Dichiarazione di voto finale
Data: 
Giovedì, 20 Aprile, 2017
Nome: 
Ettore Rosato

A.C. 1142-A ed abbinate

Signora Presidente, colleghi, lo dico con convinzione, anche un po' sommessamente e senza retorica: questo è veramente un testo di grande valenza sociale, culturale e politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sommessamente, perché parliamo di vita e di morte, di affetti e sofferenze. Probabilmente ognuno di noi, anche qui in Aula, adesso, ha in mente un passaggio doloroso della sua vita. La vita umana è il bene più prezioso che abbiamo, da questa consapevolezza siamo partiti. Nella legge che approviamo, intanto diciamo cosa non c'è. Non c'è l'eutanasia, che legittimamente, anche in quest'Aula, è stata proposta, ma abbiamo detto di no. Non c'è il dottor morte, come qualcuno vuole dire. Non c'è nessun sotterfugio per favorire la somministrazione di sostanze per togliersi la vita. Non c'è nessuno che potrà morire di fame o di sete: nessuno toglierà succhi di frutta o semolini, si tratta di medicine che sono somministrate dopo interventi chirurgici e che i medici seguono attentamente in ambienti delicati. L'oggetto della legge è un altro, esattamente il titolo: norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento, il testamento biologico. L'eutanasia abbrevia la vita, evitare l'accanimento terapeutico vuol dire accettare di non poter impedire la morte.

Si accettano i limiti della condizione umana, è molto diverso. C'è una crescente capacità terapeutica e un successo straordinario delle tecnologie mediche e sanitarie, questo è un fatto molto buono, ma attenzione: come rifiutiamo l'eutanasia, come rifiutiamo le manipolazioni sugli embrioni, così rifiutiamo che la morte venga dilazionata con forme di accanimento. Rispettiamo la vita, è questo che facciamo con questa legge. Nel corso del lungo ed utile dibattito, anche di questi giorni in Aula così come dei mesi che ci sono stati in Commissione, sono stati tanti i colleghi del mio gruppo e non solo che con competenza sono intervenuti nello spiegare nel merito tutti i diversi aspetti, non lo voglio fare anch'io. Li ringrazio tutti, a cominciare dalla relatrice, la collega Lenzi, che con particolare competenza ha seguito questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), ma così anche tutti gli altri colleghi, di tutti i gruppi; ho ascoltato con grande interesse e anche con condivisione l'intervento della collega Giordano. Ringrazio il presidente Marazziti, che ha svolto un grande lavoro, anche partendo dal suo punto di vista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Sì, abbiamo lavorato per trovare soluzioni condivise, siamo stati anche accusati di questo. Questa non è una materia da braccio di ferro, non è una prova muscolare, non c'è il bianco e il nero, non c'è la verità su queste materie. Questa vuole essere una legge mite, di princìpi, di garanzie, una legge che non poteva elencare tutte le fattispecie, ma che doveva consentire a chi opera - le famiglie, i pazienti, i medici, il personale sanitario - di avere uno strumento a tutela. Una legge che rafforza la relazione di cura tra il paziente e il medico, un'alleanza terapeutica, ma l'alleanza si costruisce con l'incontro di due volontà, non solo con un codice. Abbiamo respinto l'idea che basta compilare moduli, che basta fare una buona burocrazia per fare una buona legge, o che il sistema sanitario si basi solo su un concetto di azienda: il tempo per il consenso è tempo di cura, è scritto in questa legge.

Ma l'alleanza è anche fatta di limiti, che valgono anche per il paziente, che non può chiedere al medico comportamenti contrari alla legge e alle buone pratiche clinico-assistenziali. Così come le DAT, il testamento biologico, non sono altro che lo strumento per consentire che la nostra identità di persona venga salvaguardata anche nel caso di un'eventuale futura incapacità di decidere o impossibilità di esprimersi, così come avviene da anni in molti Paesi europei e non solo. Non abbiamo inventato nulla, anzi, avevamo una guida da seguire, una guida precisa, che è l'articolo 32 della Costituzione. Ne leggo il secondo comma: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge. La legge non può in nessun caso non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. A questa guida ci siamo attentamente attenuti.

