14/04/2014
Walter Verini
Leone, Dambruoso, D'Alia, Pisicchio, Ferranti, Amoddio, Bazoli, Biffoni, Campana, Ermini, Giuliani, Greco, Leva, Magorno, Marroni, Marzano, Mattiello, Morani, Moretti, Giuditta Pini, Rossomando, Rostan, Tartaglione, Vazio, Fabbri, Antezza
1-00432

La Camera, 
   premesso che: 
    la promozione e la tutela dei diritti delle vittime da reato dovrebbe costituire oggi un obiettivo prioritario dell'azione politica di tutte le moderne democrazie, andandosi ad inserire nel quadro della tutela dei soggetti più deboli e vulnerabili della società; 
    tra le direttive europee più recenti in materia – volte ad assicurare che le vittime di reati, particolarmente se violenti, ricevano adeguato riconoscimento sociale, sostegno e protezione giuridica – vanno certamente ricordate la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, adottata il 25 ottobre 2012, che ha istituito norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, e la direttiva 2011/99/UE che ha introdotto l'ordine di protezione europeo; 
    l'Italia negli ultimi mesi ha compiuto significativi passi in avanti: da un lato, attraverso l'inserimento nella legge di delegazione europea 2013 della delega al Governo per il recepimento delle direttive sopracitate; dall'altro, muovendosi nella direzione di una più compiuta tutela della vittima nell'ambito della giustizia penale, in particolare con il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, che ha rafforzato gli obblighi di comunicazione e informazione alla vittima e ampliato le sue facoltà di partecipazione al procedimento, dando così una nuova concretezza alla posizione della vittima nel reato nel quadro delle norme in materia di sicurezza e contrasto della violenza di genere; 
    tuttavia, se analizzato nel complesso, il quadro normativo nazionale di tutela della vittima appare ancora frammentario e suscettibile di miglioramento rispetto agli standard fissati in sede europea, soprattutto sotto il profilo di una compiuta tutela del soggetto vulnerabile prima, durante e dopo il processo penale; 
    sotto il profilo della tutela nel processo, occorre innanzitutto rivedere le prerogative processuali della vittima nell'ottica di configurarla quale vera e propria parte processuale, consapevole, informata, conscia dei propri diritti ed in grado di gestirli ed esercitarli, senza necessariamente costringerla a costituirsi parte civile al solo scopo di avere una voce nel processo e fornendole adeguata consulenza legale, anche prima che il procedimento penale sia formalmente iniziato; 
    il decreto-legge n. 93 del 2013 ha, infatti, meritoriamente introdotto nuovi obblighi di informazione della vittima, ma con effetti limitati solo ad alcune tipologie di vittime di reato; appare pertanto necessario estendere tali obblighi di informazione in modo generalizzato; 
    le condizioni e le modalità di ammissione al gratuito patrocinio, poi, costituiscono una premessa importante della partecipazione delle vittime indigenti o vulnerabili, così come essenziale risulta la fornitura degli indispensabili servizi di interpretazione e traduzione necessari a consentire una partecipazione effettiva anche alla vittima alloglotta; 
    altri aspetti significativi, sui quali occorre giungere a forme più avanzate di tutela e protezione delle vittime del reato, riguardano la loro partecipazione al procedimento cautelare e la possibilità di sviluppare meccanismi alternativi alla punizione irrogata nel processo penale, come, ad esempio, la mediazione; 
    un punto molto sensibile e delicato, poi, è quello di un'adeguata formazione psicologica e giuridica del personale di polizia a cui è demandato il primo contatto con la vittima, al fine di fornirle un supporto efficace; 
    occorre, tuttavia, tener presente che la tutela delle vittime del reato deve trovare riconoscimento e sostegno anche a prescindere dall'azione repressiva dell'apparato giudiziario, ossia fuori da una dinamica esclusivamente processuale, attraverso la necessaria predisposizione e copertura economica di quei servizi di sostegno materiale e psicologico alla vittima, in un quadro articolato di prevenzione, protezione ed assistenza delle vittime dei reati; 
    il riconoscimento della sofferenza della vittima richiede, infine, allo Stato di predisporre anche meccanismi di risarcimento, specie in tutti quei casi in cui le vittime non ricevano ristoro dal colpevole del reato, perché, ad esempio, il responsabile è indigente o non è stato individuato; 
    l'articolo 12, comma 2, della direttiva 2004/80/CE del 29 aprile 2004, obbliga gli Stati membri a dotarsi di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime; 
    tuttavia tale articolo non ha trovato attuazione nel decreto legislativo n. 204 del 2007, che ha recepito la direttiva e che si è limitato esclusivamente a prevedere la predisposizione di meccanismi di cooperazione transfrontaliera per assicurare che il risarcimento possa essere richiesto anche da persone residenti all'estero, ma non ha introdotto un generale obbligo di risarcimento per le vittime di reati intenzionali violenti; 
    la mancata attuazione dell'articolo 12 della direttiva europea è stata, peraltro, contestata dalla stessa Commissione europea, la quale ha avviato la procedura d'infrazione 2011/4147 ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, lamentando l'assenza di previsione di meccanismi generali di risarcimento per tutte le vittime di reati intenzionalmente violenti; 
    tale punto, pertanto, appare certamente uno di quelli maggiormente critici e sul quale occorre intervenire con urgenza, essendo le forme di risarcimento attualmente previste solo di carattere settoriale e riferite a limitate categorie di reati violenti,

 

impegna il Governo:

   in attuazione di quanto previsto dall'articolo 12, comma 2, della direttiva 2004/80/CE, a predisporre iniziative normative volte ad assicurare un adeguato indennizzo alle vittime di reati intenzionalmente violenti, in particolare per tutti i casi in cui la vittima non possa ottenere il risarcimento dal soggetto colpevole del reato, contestualmente assumendo iniziative per il coordinamento e la semplificazione delle norme settoriali oggi vigenti; 
   ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, volta a garantire una partecipazione effettiva, consapevole ed informata della vittima del reato in tutte le fasi del procedimento e del processo, anche prevedendo la possibilità per la vittima di partecipare adeguatamente alla fase processuale nei casi in cui non si sia costituita come parte civile, valutando la possibilità di ampliare le ipotesi di assunzione anticipata della sua testimonianza in sede di incidente probatorio e prevedendo la mediazione quale facoltà, e non obbligo, per la vittima; 
   a provvedere al reperimento delle risorse sufficienti ad assicurare la possibilità di accesso al patrocinio a spese dello Stato e alla riduzione degli oneri delle spese processuali a carico delle vittime; 
   anche in vista dell'adozione del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2011/29/UE, ad assicurare la formazione del personale giudiziario e di polizia che entri in contatto con le vittime dei reati, al fine di garantire che i diritti stabiliti dagli articoli 3, 4 e 5 della citata direttiva siano garantiti sia al momento del primo contatto con «un'autorità competente», sia, successivamente, al momento della denuncia; 
   a predisporre quanto prima un piano globale di interventi integrati a favore della vittima, al fine di offrire adeguato supporto materiale e psicologico, nonché consulenza legale alle persone vittime di reato – ed in particolare a quelle fra loro vittime di reati violenti – costituendo un «rete nazionale di sostegno alle vittime» che sia presente in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale.

Seduta del 14 aprile 2014

Illustrazione di David Ermini

 

Seduta del 6 maggio 2014

Dichiarazione di voto di Alfredo Bazoli