04/06/2015
Paolo Cova
Scanu, Prina, Coccia, Carra, Taricco, Terrosi, Zanin, D'Ottavio, Preziosi, Malpezzi, Casati, Albini, Argentin,Rostellato, Rossi, Senaldi, Arlotti, Patriarca, Richetti, Manzi, Fossati, Cominelli, Crivellari, Crimì, Dallai, Cassano, Casellato,Castricone, Venittelli
2-00996

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che: 
le Forze armate sono dotate dei seguenti gruppi sportivi: Centro sportivo olimpico dell'Esercito italiano, Centri sportivi agonistici della marina militare, Centro sportivo dell'aeronautica militare, Centro sportivo carabinieri. La Polizia di Stato ha il Gruppo sportivo Fiamme Oro, la guardia di finanza ha il Gruppo sportivo Fiamme Gialle. Il Corpo forestale ha il Gruppo sportivo forestale. Il Corpo polizia penitenziaria ha il Gruppo sportivo Fiamme Azzurre. Il Corpo dei vigili del fuoco ha il Gruppo sportivo fiamme rosse; 
i suddetti gruppi sportivi rappresentano l'eccellenza dello sport italiano e anche la nostra nazione nel mondo; 
da notizie apparse sulla stampa si apprende che nei 18 mesi che precedettero l'Olimpiade di Londra 38 atleti della FIDAL – che avevano l'obbligo di segnalare la propria reperibilità per i controlli antidoping a sorpresa – avevano ripetutamente disatteso a questo obbligo impedendo in questo modo la possibilità di essere sottoposti a controlli out of competition; 
l'intero sistema antidoping ha la sua punta di forza nei controlli a sorpresa effettuati sugli atleti ma, per effettuare questo genere di controlli, c’è la necessità da parte degli atleti di segnalare la reperibilità giorno per giorno. Una mancata segnalazione (prevista trimestralmente dalla WADA) comporta che tali controlli non si possano effettuare. Se qualcuno accumula in 18 mesi tre ritardi nell'invio del form con le informazioni (la cosiddetta «mancata o ritardata notifica»), o se salta untest per tre volte senza motivi validi, viene squalificato. Questo è quanto previsto dal codice mondiale della Wada. È un punto tassativo; 
la mancata segnalazione della propria reperibilità non indica che gli atleti si siano sottoposti a doping; 
l'indagine condotta dai Nas e dai Ros, su mandato della procura di Bolzano, ha evidenziato che l'Agenzia CONI-NADO, pur riscontrando ripetute mancate segnalazioni delle reperibilità da parte degli atleti, non si sia mai attivata per la contestazione delle infrazioni e per la prevista squalifica compiendo una grave violazione dei codice WADA soprattutto sul fronte delle «mancate reperibilità». Finora è emerso il caso dei 38 atleti della FIDAL ma gli inquirenti di Bolzano hanno informato che in molte altre Federazioni sportive la situazione è identica. Recentemente la procura antidoping del CONI ha convocato 65 atleti della sola FIDAL in merito a tale mancanze; 
la Commissione controlli antidoping del CONI, per un elevato numero di atleti di diversi sport, non avrebbe potuto effettuare esami antidoping a sorpresa perché non era a conoscenza dei loro luoghi di reperibilità; 
i gruppi sportivi che fanno riferimento alle forze armate o ai corpi di polizia sono composti da diversi atleti di interesse olimpico e internazionale; 
il fenomeno del doping e l'uso di sostanze dopanti è spesso legato anche a fenomeni controllati dalla malavita o da attività illecita –: 
se i comandanti dei gruppi sportivi indicati in premessa fossero a conoscenza che atleti di tutte le discipline sportive appartenenti al proprio gruppo sportivo non avevano provveduto a inviare il modulo della propria reperibilità come previsto dal codice antidoping del WADA e quale sistema di controllo interno abbiano messo in atto in questi anni per prevenire il mancato invio della reperibilità e del possibile uso di sostanze dopanti da parte dei propri atleti; 
se i comandanti dei gruppi sportivi, dopo le notizie delle agenzie di stampa sugli interventi fatti dalla procura di Bolzano a settembre 2014, si siano attivati per verificare che i propri atleti non fossero nella condizione di aver disatteso a questo obbligo di inviare la reperibilità anche perché ci si riferisce a fatti avvenuti da gennaio 2011 e fino a giugno 2012, e quali provvedimenti abbiano messo in atto nei confronti degli atleti che avessero eventualmente disatteso a questo obbligo; 
se gli atleti appartenenti ai gruppi citati in premessa, che risultano convocati per chiarimenti dalla procura antidoping, abbiano concordato una linea difensiva comune nei confronti della procura antidoping assumendo un unico studio legale a difesa e se tale percorso sia stato condiviso e concordato dai comandanti e responsabili dei gruppi sportivi citati in premessa. 

