12/04/2017
Donata Lenzi
Miotto, D'Incecco, Amato, Argentin, Beni, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Burtone, Capone, Carnevali, Casati, Gelli, Grassi, Mariano, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Giuditta Pini, Sbrollini, Cinzia Maria Fontana.
1-01592

  La Camera,
   premesso che:
    per attività libero-professionale intramuraria (Alpi) si intende l'attività che la dirigenza del ruolo sanitario medica e non medica, individualmente o in équipe, esercita fuori dell'orario di lavoro, in favore e su libera scelta dell'assistito pagante, ad integrazione e supporto dell'attività istituzionalmente dovuta. L'Alpi viene esercitata in strutture ambulatoriali interne o esterne all'azienda sanitaria, pubbliche o private non accreditate, con le quali l'azienda stipula apposita convenzione. Sono comprese anche le attività di diagnostica strumentale e di laboratorio, di day hospital, di day surgery e di ricovero, nonché le prestazioni farmaceutiche ad esso collegate, sia nelle strutture ospedaliere che territoriali, con oneri a carico dell'assistito, di assicurazioni o dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 502 del 1992. Si considera Alpi tutti gli effetti, anche oggetto di specifico accordo, l'attività del professionista o dell’équipe svolta, su richiesta dell'azienda/istituto in situazioni eccezionali, ovvero quando sia necessario ridurre le liste di attesa per il rispetto degli standard prefissati dalla regione. L'Alpi è autorizzata a condizione che: non comporti un incremento delle liste di attesa per l'attività istituzionale; non contrasti o pregiudichi i fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale e regionale; non contrasti o pregiudichi gli obiettivi aziendali; non comporti, per ciascun dirigente, un volume di prestazioni o un volume orario superiore, a quello assicurato per i compiti istituzionali. Per l'attività di ricovero la valutazione è riferita anche alla tipologia e complessità delle prestazioni;
    l'articolo 2 del decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto decreto sanità) ha novellato le disposizioni sull'attività professionale intramuraria (Alpi) contenute nella legge n. 120 del 2007, ultimo sostanziale intervento legislativo volto a regolamentare l'Alpi;
    secondo l'ultima relazione sull'esercizio dell'attività libero professionale intramuraria, a norma dell'articolo 1, comma 4, lettera g) della legge 3 agosto 2007, n. 120 presentata alle Camere in data 29 settembre 2016 dal Ministro della salute e riferita ai dati del 2014, tale attività vale un miliardo e 143 milioni di euro e, secondo l'analisi storica dei ricavi complessivi della libera professione intramoenia, si conferma un trend in diminuzione a decorrere dal 2010;
    sempre secondo la relazione, il numero di medici che esercitano l'attività libero professionale intramuraria, è passato da 59.000 unità (2012), pari al 48 per cento del totale dei dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale, a 53.000 unità (2014), pari al 44 per cento circa del totale dei dirigenti medici stessi. In media, nel Servizio sanitario nazionale, il 48,7 per cento dei dirigenti medici, operanti a tempo determinato e a tempo indeterminato con rapporto esclusivo, esercita la libera professione intramuraria e, per Ministero della salute ciò è miglioramento dello stato di attuazione, anche se l'indagine complessiva «ha confermato una disomogeneità attuativa, nelle diverse regioni/province autonome, con contesti sicuramente più avanzati e altri in corso di progressivo adeguamento»;
    dall'analisi condotta dal Ministero della salute emerge che:
     13 regioni (Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle D'Aosta e Veneto) hanno provveduto ad emanare/aggiornare le linee guida regionali, evidenziandosi un miglioramento rispetto ai risultati della rilevazione 2013;
     in 10 regioni/province autonome (Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, provincia autonoma Trento, Puglia, Toscana, Umbria, Valle D'Aosta e Veneto) tutte le aziende presenti hanno dichiarato di aver attivato l'infrastruttura di rete;
     in 5 regioni/province autonome (Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, provincia autonoma Trento e provincia autonoma Bolzano e Valle d'Aosta) tutte le aziende garantiscono ai dirigenti medici spazi idonei e sufficienti per esercitare la libera professione. Nelle restanti regioni, accertata la carenza più o meno marcata di spazi aziendali, è stato necessario ricorrere all'acquisizione di spazi esterni tramite acquisto, locazione e stipula di convenzioni e/o all'attivazione del programma sperimentale per lo svolgimento dell'attività libero-professionale, in via residuale, presso gli studi privati dei professionisti collegati in rete;
     10 regioni (Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, Umbria, Lombardia, Liguria, Piemonte) hanno scelto di autorizzare l'attivazione del programma sperimentale;
    la rilevazione, spiega il Ministero della salute, «evidenzia un'estrema variabilità del fenomeno tra le regioni, sia in termini generali di esercizio dell'attività libero-professionale intramoenia, sia in termini specifici di tipologia di svolgimento della stessa con punte che superano quota 58 per cento in Piemonte, Lazio, Liguria, Valle d'Aosta e Marche, viceversa, toccano valori minimi in regioni come la Sardegna (29 per cento), il Molise (30 per cento) e la provincia autonoma di Bolzano (18 per cento)»;
    in generale, quindi, nessuna regione e provincia autonoma risulta adempiente su tutti i 12 indicatori che sono stati considerati (3 regionali e 9 aziendali). Veneto e Valle d'Aosta si avvicinano all’«en plein» con valori compresi tra il 90 e il 99 per cento, mentre le altre regioni sono sulla fascia performance intermedia, tra il 51 e l'89 per cento. Maglia nera al Molise, con una percentuale di adempienza del 41,7 per cento. Distinguendo tra livello regionale e aziendale, emerge invece come sei regioni (Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Sardegna, Toscana e Veneto) risultano adempienti su tutti gli indicatori regionali. Mentre la sola Valle d'Aosta raggiunge la piena adempienza su tutti i 9 indicatori aziendali;
    sempre in media, con riferimento al 2014, il 76 per cento dei dirigenti medici esercita l'Alpi esclusivamente all'interno degli spazi aziendali, il 15 per cento circa esercita al di fuori della struttura ed il 9 per cento svolge attività libero professionale sia all'interno, che all'esterno delle mura aziendali (ad esempio attività in regime ambulatoriale svolta presso il proprio studio professionale ed attività in regime di ricovero svolta all'interno degli spazi aziendali);
    la quota di medici che esercita la libera professione esclusivamente all'interno degli spazi aziendali è progressivamente cresciuta nell'ultimo triennio (da 59 per cento dell'anno 2012 a 76 per cento dell'anno 2014) e, di contro, la percentuale di intramoenia esercitata «esclusivamente» o «anche» al di fuori delle mura si è ridotta considerevolmente passando dal 40 per cento (somma di «Alpi solo esterno» e «Alpi interno e esterno»), dato relativo all'anno 2012, al 24 per cento nell'anno 2014;
    sempre secondo i dati della relazione, mediamente, il compenso annuo percepito del professionista che eroga prestazioni Alpi è pari a circa 17.500 euro, ma si conferma, anche in questo caso, una forte variabilità tra le regioni. In particolare i guadagni maggiori si registrano in Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Marche e Toscana. Sopra la media nazionale sono, inoltre, gli introiti percepiti dai medici delle provincia autonoma di Trento e delle regioni Piemonte e Lazio; mentre nettamente sotto la media nazionale risultano i guadagni registrati in Calabria, Basilicata, Campania, Sardegna, Puglia, Sicilia e Abruzzo e, oltre che nella provincia autonoma di Bolzano nella quale però, la libera professione non è molto diffusa (la quota dei dirigenti medici che esercitano Alpi pari solo al 18 per cento;
    per ciò che attiene alle liste di attesa, i ricoveri in regime di libera professione sono stati, nel 2014, circa 28.000 a fronte di 8,630 milioni in regime ordinario o di day hospital. Pertanto, in libera professione è stato effettuato lo 0,32 per cento di tutti i ricoveri in strutture pubbliche nel 2014, mentre, sul versante delle attività ambulatoriali, il rapporto tra regime libero-professionale e istituzionale è dell'8 per cento, con circa 60 milioni di prestazioni in regime istituzionale a fronte di 4,8 milioni in libera professione per le 34 tipologie oggetto di monitoraggio e la visita più richiesta in Lpi è quella ginecologica con 592.307 prestazioni;
    i dati illustrati dimostrano come l'attività istituzionale sia ampiamente prevalente su quella libero-professionale, con rapporti molto lontani dai limiti massimi Lpi=100 per cento dei volumi prestazionali istituzionali) indicati dalle leggi e dai contratti;
    non solo, quindi, la Lpi rappresenta per le aziende sanitarie una delle possibilità per acquisire, con il proprio personale, prestazioni aggiuntive a quelle istituzionali, anche in regime di ricovero, intercettando e introitando denaro che altrimenti andrebbe ad alimentare il settore privato e offrendo agli utenti la possibilità di accedere a prestazioni diagnostiche e terapeutiche sicure e di qualità, poiché garantite dal Servizio sanitario nazionale,

