10/05/2017
Ettore Rosato
Tancredi, Dellai, Pisicchio, Marchi, Fanucci, Boccadutri, Paola Bragantini, Cenni, Covello, Dell'Aringa, Cinzia Maria Fontana, Ginato, Giulietti, Guerra, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Pilozzi, Preziosi, Rubinato, Zanetti, Malisani, Locatelli
1-01627

 La Camera,
   premesso che:
    la severità della recessione e gli effetti delle successive tensioni sui debiti sovrani hanno determinato, nel 2011, l'avvio di una riforma della governance economica europea con l'obiettivo di rafforzare la disciplina già prevista nel Patto di stabilità e crescita (PSC) in termini di coordinamento e sorveglianza delle politiche di bilancio e macroeconomiche degli Stati membri: sono stati approvati il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria – noto come Fiscal compact, accordo approvato da 25 Stati membri dell'Unione europea ed entrato in vigore il 1o gennaio 2013 – e alcuni regolamenti e direttive comunitarie, raccolti nel Six pack (2011) e nel Two pack (2013);
    tale riforma, pur fornendo gli strumenti alle autorità europee per disporre di una visione coordinata delle decisioni di bilancio nazionali, soprattutto attraverso l'istituzione del semestre europeo, si è in realtà tradotta in una convulsa produzione normativa, peraltro in una fase ormai molto avanzata della crisi economica: stando alle evidenze empiriche, si attribuisce a questo complesso framework di regole fiscali la responsabilità di aver impresso un carattere prociclico alle politiche di bilancio dei Paesi europei a causa di manovre correttive imposte durante le fasi negative del ciclo, con effetti depressivi su investimenti e crescita;
    la riforma del quadro normativo in tema di gestione delle finanze pubbliche non ha tuttavia giovato alla chiarezza e alla trasparenza delle regole previste a livello europeo, che non risultano organizzate in maniera ordinata, sono eccessivamente tecniche e caratterizzate da discrezionalità politica nelle procedure, tanto da rendere necessaria la nota interpretativa da parte della Commissione europea del gennaio 2015 su alcuni fondamentali aspetti relativi agli spazi di flessibilità di bilancio correlati con lo stato della congiuntura e la posizione comune del novembre 2015, poi adottata dal Consiglio Ecofin a febbraio 2016, che dettaglia i margini di utilizzo delle «clausole di flessibilità» per le riforme strutturali e gli investimenti rilevanti;
    successivamente alle richiamate comunicazioni di chiarimento, la governance economica europea relativa ai vincoli sulla finanza pubblica non è stata innovata, ma è acceso il dibattito sull'urgenza di una nuova riforma, che conduca ad un radicale ripensamento di alcune fra le regole più discusse e opache;
    è emblematico come alla base della richiesta italiana dell'aprile 2016, accordata dalla Commissione europea, di un ulteriore rinvio del raggiungimento dell'equilibrio di bilancio ci sia, fra le varie motivazioni, la sottostima degli effetti di un periodo recessivo di durata e intensità senza precedenti a causa dell'inadeguatezza dei parametri di calcolo della componente ciclica definiti in sede europea; il riferimento è, in particolare, alla metodologia di stima del prodotto potenziale adottata dalla Commissione: una sua sottostima restituisce un output gap che comporta, nel conseguente calcolo dell'indebitamento netto strutturale, deficit più elevati, richiedendo aggiustamenti annuali di bilancio più consistenti;
    già in occasione della Presidenza di turno dell'Unione europea (luglio-dicembre 2014) il Governo italiano aveva sollecitato con forza una svolta nel campo della politiche economiche comunitarie, in favore del superamento dell'austerità e verso lo stimolo alla crescita, attraverso una combinazione di investimenti e riforme strutturali, che ha contribuito a orientare un dibattito in Europa da cui è poi scaturito il piano Juncker per gli investimenti strategici; dal punto di vista tecnico, ad ottobre 2015 l'Italia ha proposto l'istituzione di un'assicurazione europea contro la disoccupazione, meccanismo comune di stabilizzazione automatica per attenuare i cicli economici attualmente in discussione presso la Commissione europea;
    in un clima non facile tra i partner del progetto europeo, il 22 giugno 2015 è stato pubblicato il Rapporto «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa» elaborato dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, in stretta collaborazione con il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il Presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, e il Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, che espone un piano di riforma che si articola in due fasi temporali; la prima, in scadenza il 30 giugno 2017, agisce tramite provvedimenti attuabili nel medio periodo per il rafforzamento dell'unione economica, finanziaria, fiscale e politica, mentre la seconda, prevista prospetticamente fino al 2025, completa tali intenti, attraverso in particolare una serie di standard a livello europeo che ogni Governo dovrà raggiungere – in ambito di mercato del lavoro, competitività, contesto imprenditoriale, pubblica amministrazione e politica tributaria – al fine di rendere più vincolante il processo di convergenza, l'istituzione di sistema di stabilizzatori comuni per reagire agli shock (sulla base proprio della richiamata proposta italiana) a cui potranno accedere i Paesi che avranno fatto le riforme e l'istituzione di una tesoreria europea al fine di migliorare il coordinamento delle decisioni di bilancio nazionali;
    della prima fase temporale, di cui residua poco meno di un bimestre, numerosi obiettivi originariamente fissati non appaiono conseguiti; per quanto concerne l'Unione finanziaria, il suo completamento necessita della costruzione dell'Unione dei mercati dei capitali, al fine di diversificare le fonti di finanziamento dell'economia, ma soprattutto dell'approvazione del cruciale terzo pilastro dell'Unione bancaria, concernente il sistema comune di garanzia dei depositi, che continua a scontare le perplessità di fronte alla prospettiva di mutualizzazione del rischio da parte di alcuni Stati membri;
