18/07/2017
Alessandro Zan
Ginoble, Berretta, Pilozzi, Morassut, Iacono, Rostellato, Orfini, Peluffo, Tino Iannuzzi, Malpezzi, Giachetti, Rubinato, Albanella, Bazoli, Benamati, Crivellari, Culotta, Aiello, Argentin, Bini, Villecco Calipari, Ginefra, Boccadutri, Cuperlo, Chaouki, Bratti, Carella, Manfredi, Tinagli, Marzano, Amato, Petrini
2-01891

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
da oltre un mese, ad avviso degli interpellanti, dai giornali locali, si evince un attacco mediatico contro la casa di reclusione di Padova per tutto quello che rappresenta dal punto di vista dell'esecuzione del trattamento penitenziario in applicazione di quanto previsto dalla Costituzione, dalle leggi, dagli ordinamenti e da regolamenti specifici, oltre a quanto previsto dalle direttive europee; questo attacco è rivolto in particolare modo al precedente direttore Salvatore Pirruccio (promosso dallo stesso dipartimento di amministrazione penitenziaria da poco più di un anno a vice provveditore delle carceri del Triveneto), alle cooperative e alle associazioni operanti all'interno del carcere Due Palazzi di Padova, che affiancano e sostengono le istituzioni nell'applicazione dell'articolo 27 della Costituzione, che considera le pene detentive come uno strumento di rieducazione e riabilitazione dell'individuo nella società, elementi che limitano moltissimo la possibilità di recidiva e che dunque tutelano la sicurezza collettiva;
nello specifico, la Cooperativa Giotto e Ristretti Orizzonti (Associazione Granello di senape), assieme a tutto il tessuto associativo e alla presenza dell'istituzione scolastica, sono considerati come un fiore all'occhiello nell'intero sistema carcerario italiano e internazionale per i percorsi di reinserimento nelle attività lavorative e di cessazione delle azioni criminali dei detenuti, attraverso programmi di apprendimento scolastico, professionale e culturale;
la casa di reclusione di Padova è un modello di qualità ed eccellenza per il lavoro svolto dai detenuti opportunamente affiancati dalle cooperative, che attraverso i loro programmi di qualifica professionale garantiscono un altissimo tasso di reinserimento nella società dopo il periodo detentivo; di particolare rilievo è l'attività svolta da Ristretti Orizzonti, che conta una redazione di decine di detenuti e un progetto con le scuole che vede ogni anno il confronto con circa 8.000 studenti, e permette di conoscere dall'interno la vita, le dinamiche e le criticità che si verificano durante la detenzione, e soprattutto permette alle persone detenute una riflessione sul proprio reato e sui danni arrecati, con particolare attenzione alle vittime, scongiurando e prevenendo la reiterazione dei reati commessi, anche attraverso l'incontro con i familiari delle vittime di crimini;
alcuni organi di stampa locali hanno incriminato il modello rappresentato dalla casa di reclusione di Padova dando risalto all'accusa, in particolare alla Cooperativa Giotto, a Ristretti Orizzonti e ai relativi presidenti, di essere i responsabili del declassamento a detenuti comuni di «dodici» detenuti (alcuni di questi impegnati in percorsi scolastici, lavorativi e di attività culturali educative) reclusi in regime di alta sicurezza, per evitare il loro trasferimento in altre carceri dopo la trasformazione del Due Palazzi da carcere di alta sicurezza a carcere a media sicurezza, avvenuta nel 2015 (anche se in realtà a Padova permane una sezione di alta sicurezza); in particolare, inoltre, in una testata locale il ritrovamento di un cellulare e di droga è stato addebitato a presunte libertà di movimento godute da alcuni detenuti della redazione di Ristretti Orizzonti, citati come «pupilli» della direttrice della rivista; una lettera aperta della stessa, nella quale si faceva chiarezza sulla notizia in modo puntuale, non sarebbe mai stata pubblicata dal quotidiano;
le strumentalizzazioni mediatiche hanno origine, tra l'altro, da una ispezione fatta dal dipartimento di amministrazione penitenziaria nel 2015, che secondo quanto sempre riferito dai quotidiani locali, rilevava una stretta collaborazione tra la Cooperativa Giotto, Ristretti Orizzonti e l'allora direttore, e da un'indagine in corso per falso in atto pubblico che vede coinvolto proprio Pirruccio, su cui Ristretti Orizzonti e la Cooperativa avrebbero esercitato forti pressioni per la declassificazione dei «dodici» detenuti;
il merito e l'azione di altissimo valore di Ristretti Orizzonti sul tema della «declassificazione» sono stati sostanzialmente sottolineati proprio dal direttore della direzione generale detenuti e trattamento del dipartimento di amministrazione penitenziaria Roberto Calogero Piscitello (che ha la competenza per le declassificazioni dei detenuti che si trovano in regime di alta sicurezza) il 5 ottobre 2016 (testo registrato e pubblicato nel numero del novembre 2016 di Ristretti) e il 14 aprile 2017 (testo registrato e in pubblicazione nel prossimo numero di Ristretti) davanti alla stessa redazione di Ristretti Orizzonti;
è necessario rilevare come nessun direttore di carcere abbia la facoltà di declassificare alcun detenuto, facoltà che spetta invece esclusivamente al dipartimento di amministrazione penitenziaria, e che non sia arrivato alcun comunicato da parte del dipartimento stesso per evidenziare questa prerogativa, soprattutto dopo le polemiche sull'indagine che vede coinvolto il direttore Pirruccio e, indirettamente, Ristretti Orizzonti e la Cooperativa Giotto –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e abbia disposto, per quanto di competenza, tutte le verifiche necessarie al riguardo, per evitare che enti, la cui meritoria e ormai ultraventennale azione è sempre stata riconosciuta anche dalle stesse istituzioni di giustizia e penitenziarie, possano essere delegittimati nel loro lavoro.
 