impegna il Governo:

1) ad approvare, in tempi brevi e certi, previo parere delle commissioni parlamentari competenti, il nuovo Piano nazionale per il governo dei tempi d'attesa;

2) ad attivarsi, in accordo con le regioni, affinché in ciascuna di esse venga previsto un tavolo di monitoraggio che, con cadenza almeno trimestrale, si occupi del controllo e del monitoraggio del rispetto dei livelli essenziali di assistenza, della riduzione dei tempi di attesa, tale da consentire il rientro del fenomeno nel più breve tempo possibile, della verifica continua della qualità dei servizi e delle prestazioni diagnostiche ambulatoriali erogate, nonché della garanzia di ricoveri appropriati;

3) a verificare l'adeguamento delle regioni che non hanno ancora provveduto ad emanare/aggiornare le linee guida regionali per l'esercizio dell'attività libero-professionale per garantire omogeneità attuative in tutto il territorio nazionale, nonché ad assumere iniziative per prevedere sanzioni nel caso del perdurare del mancato rispetto della normativa vigente;

4) a predispone in tempi brevi e certi i decreti di cui all'articolo 1, commi 526 e 536, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, tenendo conto dell'articolo 1, comma 4, lettera g) della legge 3 agosto 2007 n. 120 «Disposizioni in materia di attività libero professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria» nonché dell'attuazione della determina dell'Anac 28 ottobre 2015, n. 12, Piano nazionale anticorruzione-aggiornamento 2015 (Gazzetta Ufficiale 16 novembre 2015, n. 267);

5) ad assumere iniziative per inserire urgentemente misure volte al raggiungimento completo degli obiettivi già prefissati dalla riforma introdotta dall'articolo 2 del decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto decreto sanità) e tutt'ora largamente disattesi;

6) a predisporre uno studio volto a mettere in evidenza il rapporto tra il numero dei dirigenti che svolgo attività libero-professionali e le liste di attesa in quella specifica azienda e nelle specialità a più alta densità di attività libero-professionali, nonché la correlazione tra l'inerzia organizzativa delle singole regioni nell'attuazione della riforma e la situazione di maggiori criticità nell'allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni istituzionali e libero-professionali.

 

Seduta del 12 aprile 2017