso la bici.
Ora è chiaro che il nostro patrimonio ambientale, il nostro patrimonio storico-architettonico può trarre soltanto grande giovamento dal fatto che delle infrastrutture cicloviarie innervino tutta la penisola e fungano, così come furono le autostrade a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, da grandi assi su cui poi innestare le piste ciclabili di carattere secondario, di tipo regionale, di tipo sovracomunale e di tipo comunale.
È una prospettiva, ma se intanto cominciamo a mettere dei paletti, se intanto iniziamo questo processo, ebbene riusciremo, nell'arco di qualche lustro, a produrre risultati importanti, a produrre risultati efficaci.
Vorrei tornare, signor Presidente, per un attimo, sulla questione del GRAB, del Grande Raccordo Anulare della bici, perché io credo che su questi punti non occorra fare demagogia.
Ho sentito, da parte dell'amministrazione capitolina, della nuova amministrazione capitolina, far riferimento alla possibilità, al fine di abbattere i costi – per carità, tutto di guadagnato, è obiettivo ambizioso e corretto – di tracciare la pista ciclabile, di disegnare materialmente le piste ciclabili e quindi la rete, la ciclovia, attraverso un impatto economico minimo, che è quello di disegnare con un pennello una striscia gialla, a protezione dei ciclisti e di coloro che utilizzano questi strumenti.
Ecco, io vorrei dire che bisogna essere molto attenti su questo terreno, come su altri terreni. Attenzione, perché una quota di quei 44 chilometri che costituiscono questo anello magnifico, che è il Grande Raccordo Anulare della bici, che tocca zone straordinariamente belle e importanti della capitale,  che può essere sì un volano enorme anche per l'economia romana, per l'economia capitolina, 6 chilometri di quei 44 passano in strade ad alto traffico, ad intenso traffico. Vado a concludere, Presidente: ecco in particolar modo in quei sei chilometri, ma per tutto l'anello dei 44 chilometri, bisogna essere molto attenti a mettere in sicurezza chi va in bici.
Non è sufficiente tracciare una linea con un po’ di vernice, c’è bisogno che quelle piste, che quella via sia una via protetta, garantita che chi va in bici, in particolar modo chi approccia alla bici con i propri familiari, con i bambini, abbia una condizione di massima sicurezza e che la via ciclabile sia distinta, distinta anche fisicamente, dalla via percorsa dalle automobili.
Ne abbiamo già parlato anche in altre situazioni, proprio qui dentro, proprio con lei Presidente, discutendo di sicurezza stradale.
Credo che con questo progetto di legge – e concludo – stiamo affrontando un tema rilevantissimo, importantissimo, penso che rappresenti un ulteriore passo in avanti nella direzione auspicata da milioni e milioni di italiani e con questo spirito approcciamo al dibattito dei prossimi giorni.