Seduta del 21 luglio 2017

Illustra e replica Alessandro Zan, risponde Gennaro Migliore, Sottosegretario di Stato per la Giustizia

Illustrazione

Grazie, Presidente. L'interpellanza in oggetto riguarda la campagna mediatica e politica che si è sviluppata in questi mesi contro il carcere “Due Palazzi” di Padova, in particolare sia contro la Cooperativa “Giotto”, una realtà quasi trentennale che dà lavoro a centinaia di detenuti in svariati settori professionali, e anche contro l'associazione “Granello di senape”, che, attraverso il lavoro di una redazione, pubblica la rivista Ristretti Orizzonti e gestisce un importante centro di documentazione.

Per comprendere pienamente il valore di queste due realtà all'interno del carcere di Padova, è utile partire da alcuni dati nazionali e confrontarli, poi, con quelli della realtà padovana. Nel 2016, solo un anno fa, in Italia erano detenuti nelle carceri più di 50 mila individui e il tasso di recidiva, ovvero quando i detenuti una volta scontata la pena tornano a commettere ancora reati, era stimato attorno al 68 per cento: una percentuale altissima, che in termini di costi per le casse dello Stato si traduce circa tra i 3 e i 4 miliardi di euro annui. Oggi solo il 30 per cento dei detenuti lavora in carcere e tra questi solo il 5 per cento ha un lavoro che prepara seriamente ed efficacemente alla vita esterna, al ritorno in società dopo il periodo detentivo.

Per questo voglio portare l'esempio del carcere di Padova, considerato un modello in termini di riabilitazione dei detenuti, perché lì sono detenute circa 600 persone, di cui 140 operanti nella Cooperativa “Giotto” con un lavoro stabile. Basta questo dato per comprendere l'altissimo valore sociale di questa cooperativa. Il tasso di recidiva di questi lavoratori è bassissimo ed è compreso tra il 2 e il 3 per cento, contro una media nazionale del 68 per cento. Si stima, inoltre, che ogni punto di recidiva in meno posso far risparmiare allo Stato 40 milioni di euro l'anno. Questo significa che quando i detenuti imparano e praticano un lavoro in carcere, poi, quando usciranno, una volta scontata la pena, difficilmente torneranno a delinquere di nuovo e questo va a vantaggio dell'intera società.

Ristretti Orizzonti , invece, è un progetto che vede coinvolte decine di detenuti, alcuni che partecipano attivamente alla redazione del giornale, interna al carcere di Padova, altri che frequentano i laboratori di scrittura. Non è una semplice testata giornalistica carceraria, ma è una fonte preziosa di informazioni sulla vita dei detenuti in carcere. Senza Ristretti Orizzonti si conoscerebbe molto meno di quel che accade nelle carceri italiane, nelle scuole non si parlerebbe di carcere, oggi 8 mila studenti all'anno non incontrerebbero i detenuti avviando così uno scambio prezioso, non si organizzerebbero percorsi di dialogo tra le vittime, i loro familiari e gli autori di reato: elementi, questi, fondamentali per attivare nei detenuti una riflessione sulla propria condotta e contribuire ad abbattere la recidiva.

