01/07/2014
Donata Lenzi
 Pollastrini, Roberta Agostini, Albini, Amato, Argentin, Beni, Biffoni, Paola Bragantini, Burtone,Capone, Carnevali, Casati, D'Incecco, Fossati, Gelli, Grassi, Marzano, Miotto, Murer, Patriarca, Piccione, Sbrollini, Scuvera, Martella, Rosato e De Maria.
3-00912

 Per sapere – premesso che: 

   la Corte costituzionale chiarisce, nella sentenza n. 162 depositata martedì 10 giugno 2014, le ragioni che l'hanno portata nel mese di aprile 2014 a dichiarare incostituzionale il divieto italiano di avere figli effettuando la fecondazione utilizzando ovuli o spermatozoi di una persona esterna alla coppia; 
   il divieto di fecondazione eterologa contenuto nella legge n. 40 del 2004 è discriminante e illegittimo e il potere della Corte costituzionale «di dichiarare l'illegittimità costituzionale delle leggi non può trovare ostacolo nella carenza legislativa che, in ordine a dati rapporti, possa derivarne». Del resto, «nella specie sono identificabili più norme che già disciplinano molti dei profili di più pregnante rilievo, anche perché il legislatore, avendo consapevolezza della legittimità della procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in molti Paesi d'Europa, li ha opportunamente regolamentati, dato che i cittadini italiani potevano (e possono) recarsi in questi ultimi per fare ad essa ricorso, come in effetti è accaduto in un non irrilevante numero di casi»; 
   le ragioni che hanno spinto la Corte costituzionale a schierarsi dalla parte dell'eterologa risiedono nel fatto che la formazione di una famiglia, che include la scelta di avere figli, costituisce un diritto fondamentale della coppia, rispondente ad un interesse pubblico riconosciuto e tutelato dalla Costituzione. Del resto, si ricorda nella sentenza, obiettivo della legge n. 40 del 2004 è favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall'infertilità della coppia e, quindi, il divieto stabilito dall'articolo 4, comma 3, della legge sarebbe discriminatorio ed irragionevole, in quanto tratterebbe in modo opposto coppie con limiti di procreazione, risultando differenziate solo in virtù del tipo di patologia che affligge l'uno o l'altro dei componenti della coppia; 
   sarebbe, inoltre, violato l'articolo 32 della Costituzione perché il divieto in esame lederebbe l'integrità «psichica e fisica» delle coppie con più gravi problemi di sterilità o infertilità e, ricorda la Corte costituzionale, il benessere psichico, al pari di quello fisico, rientra nella nozione di «salute» sancita dall'Organizzazione mondiale della sanità; 
   tuttavia, precisa la Corte costituzionale, «l'accoglimento delle questioni, in coerenza con il petitum formulato dai rimettenti, comporta l'illegittimità del divieto in esame, esclusivamente in riferimento al caso in cui sia stata accertata l'esistenza di una patologia che sia causa irreversibile di sterilità o infertilità assolute»; 
   in relazione al numero delle donazioni, poi, la Corte costituzionale sollecita «un aggiornamento delle linee guida, eventualmente anche alla luce delle discipline stabilite in altri Paesi europei (quali, ad esempio, la Francia e il Regno Unito), ma tenendo conto dell'esigenza di consentirle entro un limite ragionevolmente ridotto» –: 
   alla luce delle motivazioni sopra esposte, quali misure urgenti il Ministro interrogato intenda assumere affinché il diritto alla fecondazione di tipo eterologo, riconosciuto legittimo dalla Corte costituzionale, possa essere concretamente esercitato dalle coppie che ne facciano richiesta. 

Seduta del 2 luglio 2014

Illustrazione di Delia Murer, risposta del governo di Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute, replica di Barbara Pollastrini

Illustrazione

Signor Presidente, vorrei sottolineare un aspetto della sentenza della Consulta che a me pare molto rilevante. La Consulta, se abolisce il divieto di fecondazione eterologa, però, in qualche modo, ridisegna la legge n. 40 del 2004 e, quindi, non prevede alcun tipo di vuoto legislativo, in particolare, nelle relazioni tra i genitori, il donatore o la donatrice e il nato e stabilendo l'impossibilità per il donatore stesso di avanzare diritti sul nato. Inoltre, la Consulta, nelle motivazioni, fa riferimento esplicito alla regolamentazione vigente della PMA, cioè al decreto legislativo n. 191 del 2007 dove si danno le modalità sull'uso dei gameti. Noi con l'interrogazione vogliamo capire come il Ministro dia un'immediata attuazione alla sentenza della Corte, mettendo pienamente in azione sia le strutture sanitarie che i centri che si occupano di procreazione medicalmente assistita.

