03/02/2017
Maria Amato
Lenzi, Argentin, Beni, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Burtone, Capone, Carnevali, Casati, D'Incecco, Fossati, Gelli, Grassi, Mariano, Miotto, Murer, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Giuditta Pini, Sbrollini, Amoddio, Fabbri
1-01498

La Camera, 
premesso che: 
il citomegalovirus (Cmv) è un virus molto comune e generalmente diffuso della famiglia degli Herpesvirus. Una volta contratta l'infezione, il virus rimane latente all'interno dell'organismo per tutta la vita, ma può riattivarsi in caso di indebolimento del sistema immunitario; 
le infezioni da citomegalovirus, mentre nella maggior parte degli individui si presentano asintomatiche o con sintomi aspecifici quali febbre, mal di gola, affaticamento e ingrossamento dei linfonodi, negli individui immunodepressi possono causare gravi complicanze, in particolare a occhi, fegato, sistema gastrointestinale e sistema nervoso; l'infezione contratta durante la gravidanza e trasmessa al feto può arrecare al bambino danni permanenti, anche gravi, con un maggior rischio di severità della malattia quando la trasmissione avviene nei primi tre mesi; 
il rischio di trasmissione al feto varia fra il 30 e il 40 per cento nella forma primaria e fra lo 0,5 e il 2 per cento nella forma secondaria. L'85-90 per cento dei neonati con infezione congenita è asintomatico. Il 10 per cento circa dei neonati asintomatici presenta sequele tardive, generalmente difetti uditivi di severità variabile, con possibili decorsi fluttuanti o progressivi. Il 10-15 per cento circa dei neonati è invece sintomatico, con sintomi che possono essere temporanei o permanenti fino a forme di invalidità permanente come sordità, cecità, ritardo mentale, dimensioni piccole della testa, deficit di coordinazione dei movimenti, convulsioni o con esito letale; 
la rilevazione di anticorpi IgG contro il citomegalovirus su un campione di sangue indica un contatto con il virus, ma non è in grado di determinare né il periodo del contagio né l'eventuale trasmissione del virus al feto. Il test per rilevare gli anticorpi IgM, utilizzato per accertare le infezioni recenti, ha evidenziato spesso dei falsi positivi e non è quindi affidabile senza l'integrazione con altri tipi di test. Un test utilizzato per risalire al periodo dell'infezione è il test di avidità delle IgG; 
per determinare l'eventuale trasmissione del virus al feto sono necessari esami più invasivi, come l'amniocentesi o l'analisi del sangue fetale. Per individuare in un neonato un'infezione congenita da citomegalovirus durante le prime tre settimane di vita si cerca di evidenziare la presenza del virus nelle urine, nella saliva e nel sangue. In caso di citomegalovirus congenita non è stato ancora identificato nessun tipo di marker prognostico del periodo prenatale per determinare se il neonato sarà sintomatico o se svilupperà esiti; 
non si conoscono trattamenti prenatali efficaci e sicuri per prevenire la trasmissione madre-feto dell'infezione né per ridurre le conseguenze di un'infezione congenita. I farmaci disponibili sono estremamente dannosi per il feto. Alcuni farmaci antivirali possono aiutare a controllare l'infezione negli individui infetti; 
è difficile fare diagnosi retrospettive per cui molte disabilità non sono attribuite al citomegalovirus anche perché il virus può dare conseguenze tardive, avendo sintomi aspecifici, complicando ulteriormente l'inquadramento diagnostico,

impegna il Governo:

1) ad avviare una campagna informativa capillare, anche attraverso i consultori e i medici di medicina generale, per la conoscenza dei rischi di questa infezione e in particolare di quelli connessi alla interazione tra il citomegalovirus, la gravidanza e gli stati di depressione immunitaria anche transitori, sottolineando il ruolo delle comuni regole igieniche personali, in particolare il lavaggio delle mani, e degli ambienti domestici quali misure preventive alla trasmissione; 
2) a promuovere lo studio del citomegalovirus, concorrendo alla ricerca per un vaccino specifico; 
3) a predisporre un censimento nazionale dei casi per arrivare ad una precisa definizione dell'incidenza di infezioni; 
4) a mettere a punto un programma di screening efficace sulle donne in età fertile e in gravidanza al fine di ridurre l'incidenza del citomegalovirus congenito ed i conseguenti costi sociali.

Seduta del 9 febbraio 2017