Tuttavia, queste attività formative, lavorative e intellettuali importantissime, sia per i detenuti sia per la collettività, nelle ultime settimane sono state attaccate violentemente da organi di stampa locali e nazionali: una campagna diffamatoria ampiamente descritta nel testo dell'interpellanza. Attacchi poi strumentalizzati politicamente anche in questo Parlamento per opposizione alla riforma penale, poco fa votata da questa Camera.

Sono stati descritti decine di articoli, infangando l'azione di cooperativa Giotto e di Ristretti Orizzonti, parole che hanno dato spunto, poi, per associare queste realtà perfino alla criminalità organizzata, poiché tra i detenuti lavoratori vi sono anche individui condannati per reati di tipo associativo, anche se nel pieno di un percorso rieducativo. Pure in questo caso, la drammatica tendenza alla creazione di fake news ha prodotto i suoi danni. Dall'indagine che vede coinvolto l'ex direttore Pirruccio del Due Palazzi, si è cercato di demolire l'operato di queste due realtà, accusate di avere esercitato forti pressioni sul direttore del carcere, per il declassamento di detenuti da alta sicurezza a media sicurezza, tutte falsità, dato che nessun direttore può avere questa prerogativa di declassamento, di esclusiva competenza del DAP, cioè il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.

Dunque, questi attacchi mediatici sono stati un efficiente carburante per alimentare una lotta politica delle opposizioni anche contro l'operato del Governo, in tema di riforma della giustizia e, in particolare, del processo penale. È stato strumentalizzato e attaccato l'unico sistema virtuoso, che in questi decenni ha saputo dimostrare di abbattere veramente la recidiva, contribuendo alla sicurezza collettiva e al risparmio di ingenti risorse statali.

Il Ministero della giustizia ha da sempre riconosciuto il grande valore di queste realtà, per usare le parole del direttore Piscitello dell'ottobre scorso, numero uno della direzione generale del DAP, che dice: ci provano fino allo stremo delle forze, a rieducare i detenuti al valore del lavoro e della legalità.

Tuttavia, in queste settimane non è stato prodotto, anche da parte del Ministero, alcun comunicato né è stata presa alcuna posizione ufficiale, a difesa della cooperativa Giotto e di Ristretti Orizzonti. Silenzio che rischia di svilire ancora di più la loro azione meritoria, già pesantemente vittima di un'insensata gogna mediatica.

Quest'interpellanza intende chiedere la posizione del Ministero su questi fatti e fugare ogni ambiguità istituzionale nei confronti delle cooperative e delle associazioni, che contribuiscono quotidianamente alla rieducazione dei detenuti, alla loro riabilitazione in società e, di conseguenza, alla sicurezza di tutti i cittadini.

Risposta del governo

Grazie, signor Presidente. Con l'interpellanza in discussione, sono stati richiesti chiarimenti sull'opera svolta all'interno dell'istituto penitenziario di Padova da associazioni di volontariato e cooperative sociali, nonché sulla responsabilità della direzione dell'istituto, ipotizzata da alcuni organi di stampa, in ordine alla declassificazione da alta sicurezza a media sicurezza del circuito di appartenenza di alcuni detenuti.

La casa di reclusione di Padova, nell'ambito del piano di rivisitazione dei circuiti penitenziari, è stata destinata dal 2015 alla gestione di detenuti di media sicurezza e il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha, conseguentemente, richiesto alla direzione dell'istituto dettagliate informazioni sui percorsi trattamentali avviati dai detenuti di alta sicurezza, fino a quel momento presenti presso il carcere padovano.

L'articolazione ministeriale ha comunicato che tale richiesta di parere costituisce solo uno dei passaggi procedimentali, in cui si articola l'istruttoria volta all'assunzione del provvedimento di declassificazione, di esclusiva competenza del DAP (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria).

La procedura di declassificazione dei detenuti appartenenti ai circuiti di alta sorveglianza, attivabile d'ufficio o su istanza di parte, procede con l'acquisizione del parere del gruppo di osservazione e trattamento, per quanto attiene al percorso trattamentale, e prosegue con l'acquisizione dei pareri delle competenti direzioni distrettuali antimafia e degli altri organi investigativi interessati, per quanto riguarda l'attività del collegamento del detenuto con l'ambiente criminale di provenienza.

L'amministrazione penitenziaria, infatti, deve procedere alla decisione sulla declassificazione, solo una volta acquisiti tutti gli elementi necessari e utili alla valutazione sull'opportunità o meno della permanenza nel circuito di alta sicurezza della persona detenuta.

Il procedimento, descritto nelle sue linee generali, ha assunto caratteristiche di particolare complessità, per quanto attiene la valutazione dei detenuti presso la casa di reclusione di Padova.