    il rafforzamento dell'unione economica, fiscale e politica dovrebbe invece prevedere, fra i vari obiettivi contenuti nel Rapporto, una maggiore concentrazione sull'obiettivo dell'occupazione, per cui non sono stati definiti efficaci strumenti comuni, e un miglior coordinamento delle politiche economiche da perseguire attraverso una riorganizzazione del Semestre europeo, che non pare aver subito mutamenti sostanziali; inoltre, in occasione della revisione del Fiscal Compact a cinque anni dalla sua entrata in vigore ai sensi dell'articolo 16 dell'Accordo, è prevista entro la fine del 2017 una decisione a livello nazionale in ordine alla sua introduzione nei trattati, soluzione sostenuta nel Rapporto dei cinque Presidenti, ma che necessita l'unanimità degli Stati firmatari in sede di approvazione;
    al fine di rilanciare il dibattito sulla governance dell'Eurozona dopo la pubblicazione del Rapporto, l'Italia a febbraio 2016 ha pubblicato un documento per «Una strategia europea condivisa per crescita, lavoro e stabilità» che ha suscitato una vasta eco e dalla quale il dibattito europeo è risultato arricchito, con proposte non soltanto in campo economico, ma anche sul tema della gestione comune delle frontiere esterne dell'Unione europea, confluite nel Migration compact;
    nell'ambito delle regole di finanza pubblica, è del 22 marzo 2016 la lettera inviata alla Commissione europea dal Ministro Padoan insieme ad altri otto Ministri dell'economia dell'Unione nella quale viene chiesto un ampliamento dell'orizzonte di previsione per migliorare la metodologia di stima del Pil potenziale, a cui è seguito, nell'aprile del 2016, l'invito della Presidenza di turno olandese del Consiglio dell'unione che, al fine di promuovere un'efficace riforma del quadro di regole fiscali, propone di utilizzare un indicatore alternativo al saldo strutturale, in particolare basato sull'evoluzione della spesa pubblica e dunque osservabile e meno variabile; da ultimo, il Ministro Padoan, insieme ai Ministri dell'economia di Francia, Spagna e Portogallo, lo scorso 3 maggio ha inviato una lettera alla Commissione europea finalizzata a sottolineare la necessità che nelle prossime valutazioni dei bilanci degli Stati membri si tenga conto delle criticità legate alle procedure di stima del deficit strutturale, nonché della bassa crescita nominale, degli effetti della crisi sul mercato del lavoro e dei rischi indotti da attitudini protezionistiche su crescita e occupazione sul breve-medio termine;
    prosegue da parte del Governo italiano il confronto con le Istituzioni europee per quanto concerne gli aspetti di calcolo degli indicatori che definiscono gli sforzi di bilancio richiesti ai fini del raggiungimento dell'OMT, attraverso il sostegno di innovazioni metodologiche che permetterebbero di risolvere alcune criticità econometriche legate alle stime; al riguardo la Commissione europea e l’Output Gap Working Group hanno recentemente messo a punto una metodologia per valutare la plausibilità delle stime dell’output gap ottenute mediante il modello ufficiale che dimostrerebbe come risulti sottostimata, in valore assoluto, l'ampiezza di tale indicatore per l'Italia, richiedendo sforzi di bilancio eccessivi e non commisurati con l'effettiva condizione ciclica dell'economia; questa metodologia alternativa, utilizzata altresì dal Governo Italiano per conferire robustezza alle stime strutturali proposte nel Documento di economia e finanza 2017, costituisce un primo piccolo passo verso un quadro di regole più efficace;
    una rinnovata governance economica europea, che definisce il quadro entro il quale gli Stati membri possono manovrare i propri strumenti di finanza pubblica, deve essere in grado di consentire il miglior bilanciamento tra l'obiettivo delle finanze pubbliche sane e quello del sostegno all'economia reale e alla crescita; a tal fine il Governo Italiano, oltre ad avanzare continue proposte di riforma, ha richiesto con forza all'Unione europea un pieno uso degli strumenti di flessibilità previsti dal quadro di regole vigenti e a fronte di circostanze eccezionali che hanno caratterizzato il contesto degli ultimi anni, fornendo evidenze a supporto del riconoscimento di tali circostanze nella ridefinizione di un credibile percorso di raggiungimento dell'OMT;
    in particolare, nel 2015 sono state attivate clausole per eventi non usuali, correlati con i costi per il fenomeno dei rifugiati, per lo 0,03 per cento del Prodotto interno lordo; nel 2016 sono state pienamente utilizzate le clausole di flessibilità per le riforme strutturali, per lo 0,5 per cento del Prodotto interno lordo e per gli investimenti, per lo 0,25 per cento del Prodotto interno lordo, nonché, per quanto concerne gli eventi non usuali, per lo 0,05 per cento del Prodotto interno lordo per i costi legati ai rifugiati e per lo 0,06 per cento del Prodotto interno lordo per quelli della sicurezza; infine, nel 2017, la flessibilità ammonterebbe, unicamente per eventi non usuali, allo 0,014 per cento del Prodotto interno lordo per i costi dei rifugiati e allo 0,18 per cento del Prodotto interno lordo per quelli dei recenti eventi sismici che hanno colpito il centro Italia; tali spazi di flessibilità hanno consentito di fronteggiare tali eventi eccezionali, conferendo altresì un'intonazione anticiclica alla politica di bilancio nazionale a sostegno della ritrovata ripresa economica;
    le priorità per il 2017 si inscrivono in un contesto particolarmente delicato per il futuro dell'Unione europea, caratterizzato da un largo consenso verso movimenti euroscettici in molti Stati membri, che fanno leva, da un lato, sulle perdurante stagnazione economica, finanziaria e occupazionale, e dall'altro, sui timori derivanti dalla pressione migratoria e dalla minaccia terroristica;
    l'orientamento fortemente espansivo della Banca centrale europea – accentuatosi all'inizio del 2016 – ha contribuito a garantire stabilità finanziaria, a scongiurare fenomeni deflattivi e a migliorare le condizioni economiche e la verosimile riduzione degli stimoli monetari nel medio periodo induce a ritenere necessario un maggiore coordinamento delle politiche fiscali, in chiave anticiclica ed espansiva, degli stati dell'Eurozona;
    il futuro dell'Unione europea dipende in prima istanza dalla capacità di offrire risposte convincenti a tale complesso contesto, anche al fine di rinnovare l'adesione valoriale dei cittadini europei al progetto di integrazione politica dell'Unione: la discontinuità politica annunciata dalla nuova Commissione europea a fine 2014, e in parte attuata nel corso degli ultimi due anni, con priorità e strumenti nuovi, maggiormente idonei ad affrontare e risolvere le crisi e a mitigarne gli effetti negativi, deve essere rinforzata attraverso un'azione di riforma del quadro di governance economica sufficientemente ambiziosa,