Parecchi mesi fa sono andato con un collega, il collega Lodolini, a incontrare una persona, un uomo, Max Fanelli: comunicava solo con un occhio grazie a una strumentazione, un computer, che recepiva i segnali dell'occhio, e da questo si poteva ascoltare quello che lui diceva. Accanto a lui c'era sua moglie, una donna straordinaria, che comunicava tutto l'affetto per suo marito, che seguiva in tutti i momenti e in tutte le cose. Lui ha fatto una battaglia su questa legge, una battaglia che per me è stata una grande lezione, e lui ci chiedeva di poter decidere, di poter decidere di fermare il dolore e le macchine che lo tenevano in vita. Erano macchine, che lo tenevano in vita. Quell'amore per la vita che si leggeva dai suoi occhi, che traspariva dalle sue parole, una vita bella e piena, prima della sua malattia, non lo ha abbandonato neanche durante la malattia, neanche nelle sue decisioni difficili. Non l'ha abbandonato neanche nelle decisioni della moglie di stargli accanto rispetto a questa richiesta. Lui è morto prima di questo momento, prima della legge. Io credo che sia giusto consentire che ci sia uno strumento in mano alle persone per decidere del loro futuro, e noi questo stiamo facendo. La morte è sofferenza, lascia dolore, merita rispetto, ancora di più nelle circostanze di cui stiamo parlando: lo meritano i tanti casi di cui anche qui, non sempre in modo proprio, si è parlato. Lo merita Beppino Englaro (Applausi), per esempio, oggi ho letto la sua intervista, lo merita la sua famiglia, il dolore che traspare da quell'intervista anche dopo tanti anni. Anche per questo c'è un dovere della politica di stare attenti su queste cose. Diceva bene la collega prima, raccontando di quei manifesti incredibili che ci sono per strada: ci sono le persone che soffrono perché le vivono queste situazioni. Dobbiamo avere più rispetto nelle cose che trattiamo, anche in questo campo.

Ma volevo leggervi un passo: “In questo caso, il dovere del medico” - scriveva Paolo VI nel 1970 - “è piuttosto di impegnarsi ad alleviare la sofferenza invece di voler prolungare il più a lungo possibile, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi condizione, una vita che non è più pienamente umana e che va naturalmente verso il suo epilogo. L'epilogo naturale della vita”. È questo che noi vogliamo rispettare con questa legge, niente di più, niente di meno.

Dieci anni fa, su il Sole 24 Ore veniva pubblicato un intervento del cardinale Carlo Maria Martini: “Io, Welby e la morte”, nel quale affermava che: “Forse, sarebbe più corretto parlare non di sospensione dei trattamenti e ancor meno di staccare la spina, ma di limitazione dei trattamenti. Risulterebbe così più chiaro che l'assistenza deve continuare, commisurandosi alle effettive esigenze della persona, assicurando, per esempio, la sedazione del dolore e le cure infermieristiche. Proprio in questa linea si muove la medicina palliativa che noi abbiamo sostenuto, che riveste, quindi, una grande importanza. Dal punto di vista giuridico rimane aperta l'esigenza di elaborare una normativa” - scriveva il cardinal Carlo Maria Martini - “che, da una parte, consenta di riconoscere la possibilità del rifiuto informato delle cure in quanto ritenute sproporzionate al paziente, dall'altro, protegga il medico da eventuali accuse, come l'omicidio del consenziente o l'aiuto al suicidio, senza che questo implichi in alcun modo la legalizzazione dell'eutanasia. Un'impresa difficile” - scriveva - “ma non impossibile”. Il cardinal Martini è, poi, deceduto per l'evoluzione terminale del Parkinson, la stessa malattia che ha colpito Giovanni Paolo II: allora non ci fu nessun sondino, niente Peg.

Oggi portiamo a compimento questa impresa, Presidente, un'altra legge importante in questa legislatura straordinaria per i diritti civili; un successo di questo Parlamento, della pazienza anche che la politica richiede per il modo in cui ha lavorato, la dimostrazione concreta di come lavora il legislatore, ascoltando, di cosa sia la democrazia rappresentativa. Un augurio al Senato che, con le fatiche che avranno in quel ramo del Parlamento, possa portare a compimento l'iter di questa legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ci contiamo nonostante le difficoltà. Io credo che questo sia un lavoro che abbiamo fatto insieme e che questo lavoro meriti il premio di un voto largo di questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista - Congratulazioni).