Seduta del 19 giugno 2015

Illustrazione e replica di Paolo Cova, risposta del governo di Antonello Giacomelli, sottosegretario per lo Sviluppo economico

Illustrazione

Grazie, signor Presidente. Onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, stiamo facendo riferimento ad una vicenda che è accaduta quattro anni e mezzo fa e che riguarda i 18 mesi prima delle olimpiadi di Londra 2012, una vicenda che è comparsa sui giornali, su media, sulla stampa. Con altri colleghi avevamo già presentato un'interpellanza e alcune interrogazioni in merito a questa vicenda negli altri mesi. È una vicenda di quattro anni e mezzo fa che riguarda anche una segnalazione avanzata dalla procura di Bolzano, a settembre dell'anno scorso, alla procura antidoping del CONI. Dopo questa segnalazione, la procura antidoping si era attivata per convocare sessantacinque atleti, il giorno immediatamente prima della risposta alla nostra interpellanza. Per quattro anni non era successo niente, non era avvenuto assolutamente niente. Mi riferisco in particolare a degli atleti che non avevano segnalato la propria reperibilità per il sistema dell'antidoping, questo perché dare la propria reperibilità consente all'agenzia antidoping del CONI di effettuare dei controlli out of competition, quei controlli che sarebbero anche più significativi rispetto al normale controllo antidoping, perché va a cogliere a sorpresa i vari atleti. La procura di Bolzano aveva segnalato che c'erano trentotto atleti, solo della federazione dell'atletica, che non avevano dato questa segnalazione nell'arco dei 18 mesi. Mi preme sottolineare che ogni atleta che non segnala la propria reperibilità, per tre volte nell'arco dei 18 mesi, risulta squalificato o soggetto a squalifica per sospetto doping. Faccio presente anche che l'Italia è stato il primo Paese a livello mondiale ad adottare una legge, la n. 376 del 2000, che prevede un reato penale riguardo al tema dell'antidoping, per cui noi abbiamo anche una legge, una norma, che ritiene un reato penale l'uso di farmaci dopanti. 
Riguardo a questa vicenda, mi preme anche sottolineare il trattamento dei farmaci in abuso, cioè quando spesso degli atleti usano dei farmaci anche fuori da una prescrizione medica o da una normale patologia. In tutti questi anni non è avvenuto assolutamente niente. È avvenuta solamente la convocazione di questi 65 atleti, credo solamente dopo il sollecito fatto da parte dei deputati con un'interpellanza. Ma anche dopo questa segnalazione, dopo questa convocazione fatta a spron battuto da parte della procura antidoping, non si è saputo più nulla, non è avvenuto più nulla o, almeno, non appare neanche niente. È addirittura riduttivo parlare di apparire, ma sostanzialmente non è avvenuto niente e ancora oggi stiamo aspettando delle risposte. Bisogna capire effettivamente perché queste persone, che sono state segnalate dalla procura di Bolzano e che non avevano dato una segnalazione della propria reperibilità, non siano incorse in nessuna squalifica e non sia successo assolutamente niente. Questo ha preoccupato e mi ha preoccupato con altri colleghi perché buona parte degli atleti che facevano parte di quell'elenco sono atleti che fanno parte dei gruppi sportivi militari, delle forze dell'ordine, della Polizia di Stato, della Guardia di finanza, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Corpo forestale dello Stato, cioè atleti che fanno parte di gruppi dell'Esercito e dello Stato e che svolgono anche funzioni di polizia giudiziaria. Sono atleti che dovrebbero svolgere e che svolgono una funzione di polizia giudiziaria e fanno parte dell'organo esecutivo dello Stato, uno dei tre poteri di questo Stato. 
Pertanto, a maggior ragione, ci attendiamo e mi attendo che, almeno all'interno degli organi delle forze dell'ordine, della Polizia di Stato e dell'Esercito, siano stati messi in atto dei procedimenti che prevengano questa situazione. Mi preme anche sottolineare che siamo nella stessa situazione di quattro anni fa e ci troviamo ormai quasi dodici mesi prima delle olimpiadi di Rio de Janeiro. Quattro anni fa non sono stati effettuati controlli, alcuni atleti non avevano dato la reperibilità ed erano in prossimità proprio dell'olimpiade, nel momento in cui la loro preparazione si stava accentuando, proprio per arrivare nella forma migliore alle olimpiadi. E in quel momento non avevano dato la reperibilità. Noi ora siamo nella stessa situazione. 
Pertanto, io credo che sia opportuno andare a verificare che cos’è stato fatto e che cosa stanno facendo le forze dell'ordine, visto che non riesco ad avere risposte e non riusciamo ad avere risposte dalla procura antidoping, almeno all'interno dei gruppi sportivi militari. Vorrei fare anche una considerazione che credo non sfugga a nessuno: non basta dire che ci sono delle basse positività nei controlli antidoping per dire che siamo esenti dal doping. Questo non è assolutamente sufficiente e spero che questo nessuno lo vada a pensare e lo voglia proporre perché sappiamo come il doping sta correndo molto più velocemente dell'antidoping. 