Risposta del governo

 Signor Presidente, come già dichiarato in risposta all'interrogazione precedente è mia intenzione agire con la maggiore rapidità possibile affinché il percorso della fecondazione eterologa sia effettivamente attivo in Italia. Come Ministro della salute ho però il dovere di garantire che la tecnica di fecondazione eterologa, come anche ricordato dalla Consulta, sia eseguita all'interno di strutture operanti sotto i rigorosi controlli delle autorità, nell'osservanza dei protocolli elaborati dagli organismi specializzati a ciò deputati. A tale proposito, il primo passo necessario per l'attuazione della sentenza è il completamento del recepimento delle normative europee su cellule e tessuti, in particolare di quelle parti relative ai criteri di selezione e di esami di laboratorio richiesti per i donatori di cellule riproduttive. Si tratta di una parte della direttiva non recepita in precedenza, proprio perché disciplinava un'attività vietata in Italia. 
  È necessario introdurre una serie di misure di sicurezza sanitaria alcune delle quali già indicate dalla sentenza n. 162; è innanzitutto necessario stabilire il numero massimo di donazioni consentite a ciascun donatore. Ecco perché dobbiamo dotarci di strumenti per contare tali donazioni a livello nazionale. Preciso, infatti, che, ad oggi, la tracciabilità dei percorsi rimane all'interno di ciascun centro di procreazione medicalmente assistita. 
  Occorre altresì, come già ricordato: affrontare il problema del rischio di donazione di gameti fra consanguinei, cioè evitare che possano esserci involontari concepimenti fra persone strettamente imparentate; disciplinare le modalità di accesso alle informazioni sanitarie relative al donatore, sia per evitare abusi che per non penalizzare i nati da eterologa; garantire che l'import-export avvenga escludendo qualsiasi carattere commerciale; disciplinare il consenso informato di coppia e del donatore; individuare la fascia di età in cui si può donare; disciplinare, poi, il cosiddetto egg sharing, cioè la possibilità, per le donne che si sottopongono a fecondazione assistita, di donare gli ovociti soprannumerari. 
  Avendo già costituito un gruppo di lavoro, entro il 31 luglio sarò in grado di definire con certezza gli strumenti normativi adeguati per i diversi aspetti da disciplinare, che comprendono senz'altro anche l'aggiornamento delle linee guida del 2008. Di conseguenza, intendo rassicurare gli onorevoli interroganti che i tempi di attuazione della sentenza saranno brevi, ma soprattutto saranno al servizio dei nascituri e della sicurezza dei genitori, che credo sia una questione che tutti ci dobbiamo porre, anche come obiettivo.

Replica

Signora Ministra, lei comprenderà, perché ci conosce, se il gruppo del Partito Democratico, su questa materia, sarà esigente e particolarmente vigilante. Noi, dieci anni fa, votammo contro questa legge, e poi la Corte costituzionale ha fatto giustizia di quelle norme cattive. Ma da allora, lei lo sa meglio di me, c’è stato uno sciupio enorme di speranze, tante sofferenze per le coppie portatrici di malattie o colpevoli solo di non essere fertili. Ecco perché noi abbiamo l'esigenza che non si perda tempo. Come spiegano le motivazioni della Corte e come diceva poc'anzi l'onorevole Murer, non c’è alcun vuoto legislativo. Il Governo, come lei stessa ora affermava, ha il dovere di assicurare nell'immediato il diritto alla genitorialità, anche con la donazione di gameti; di garantire – questo è il punto, Ministra – sull'intero territorio nazionale la fecondazione col servizio sanitario nazionale, con una rete pubblica e con i centri privati accreditati. Ma in una rete pubblica ! Le chiediamo, dunque, signora Ministra, che tramite le Commissioni competenti il Parlamento venga coinvolto da subito sul programma e le linee di applicazione della legge, concordato con la Conferenza Stato-regioni e con l'ascolto dei soggetti interessati. 
  Lei parlava di un gruppo di lavoro: al Parlamento, alle Commissioni competenti, interessa moltissimo sapere criteri, modalità e finalità di quel gruppo di lavoro che lei stessa ha proposto. Insomma, la sicurezza – questo ci sta a cuore – non sia un alibi per rinvii e tavoli separati. Noi lo dobbiamo a tante coppie e anche, me lo lasci dire, a livello di civiltà del Paese. Il Parlamento ci sarà, chiediamo al Governo, alla Conferenza Stato-regioni-città, a quel gruppo di lavoro, di unirsi al Parlamento per un traguardo che è nell'interesse di tutti raggiungere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).