Esame di questioni pregiudiziali
Data: 
Martedì, 25 Luglio, 2017
Nome: 
Francesco Sanna

A.C. 3225-A/R

Presidente, colleghi, il richiamo che la Corte costituzionale ci fa quando trattiamo di temi previdenziali è alla libertà del legislatore, al rispetto di quanto versato dai lavoratori e alla razionalità delle cose che facciamo e delle decisioni che assumiamo. Quindi, razionalità e ragionevolezza.

Mi permetteranno, i colleghi che hanno voluto drammatizzare la discussione sulle pregiudiziali di costituzionalità, di rispondere col sorriso, che non è sardonico - anche se sono sardo - ma è di richiamo alla realtà delle cose che stiamo discutendo. E stiamo discutendo non di trattamenti previdenziali dei parlamentari, ma di una cosa di molto diversa. Perché non penso che ci sia nessuno di noi che qui dentro, se di trattamento previdenziale tout-court si parlasse, sarebbe disponibile a uscire da quest'Aula a dire: cari concittadini, io sono diverso da voi! Cari concittadini, ve lo dico in faccia: io posso lavorare pochi anni e avere un trattamento previdenziale molto superiore a voi, che per ottenerla lavorate quarant'anni, magari quarantacinque, tra qualche tempo! Nessuno di noi sarebbe disponibile a farlo.

Siamo disponibili a ragionare, dunque a riformare, secondo i tempi che la storia ci chiede, un istituto che all'inizio della Repubblica è stato a protezione dello status parlamentare, perché si potevano far battaglie qui dentro e uscire con il vitalizio a cinquant'anni sapendo che si era protetti dalla possibilità di avere la pagnotta e di vivere dignitosamente, anche se avevi fatto la tua esperienza politica di opposizione dura contro il Governo e contro i potentati economici di allora. Il vitalizio, poi, è diventato strutturalmente un modo per finanziare l'organizzazione della politica. Questi sono argomenti che riguardano la storia, la sociologia, che hanno nulla a che fare col tempo in cui viviamo, in cui nessuno immagina una sua responsabilità istituzionale per trenta, quaranta anni della propria vita, e nessuno immagina una sua vita istituzionale che completamente assorba il dovere di avere un lavoro fuori, una responsabilità economica fuori, una professione fuori dalle aule parlamentari.

E già è cambiato l'istituto di cui stiamo parlando: all'inizio della Repubblica, dopo un certo numero di legislature, si prendeva l'85 per cento di vitalizio in rapporto all'indennità parlamentare; oggi si prende il 60 per cento. Diritti acquisiti? Diritti non rispettati? No, evoluzione dell'istituto, evoluzione di ciò di cui stiamo parlando. E stiamo parlando di una cosa che, a differenza di altri organi costituzionali - questo è un punto della pregiudiziale di costituzionalità - è pienamente rimandato alla responsabilità del legislatore, non dell'Ufficio di Presidenza della Camera, che solo in seconda battuta, nella legge del 1965, ha avuto dei compiti sulla materia. Ma è l'articolo 69 della Costituzione che dà a noi questa responsabilità. Oggi noi abbiamo la responsabilità di riscrivere in maniera adeguata ai tempi la remunerazione differita, il risarcimento di un periodo limitato della vita istituzionale di ciascuno di noi che è diverso dal trattamento pensionistico che egli riceve per la sua attività professionale e lavorativa.

Inviterei a guardare il contenuto della proposta di legge così come ci arriva in Aula. Non è vero che devastiamo i trattamenti di chi oggi non c'è più, perché chi non c'è più ha fatto molte legislature, probabilmente continuerà a prendere, anche se “superstite” di una parlamentare deceduto, delle remunerazioni differite che sono oggi capaci di far vivere con grande dignità chi ha servito lo Stato e il Parlamento.

Abbiamo fatto delle modifiche, nel corso di una discussione molto seria - più seria di quella che abbiamo sentito qui -, che ha portato a rispettare le autonomie regionali, specie le prerogative delle regioni speciali, anche con ulteriori emendamenti nel Comitato dei nove; e abbiamo soprattutto - lo voglio dire in conclusione dell'intervento, rivendicando la specificità di quello di cui stiamo parlando, cioè dell'istituto parlamentare, del trattamento successivo alla cessazione del mandato – evitato qualsiasi possibilità di interpretazione falsa, analogica, di applicazione al sistema previdenziale di chi ha oggi trattamenti retributivi in essere. Non usate più quest'argomento, perché siete solo ridicoli, se lo evocate un'altra volta nel dibattito in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).