Allora, io credo sia necessario mettere tutta la nostra attenzione e tutta la particolare cura a tutti i controlli per evitare che degli atleti possano incorrere in questa situazione. Allora, il sottosegretario aveva risposto, indicando che c'erano 65 atleti solo della Federazione italiana di atletica leggera. E degli altri sport ? Non abbiamo saputo più nulla. E cosa hanno fatto allora i gruppi sportivi delle Forze armate in questi mesi, anzi in questi quattro anni e mezzo ? Infatti, da allora io non ho visto succedere niente. Nell'interpellanza chiedo come mai e cosa hanno fatto i comandanti di questi gruppi sportivi; cosa avevano fatto per verificare perché questi atleti non avevano provveduto a inviare il modulo della propria reperibilità. Io credo che un gruppo sportivo, soprattutto un gruppo sportivo militare, abbia una persona responsabile, un comandante responsabile, il quale deve vigilare sui propri atleti, sui propri sottoposti. Per cui cos'era stato fatto e quali sistemi sono stati messi in atto all'interno dei singoli gruppi sportivi perché questo non avvenga più ? Cosa è stato fatto in tutti questi quattro anni e mezzo proprio per evitare che gli atleti non mandino più la propria reperibilità e possa succedere che qualche atleta che fa parte dei gruppi sportivi militari non abbia consegnato la propria reperibilità anche per più volte e possa essere soggetto a squalifica ? Ma, soprattutto, qual è la lotta che stanno facendo i gruppi sportivi militari per combattere questa lotta contro le sostanze dopanti dei propri atleti ? 
Inoltre, è importante capire anche cosa abbiano fatto questi comandanti, dopo le agenzie di stampa e dopo le notizie della procura di Bolzano, per verificare se c'erano dei propri atleti nell'elenco dei trentotto atleti che erano stati segnalati e, soprattutto, se ci sono altri atleti. Infatti, nella risposta che avevamo ricevuto si diceva che, anche con riferimento ad altre attività sportive, altri atleti non avevano ottemperato all'obbligo di inviare la propria reperibilità. Per cui autonomamente cosa è stato fatto all'interno dei gruppi sportivi militari ? 
È importante capire che cosa è stato fatto nei confronti di questi atleti perché è banalissimo: basta andare a verificare. Ogni singolo comandante può verificare quale dei propri atleti in quei diciotto mesi non ha consegnato la propria reperibilità. Potrebbe addirittura verificarlo anche in questi mesi. Allora, ci sono ancora atleti che non hanno consegnato la reperibilità. Siamo ancora in questa condizione: è stata fatta una verifica su questo ? 
Infine, mi sembra anche importante capire come stanno procedendo. Sembra, non vorrei, che sia stata decisa una linea comune di difesa da parte di questi atleti davanti alla procura antidoping per arrivare ad avere una posizione comune. È importante capirlo: c’è stato un ordine, c’è stata una disposizione, c’è un unico studio legale che sta difendendo tutti questi atleti e stanno mettendo in atto una stessa identica linea difensiva ? Credo che questi siano aspetti che non possiamo sottacere. Dobbiamo tenerli presenti, soprattutto adesso che siamo in prossimità delle olimpiadi, un evento che avverrà tra un anno, per cui credo che sia opportuno vigilare, è opportuno prevenire. Mi permetto anche di dire: è opportuno andare a verificare e a sanzionare chi in questi anni non ha fatto niente, perché attualmente quello che appare, quello che noi vediamo e, soprattutto, il messaggio che stiamo dando a tutto il mondo sportivo e degli atleti è quello che comunque non è successo niente. In tutti questi quattro anni e mezzo non è avvenuto niente. Liberamente degli atleti si sono potuti permettere di non dare la reperibilità, la procura antidoping del CONI, l'Agenzia CONI-NADO e spero non anche i gruppi sportivi militari non hanno messo in atto niente.

Risposta del governo

Signor Presidente, è una comunicazione complessa, per la complessità del quesito posto, che evidentemente ha richiesto l'acquisizione di elementi di conoscenza da parte di più soggetti. 
Per gli aspetti di competenza del Ministero della giustizia, dalle informazioni assunte presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria competente in merito agli illeciti degli atleti del gruppo sportivo del corpo di polizia penitenziaria, consta come alle Fiamme Azzurre non sia pervenuta alcuna comunicazione dal CONI o dalle federazioni sportive circa l'indagine Olimpia. 
Risulta, invece, trasmessa in data 4 dicembre 2014 nota della procura nazionale antidoping, a seguito della quale sono state richieste agli atleti interessati alle presunte violazioni delle comunicazioni, whereabouts, relazioni esplicative sui fatti contestati. 