impegna il Governo:

1) a sostenere in sede europea l'opposizione all'incorporazione del contenuto del Fiscal compact nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea;

2) a promuovere una riforma complessiva della governance economica europea che nel breve periodo avvenga a trattati vigenti, al fine di favorire la tempestiva approvazione degli auspicati cambiamenti nell'ambito del «braccio preventivo» del Patto di stabilità e crescita in senso più orientato allo sviluppo e volto a ridurre le correzioni fiscali richieste per i prossimi anni, liberando spazi di bilancio da impiegare in direzione anticiclica, e nel lungo periodo preveda, in un'ottica più ampia di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati membri, le opportune modifiche ai Trattati sull'Unione europea e sul funzionamento dell'Unione europea;

3) a proseguire il confronto con le istituzioni europee per la revisione delle metodologie di calcolo del prodotto potenziale tale da produrre stime più realistiche dell’output gap, e a sostenere che nella programmazione di bilancio sia conferito un maggior rilievo ad indicatori legati all'evoluzione della spesa pubblica, meno soggetti all'incertezza e alla variabilità delle stime che caratterizza gli indicatori calcolati in termini strutturali;

4) ad adoperarsi in sede europea affinché si affianchi alla politica monetaria espansiva della BCE un maggiore coordinamento delle politiche fiscali degli Stati dell'Eurozona, sostenute in particolare dai Paesi che dispongano di sufficienti spazi di bilancio, e a promuovere con maggior forza l'introduzione di strumenti comuni di stabilizzazione macroeconomica, in particolare volti a far fronte all'aumento del tasso di disoccupazione in caso di shock asimmetrici, nonché di efficaci strumenti di mutualizzazione dei rischi tra i Paesi membri, anche accelerando il processo di completamento dell'Unione bancaria;

5) al fine di perseguire un maggiore controllo democratico e un maggior grado di legittimità e di rafforzamento istituzionale, a promuovere interazioni più sistematiche tra le istituzioni europee, in particolare la Commissione, e i parlamenti nazionali, sia nel corso della fase di programmazione economico-finanziaria annuale sia nella fase di effettiva attuazione della politica di bilancio.
 

Seduta del 10 maggio 2017