È stato, di fatti, necessario vagliare ben 117 posizioni, dovendosi procedere a rivalutazione, in quanto pareri favorevoli già espressi dalla direzione dell'istituto sono risultati non conformi alle vigenti disposizioni, come emerso dagli esiti della visita ispettiva svolta presso l'istituto penitenziario. Gli accertamenti, che sul punto sono stati avviati, hanno peraltro portato all'apertura di un procedimento penale, attualmente pendente presso la procura della Repubblica, presso il tribunale di Padova.

La declassificazione, disposta dal competente Dipartimento, ha portato alla dismissione di uno dei riparti per detenuti di alta sicurezza, mentre altra sezione è ancora in funzione, in attesa del trasferimento dei detenuti verso altre idonee strutture.

Per quanto concerne le attività trattamentali assicurate presso l'istituto penitenziario, l'offerta è articolata e di alto livello, sia per quanto riguarda l'istruzione scolastica e la formazione professionale, sia per quanto concerne le attività gestite dalle cooperative sociali. Quanto all'offerta didattica, si osserva che i corsi di alfabetizzazione di scuola secondaria e di primo grado coinvolgono attualmente circa 70 persone, mentre il corso di scuola secondaria superiore, gestito dall'Istituto tecnico settore economico, ha circa 50 iscritti.

All'interno della casa di reclusione di Padova è inoltre presente un polo universitario, che garantisce corsi di Giurisprudenza, Scienze politiche, Lettere, Scienze dell'educazione, Ingegneria informatica, Psicologia e Agraria. Al dicembre 2016 risultano iscritti 37 detenuti studenti.

Riguardo alle attività lavorative, sono impiegati alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria 115 detenuti. Un considerevole numero di detenuti lavorano, altresì, presso diverse cooperative sociali, che da anni operano presso l'istituto in questione. La cooperativa Giotto, nel primo semestre del 2017, ha assunto 85 detenuti, impiegati nel call center e nell'assemblaggio delle biciclette. La cooperativa Work Crossing gestisce il laboratorio di pasticceria e, nel medesimo periodo, ha assunto complessivamente 39 detenuti. La cooperativa Altra Città gestisce la lavorazione di legatoria e cartotecnica e ha assunto, nello stesso periodo, 28 detenuti.

All'interno della struttura penitenziaria è attiva, infine, da anni, nell'ambito delle associazioni di volontariato, l'associazione “Granello di senape”, che ha promosso l'attività redazionale del periodico Ristretti Orizzonti e altre attività ad essa connesse, quali uno sportello giuridico, corsi di scrittura e altro.

L'esperienza maturata e le riflessioni, sviluppate nell'ambito degli stati generali dell'esecuzione penale, fanno ritenere che la collaborazione con le istituzioni scolastiche e con il mondo della cooperazione del volontariato appare indispensabile per la realizzazione dei processi trattamentali, funzionali all'effettiva risocializzazione delle persone detenute.

Per quanto attiene specificamente alla casa di reclusione di Padova, l'importanza di tale esperienze appare evidente e, anche alla luce dei risultati della visita ispettiva, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria dovrà adoperarsi, affinché tali attività siano coordinate al meglio.

Replica

Sì, grazie Presidente, mi ritengo soddisfatto e ringrazio molto il Governo e il sottosegretario Migliore per le risposte fornite e penso a una tutela anche istituzionale di queste realtà - nel caso particolare di Padova, ma parliamo di tante cooperative e associazioni che lavorano nelle realtà carcerarie di tutta Italia -, che, se difese e sostenute, possono dare veramente degli ottimi risultati, proprio per quel principio dell'articolo 27 della Costituzione, secondo cui i detenuti devono essere riabilitati e devono essere reintegrati nella società, proprio per una sicurezza della collettività. Laddove i detenuti imparano un lavoro e migliorano il proprio profilo scolastico, questi detenuti, una volta usciti, possono meglio inserirsi nella società e, dunque, rendere forte il principio presente, appunto, nell'articolo 27 della Costituzione.

Per questo motivo, oltre che con un supporto di tipo istituzionale mediatico, è fondamentale sostenere queste realtà in tutto il territorio nazionale, anche in termini economici e finanziari.

Per questo ho presentato un'interrogazione al Governo, firmata peraltro da più di 40 colleghi deputati, per chiedere un rifinanziamento della legge Smuraglia, dopo che in questi anni questa legge ha visto drastici e costanti tagli, e dunque, per invertire la tendenza rispetto a questo, proprio per aumentare in tutto il Paese e in tutte le nostre case di reclusione l'attività di queste cooperative e di queste associazioni che hanno lo scopo di riabilitare e reinserire i detenuti, poi, alla vita sociale.