In attesa delle determinazioni della procura nazionale antidoping, tutti gli atti inerenti a questa vicenda sono stati tempestivamente trasmessi dal responsabile del gruppo sportivo alla direzione generale del personale e della formazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Allo stato, in assenza di comunicazioni e dell'irrogazione di sanzioni da parte degli organi della giustizia sportiva, non si è dato corso a provvedimenti disciplinari. 
In merito alle comunicazioni di reperibilità che gli atleti devono inviare, si precisa come i gruppi sportivi di riferimento non possano avere accesso alle «comunicazioni di reperibilità», che costituiscono obbligo personale dell'atleta. La normativa antidoping, inoltre, non prevede l'obbligo per gli atleti di comunicare la propria reperibilità al gruppo sportivo e la riservatezza di tali comunicazioni è garantita dalle norme sulla tutela della privacy. 
Per completezza si rappresenta come il gruppo sportivo del Corpo di polizia penitenziaria – sempre peraltro impegnato nella lotta al fenomeno del doping – supervisioni l'attività dei propri atleti che, contestualmente all'ingresso nelle Fiamme Azzurre, sono tenuti a sottoscrivere una dichiarazione di impegno di osservanza di specifici adempimenti, finalizzati a soddisfare esigenze di trasparenza e correttezza agonistica. Queste dichiarazioni conservano validità per tutto il periodo di permanenza in servizio presso il gruppo sportivo. 
La competente articolazione di questo Ministero ha, da ultimo, fermamente respinto l'illazione relativa all'adozione di una linea difensiva condivisa tra il gruppo sportivo Fiamme Azzurre e gli atleti deferiti di fronte alla procura nazionale. 
Per quanto attiene, infine, al procedimento penale pendente presso il tribunale di Bolzano in relazione ai fatti in oggetto, si rappresenta come dalla lettura delle contestazioni non emergano fatti ascrivibili ad atleti delle Fiamme Azzurre. Avuto riguardo agli aspetti di competenza del Ministero dell'interno si premette che nessun atleta Fiamme Oro ha mai subito, da parte del CONI, sanzioni per «somministrazione, utilizzo o tentato utilizzo di sostanze dopanti». 
Si informa, invece, che nel mese di dicembre 2014, in relazione all'informativa conclusiva dell'inchiesta avviata dalla procura della Repubblica di Bolzano, la procura antidoping del CONI ha aperto dei procedimenti nei confronti di quattro atleti in forza al centro nazionale Fiamme Oro di Padova, per i mancati adempimenti – le comunicazioni di cui abbiamo parlato – riferiti al periodo gennaio 2011 – giugno 2012, durante il quale non avrebbero, appunto, comunicato la loro reperibilità. 
Come è noto, le norme sportive antidoping prevedono l'obbligo – a carico degli atleti – di fornire informazioni sulla reperibilità presso il luogo di permanenza. In particolare, questo obbligo riguarda gli atleti nazionali di alto livello inseriti in un apposito registro. Questo obbligo impone di comunicare, trimestralmente, le informazioni circa il luogo di permanenza dell'atleta che, in tal modo, si rende disponibile ai fini dell'effettuazione di controlli antidoping, senza preavviso, fuori dalla competizione sportiva. A seguito della comunicazione inviata dalla procura antidoping al centro nazionale Fiamme Oro di Padova, sono stati richiesti chiarimenti agli atleti coinvolti. Dalle risposte degli interessati è emerso che gli atleti hanno omesso di informare i responsabili, i dirigenti e i tecnici delle Fiamme Oro, circa le presunte inadempienze e le relative contestazioni sollevate dal CONI. Peraltro, il vice presidente vicario del settore atletica Fiamme Oro, ha aperto dei procedimenti disciplinari, nei loro confronti, non solo per aver evidentemente omesso di inviare la comunicazione necessaria, ma per aver omesso, anche, di informare l'ufficio di appartenenza in merito ai solleciti ricevuti per le procedure di registrazione e aggiornamento della piattaforma Whereabouts. 
Agli atleti sono state notificate le contestazioni di addebiti, in attesa della chiusura dell'inchiesta da parte della procura nazionale del CONI. Gli atleti hanno nominato un legale di fiducia, per difendere i loro interessi nell'ambito della procedura avviata dalla procura federale. Più in generale, è utile sottolineare che, ai sensi delle norme sportive antidoping emanate dal CONI, l'atleta rimane – lo ribadisco – sempre e comunque l'unico responsabile dell'invio delle proprie informazioni. 
In tal senso, il CONI ha creato una piattaforma informatica attraverso cui l'atleta comunica personalmente le informazioni sulla reperibilità. Il sistema digitale in questione e le procedure di comunicazione dei dati, non permettono e non hanno permesso a questi gruppi sportivi di avere un riscontro diretto circa gli adempimenti effettuati dagli atleti. Il centro nazionale «Fiamme Oro» di Padova, per prevenire la violazione delle norme antidoping, ovvero l'utilizzo di sostanze dopanti, dal 2013 ha posto in essere un sistema di informazione e controllo che prevede: l'aggiornamento professionale riservato agli atleti sulla normativa antidoping; l'invio a tutti gli atleti della normativa e delle modifiche intervenute sull'antidoping; l'elaborazione della guida ai regolamenti, con all'interno un ampio capitolo sulle normative antidoping. 
Inoltre, sempre dal 2013, sono stati disposti controlli, da parte dello staff tecnico delle «Fiamme Oro», sugli adempimenti degli atleti correlati agli obblighi di comunicazione. 
Per quanto riguarda, invece, il gruppo sportivo nazionale dei vigili del fuoco «Fiamme Rosse», lo stesso è stato istituito il 21 ottobre 2013, il relativo statuto è stato approvato il 4 dicembre 2014 ed il successivo 13 aprile 2015 è stato emanato il regolamento recante modalità di svolgimento del concorso pubblico per l'accesso al ruolo dei vigili del fuoco in qualità di atleta. 
Nell'ambito del citato regolamento, questa amministrazione, consapevole dell'importanza della lotta al doping, ha previsto fra le cause di non idoneità per l'ammissione ai concorsi pubblici per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco in qualità di atleta, anche l'utilizzo delle sostanze individuate dalla lista proibita dall'Agenzia mondiale antidoping. Peraltro, lo statuto delle «Fiamme Rosse» sopra richiamato prevede un'apposita disposizione secondo la quale gli atleti devono mantenere in ogni circostanza comportamenti improntati alla massima correttezza, nonché aderire al codice mondiale antidoping.  Va aggiunto, infine, che i partecipanti ai campionati italiani riservati a tutto il personale dei vigili del fuoco praticante attività sportiva amatoriale, devono attenersi alla normativa in materia di controlli antidoping. Detti atleti sono, pertanto, soggetti ai controlli a campione effettuati in occasione di manifestazioni sportive dalla commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela sanitaria nelle attività sportive e, ove facciano uso per motivi terapeutici, di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e di pratiche mediche il cui impiego è considerato doping, a documentare debitamente le proprie patologie e prescrizioni. 
Per quanto concerne gli atleti appartenenti al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, si precisa che il Corpo forestale dello Stato è dotato di un proprio gruppo sportivo, il Gruppo sportivo forestale, che, a seguito di convenzione con il CONI, è affiliato a diciotto federazioni. 
Si precisa che di tutte le tematiche connesse all'indagine «Olimpia» e altre non era, fino al dicembre 2014, giunta alcuna informazione ufficiale al Gruppo sportivo forestale, o comunque altro tipo di comunicazione, da parte del CONI o dalla FIDAL. La prima comunicazione formale di problematiche connesse a mancate comunicazioni relative ad atleti del gruppo sportivo forestale inseriti nell'elenco del CONI è pervenuta solo in data 4 dicembre 2014, a seguito di richiesta notizie da parte della procura federale FIDAL. 
Premesso per le diverse fattispecie quanto detto a proposito delle diverse amministrazioni, veniamo ai punti specifici sollevati dall'iniziativa dell'onorevole Cova. 
Sul primo punto, cioè se i comandanti dei gruppi sportivi indicati in premessa fossero a conoscenza che atleti di tutte le discipline sportive appartenenti al proprio gruppo sportivo non avevano provveduto a inviare il modulo della propria reperibilità: la normativa di riferimento prevede che sia compito, onere, dovere del singolo atleta, incluso in un elenco periodicamente aggiornato, provvedere a compilare il modulo di reperibilità finalizzato a consentire controlli a sorpresa da parte dell'ente internazionale o dell'ente nazionale. Nel caso in esame, l'atleta inserito nel registro ha innanzitutto l'obbligo di fornire le proprie informazioni al fine di essere reperibile e disponibile ai fini dell'effettuazione di controlli fuori competizione. Le informazioni e le variazioni devono essere fornite, in maniera accurata e completa, per ogni giorno del trimestre. 
Ancorché l'atleta possa delegare gli adempimenti che precedono a terzi, è necessario sottolineare come lo stesso atleta rimane sempre e comunque l'unico responsabile della correttezza e dell'aggiornamento della produzione delle proprie informazioni sul luogo di permanenza. 
Il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) – quale organismo responsabile, per le proprie specifiche competenze, della lotta al doping sul territorio nazionale – è destinatario e garante, da un lato, della normativa statuale sulla tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping, dall'altro, del rispetto della normativa sportiva internazionale. Sotto tale profilo, il CONI ha approvato le norme sportive antidoping, quale documento tecnico attuativo del Programma mondiale antidoping. 
Allo stato attuale, tenuto conto che gli atleti spesso si allenano presso strutture federali, e comunque non presso la sede principale del gruppo sportivo forestale, non vi è alcuna possibilità di controllo da parte della società sportiva dell'avvenuto inserimento dei dati richiesti in campo antidoping da parte dell'atleta, anche per motivi di privacy, tenuto conto che tali dati potrebbero riguardare dati personali rientranti nel novero dei dati «sensibili». La sola Federazione sportiva competente o il CONI hanno la possibilità di controllare l'avvenuta compilazione dei moduli e, ad oggi, non hanno mai comunicato, né formalmente, né per il gruppo sportivo forestale informalmente, alle società mancanze eventuali negli obblighi di comunicazione. 
Nel caso specifico è la FIDAL che ha l'incombenza di informare, formare e controllare il corretto comportamento degli atleti di importanza nazionale. Non era, infatti, nella possibilità del gruppo sportivo forestale poter verificare eventuali mancanze. 
Peraltro, ai fini gestionali interni, il Corpo forestale dello Stato si è dotato, da un paio di anni, di un proprio programma informatico di controllo, che consente di monitorare giornalmente l'attività dei propri atleti che sono tenuti a comunicare per via informatica una serie di notizie che vanno dalla sede di allenamento, e quindi della reperibilità dell'atleta stesso, alla tipologia del lavoro svolto, a eventuali problematiche riscontrate o infortuni e, soprattutto, alla comunicazione al medico sociale, al fine della relativa autorizzazione, della necessità di prendere farmaci per eventuali patologie. 
Per quanto riguarda il punto b), se i comandanti dei gruppi sportivi, dopo le notizie delle agenzie di stampa sugli interventi fatti dalla procura di Bolzano a settembre 2014, si siano attivati per verificare che i propri atleti non si trovassero nella condizione di aver disatteso l'obbligo di comunicare la reperibilità: a seguito delle notizie ricevute dalla procura federale FIDAL – comunicazione, ricordo, avvenuta il 4 dicembre 2014 – una sola atleta era inclusa nella lista dei 38 tesserati con plurimancanze relative a comunicazioni obbligate. Un altro atleta era inserito in un elenco per un'unica mancata compilazione del whereabouts. I due atleti sono stati convocati ed è stata richiesta una dettagliata relazione finalizzata a conoscere le motivazioni della mancanza. Le relazioni sono state inviate, su richiesta, alla procura federale. Gli atleti sono stati richiamati, nel frattempo, ad uno stretto rispetto delle norme ed informati che, a seguito delle decisioni che verranno prese dalla procura, potranno essere oggetto, in quanto impiegati civili dello Stato, di procedimenti disciplinari ai sensi della normativa, nonché a provvedimenti, sempre in base alla normativa che regola il reclutamento e il trasferimento ad altro ruolo degli atleti del gruppo sportivo. 
Sul punto c), se gli atleti appartenenti ai gruppi citati in premessa, che risultano convocati per chiarimenti, abbiano condiviso e concordato la linea difensiva: gli atleti interessati si sono presentati davanti alla procura, avvalendosi della possibilità di essere assistiti da un legale di fiducia. Non è stata condivisa e concordata con la società alcuna linea difensiva comune. Per gli aspetti di competenza del Ministero dell'economia e finanze si rappresenta che il Centro sportivo del Corpo coordina, avvalendosi del dipendente Gruppo Polisportivo «Fiamme Gialle», la programmazione, la direzione tecnica e il controllo delle discipline sportive praticate, ripartite in 5 Nuclei Atleti. 
Il predetto Centro dispone di strutture e attrezzature sportive – nel Lazio e in Trentino Alto-Adige – in grado di assicurare la necessaria preparazione tecnico-fisica dei propri militari nonché di attuare programmi di collaborazione con il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), il Comitato Italiano Paralimpico (CIP). 
Il Comandante del Gruppo Polisportivo: (1) non ha avuto conoscenza degli atleti che, nel periodo antecedente ai Giochi Olimpici di Londra 2012, hanno omesso l'invio della prevista «comunicazione di reperibilità». 
Parimenti, con specifico riferimento all'atletica leggera, il Comandante del I Nucleo, responsabile di detta disciplina, non è stato informato delle mancate segnalazioni se non sporadicamente – in due sole occasioni, via e-mail – dalla Federazione Italiana di Atletica Leggera (FIDAL- settore sanitario) per presunti ritardi nell'invio del format sulla reperibilità da parte di alcuni atleti dipendenti. Peraltro, tali comunicazioni sono apparse finalizzate principalmente a sollecitare maggiore attenzione a detti obblighi piuttosto che a rilevare una vera e propria inadempienza. 
Nei citati casi, l'ufficiale ha provveduto a richiamare gli interessati, i quali hanno rappresentato diverse difficoltà nelle procedure di segnalazione quali: l'impossibilità a collegarsi al sistema informatico, l'utilizzo di password non valide per l'accesso alla predetta piattaforma, l'avvenuta comunicazione a indirizzi di posta elettronica errati, la mancanza di obblighi di compilazione del format «Whereabout clause CONI-NADO» in quanto le informazioni richieste erano già state inserite nel sistema «World Anti-Doping Agency» (WADA). 
Su quest'ultimo aspetto, giova infatti precisare che, per alcuni periodi, l'assoggettamento agli obblighi previsti dalla «International Association of Athletics Federations» (1AAF) ha escluso l'adempimento di analoghi obblighi previsti dal CONI, grazie allo scambio di informazioni tra dette agenzie. 
In relazione al sistema di controllo interno, il Comandante ha posto in essere una costante opera di sensibilizzazione nei confronti di tutti i. responsabili dei Nuclei Atleti per contrastare il fenomeno del doping. 
Oltretutto, all'inizio di ogni stagione agonistica, ciascun militare atleta sottoscrive un impegno formale nel quale ribadisce il rispetto degli obblighi previsti dalla normativa antidoping – rendendosi consapevole delle implicazioni penali e disciplinari cui va incontro in caso di violazione, oltre alle inevitabili conseguenze sulla salute – e compila un modulo recante i nominativi dei medici e dei fisioterapisti di fiducia. 
Il Comandante a seguito delle notizie stampa relative alle indagini della procura di Bolzano, ha impartito precise disposizioni ai dipendenti Comandanti dei Nuclei Atleti volte a esaminare sotto il profilo disciplinare il comportamento dei militari atleti coinvolti nella vicenda. 
In tal senso, il medesimo Comandante di Gruppo ha: dato incarico ai Comandanti dei dipendenti Nuclei Atleti di assumere contatti con le rispettive Federazioni Sportive per acquisire ogni notizia su eventuali infrazioni alla normativa antidoping nell'ultimo anno, anche se di lieve entità; chiesto al Segretario Generale del CONI di informare, attraverso i competenti Uffici del Comitato olimpico, il Centro Sportivo in caso di inosservanza degli obblighi in questione da parte dei militari atleti delle «Fiamme Gialle». 
L'iniziativa ha permesso di accertare: situazioni che – seppur non rilevanti, sotto il profilo sanzionatorio, per l'ordinamento sportivo – sono state valutate disciplinarmente, dando luogo a diversi procedimenti della specie, diversi dei quali (n. 23) conclusi con l'irrogazione di una sanzione graduata in relazione alla significatività della condotta riscontrata, condotta ribadisco che seppure non rilevante sotto il profilo sanzionatorio per l'ordinamento sportivo costituisce infrazione disciplinare; alcuni atleti del settore atletica sono stati in grado di dimostrare l'assenza di ogni forma di responsabilità, atteso che al momento in cui hanno ricevuto l'e-mail di sollecito per la compilazione del format di reperibilità, erano regolarmente collegati al sistema «whereabout clause» del CONI; nessun ufficiale del Centro Sportivo ha condiviso o concordato qualsivoglia linea difensiva con gli atleti convocati dalla Procura antidoping, evitando così ogni forma di ingerenza. 
Infine per quanto concerne il Ministero della difesa, gli atleti militari, già dall'arruolamento e, in seguito, con cadenza periodica, vengono sensibilizzati attraverso specifici periodi di indottrinamento, sulla normativa antidopíng sia nazionale che internazionale, con particolare riguardo alle procedure dei vari controlli e sulle conseguenze in caso di mancata segnalazione o tentativo di sottrarsi ai controlli medesimi. 
A conferma della costante attenzione e della sensibilità che l'Amministrazione rivolge all'attività d'informazione e di dissuasione, si fa presente che tra gli atti del convegno sugli «Stati Generali dello Sport Militare», tenutosi a Roma lo scorso 16 dicembre, la specifica tematica è stata oggetto della parte introduttiva. 
L'attuale normativa del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) prevede che le Federazioni Sportive Nazionali (FSN), per le quali gli atleti sono tesserati, ogni anno debbano comunicare all'Ufficio Antidoping CONI – National Anti Doping Organization (NADO) l'elenco degli atleti che, per importanza, potrebbero essere inseriti nelle varie squadre nazionali. 
In un secondo tempo, il CONI comunica direttamente all'agenzia internazionale, a mezzo raccomandata, l'inserimento dell'apposito registro nel quale sono riportati tutti gli atleti che soddisfano i criteri di inclusione. Contestualmente, vengono rese note le procedure che gli interessati sono tenuti a seguire. È evidente, dunque, come già detto più volte, che le società di appartenenza, anche se militari, non sono inserite nelle linee di comunicazioni, mentre sono inserite le rispettive federazioni. 
Gli atleti comunicano trimestralmente e debbono adempiere a tutti gli obblighi della normativa, sotto la loro diretta responsabilità. Al riguardo, è opportuno osservare che, al momento del passaggio dal sistema di comunicazione cartaceo a quello telematico, nei primi mesi dell'anno 2012, i Gruppi Sportivi Militari si sono fortemente attivati per ovviare ad alcune oggettive difficoltà di ordine gestionale riscontrate dai propri atleti per effettuare correttamente tale comunicazione. 
Con riferimento all'inchiesta della procura di Bolzano, secondo quanto riferito dallo Stato Maggiore della Difesa, i Comandanti del comparto Difesa, non appena appreso che nel settembre 2014 erano state avviate delle indagini da parte della procura, si sono attivati per verificare se qualche atleta alle loro dipendenze avesse disatteso l'obbligo relativo alla reperibilità. In alcuni limitati casi, sono state effettivamente accertate inadempienze da parte di atleti militari, prontamente sanzionate con provvedimenti disciplinari in linea con la vigente normativa. Tali provvedimenti sono stati posti in essere a prescindere dalle indagini e dalle conclusioni dell'indagine, nel pieno rispetto dei regolamenti militari e a dimostrazione di una volontà di assoluta trasparenza. Infine, non risulta sia stata concordata – e anche da parte di questa amministrazione viene ribadito – alcuna linea difensiva comune.

Replica

Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario proprio per la paziente lettura e perché era corposa e complessa la risposta. Appare chiaro, da quello che viene detto, che la responsabilità ricade tutta sull'atleta. Spesso quando ci sono queste vicende si sente parlare che il responsabile è sempre e solo l'atleta, mai i gruppi sportivi, mai gli allenatori e mai le persone che stanno intorno. Credo che questa sia una riflessione dobbiamo fare e dobbiamo porci perché spesso si lasciano da soli i soli atleti o li si da l'unica responsabilità. In questo però appare chiaro proprio dalla risposta che abbiamo ricevuto oggi, come l'azione svolta dall'Agenzia CONI – NADO e dalla procura antidoping sia estremamente insufficiente. In questi quattro anni non è ancora giunta una soluzione ed è intervenuta in ritardo rispetto alla procura e non aveva neanche fatto delle verifiche in base alla mancanza della segnalazione della reperibilità. Per cui da questa risposta si evince chiaramente come questa agenzia CONI – NADO sia completamente fuori luogo, non riesce ad agire e non riesce ad intervenire prontamente. Infatti, se la responsabilità è del singolo atleta e il singolo atleta non manda la segnalazione ma la stessa agenzia non se ne accorge, non capisce cosa sta avvenendo, non interviene e non ha fatto niente vuol dire che la sua azione è nulla o insufficiente per la lotta contro il doping. Su questo ribadisco che c’è anche una risoluzione presentata dal sottoscritto e da altri colleghi, per andare a superare questa azione, e pertanto il mio invito è al Governo proprio per andare a risolvere questa situazione che dimostra tutti i suoi limiti e le difficoltà. 
L'altra osservazione che mi sembra di cogliere da quello che ha detto il sottosegretario riguarda tutti i centri sportivi militari per cui la funzione che svolgono questi centri sportivi militari su cui lo Stato italiano, il Ministero della difesa e i vari ministeri intervengono stanno mostrando dei propri limiti. Probabilmente non servono o sono addirittura insufficienti, perché gli atleti non sono sottoposti a nessun controllo, per cui l'investimento che è stato messo in questi centri sportivi militari, che dovevano essere di supporto all'attività agonistica, soprattutto quell'attività agonistica del livello di fascia più alta, quella olimpica e internazionale, stanno dimostrando la loro insufficienza. Vuol dire che non servono probabilmente perché se gli atleti si vanno ad allenare da altre parti, con altri allenatori, probabilmente non hanno svolto la propria funzione. Mi permetto di chiudere sottolineando come questa lotta al doping non è una lotta solo per uno sport più pulito ma deve essere anche una lotta alla malavita che sta dietro a questo fenomeno del doping. Per cui io credo che gli atleti dei gruppi sportivi, i comandanti dei gruppi sportivi devono prestare una maggiore attenzione a questa situazione. Mi permetto di segnalare anche un'altra vicenda, perché le ha indicate anche il sottosegretario nella sua risposta. Alcuni gruppi sportivi hanno risposto che hanno sanzionato anche in attesa di un giudizio, abbiamo delle situazioni, come io ho fatto anche richiesta con un'altra interrogazione di qualche sportivo facente parte di gruppi sportivi militari, che è stato condannato per doping, è stato squalificato, eppure lo troviamo regolarmente in competizioni nazionali e internazionali e questo lascia un po’ dei dubbi. Allora, per capire qual è l'etica anche all'interno di questi gruppi sportivi, perché se si condanna fermamente alcune cose, poi si fa fatica. Però su quello aspetto una risposta, forse mi sono sbagliato io.