09/06/2015
Lia Quartapelle Procopio
Preziosi, Raciti, Prina, Zanin, Paolo Rossi, Galperti, Zappulla, Rocchi, Rampi, Giuditta Pini,Porta, Romanini, Marco Di Maio, Fanucci, Marcon, Palazzotto, Ascani, Marantelli, Grassi, Giampaolo Galli, Misiani, D'Incecco,Fedi, La Marca, Verini, Melilla, Arlotti, Dallai, Nardi, Pes, Adornato, Berlinghieri, Chaouki, Schirò, Scuvera, Tidei, Laforgia,Bonomo
2-01005

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che: 
la Commissione europea ha presentato, nel marzo 2014, una proposta di regolamento (COM(2014) 111 definitivo) intesa ad istituire un sistema volontario di dovere di diligenza rivolto ad importatori e produttori a monte di stagno, tantalio, tungsteno e oro, con l'obiettivo di recidere i legami tra il commercio e l'estrazione di minerali e il finanziamento di conflitti armati. I Paesi ricchi di minerali e dilaniati da conflitti possono, infatti, trovarsi in un circolo vizioso: gli introiti delle risorse estratte illegalmente alimentano rivolte armate; 
il regolamento si basa sulle linee guida elaborate dall'OCSE sul dovere di diligenza per una catena di approvvigionamento responsabile di minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio; esse si basano sull'idea che le aziende lungo tutta la catena di approvvigionamento (dalla miniera o dal sito di ottenimento al consumatore finale) attuino processi che le aiutino a individuare, attenuare e denunciare pubblicamente i rischi nelle proprie catene di approvvigionamento; 
stagno, tantalio, tungsteno e oro sono utilizzati in molti prodotti di consumo in Europa, in particolare nei settori dell'industria automobilistica, dell'elettronica, aerospaziale, dell'imballaggio, delle costruzioni, dell'illuminazione, dei macchinari industriali, così come nella gioielleria; 
il 19 maggio 2015, il Parlamento europeo ha approvato un emendamento alla proposta della Commissione europea che introduce la tracciabilità obbligatoria per le 800.000 imprese dell'Unione europea che utilizzano stagno, tungsteno, tantalio e oro nella fabbricazione di prodotti di consumo. Tali imprese dovranno informare su tutte le misure prese per identificare e risolvere i rischi connessi alla loro catena di approvvigionamento; 
di contro, la proposta della Commissione europea è su base volontaria – un'analisi della Commissione, nel 2013, ha svelato che soltanto il 4 per cento delle 330 aziende analizzate compiva volontariamente il dovere di diligenza – e limitata alle imprese importatrici di materie prime escludendo i minerali reperiti nei manufatti semilavorati o nella componentistica e che riguarderebbe dunque solo lo 0,5 per cento delle imprese europee; 
dopo il voto del Parlamento europeo, toccherà agli Stati membri esprimere la propria posizione, per poi avviare i negoziati fra i due co-legislatori, essendo la procedura legislativa di co-decisione; 
sembrerebbe che in merito alla questione della volontarietà o obbligatorietà del regolamento, la maggior parte dei Paesi membri, compresa l'Italia, condivida la proposta della Commissione che esclude l'approccio obbligatorio, ritenendolo non necessario per il raggiungimento dell'obiettivo e sostiene dunque la volontarietà –: 
se, alla luce del dibattito e del voto del Parlamento europeo, il Governo assumerà in seno al Consiglio una posizione che preveda una tutela più stringente riguardo alla tracciabilità obbligatoria dei minerali provenienti da aree di conflitto, conformemente all'emendamento approvato dal Parlamento europeo. 

Seduta del 12 giugno 2015

Illustrazione e replica di Lia Quartapelle, risposta del Governo di Lapo Pistelli, viceministro degli Affari Esteri

Illustrazione

Grazie, Presidente. La questione della maledizione delle risorse è un paradosso per chi lavora per lo sviluppo dei Paesi più poveri. Per questa maledizione sostanzialmente sono proprio i Paesi più ricchi di risorse che crescono di meno e che sono più tormentati dai conflitti. Nell'opinione pubblica è probabilmente molto vivida l'immagine dei minerali insanguinati cioè di quelle guerre in alcune parti della Africa, in particolare in Africa occidentale ma non solo, che sono state combattute per il controllo delle miniere di diamanti e grazie al finanziamento derivante dalla vendita e dal contrabbando di questi. Proprio per contrastare la maledizione delle risorse, la Commissione europea ha presentato, nel marzo 2014, una proposta di regolamento intesa ad istituire un sistema volontario di due diligence rivolta ad importatori e produttori a monte di stagno, tantalio, tungsteno e oro, con l'obiettivo di recidere i legami tra il commercio, l'estrazione di minerali e i conflitti armati. La proposta di regolamento ha come obiettivo di creare una catena di approvvigionamento responsabile di minerali provenienti da zone di conflitto ad alto rischio. Ciò si basa sull'idea che le aziende lungo tutta la catena di approvvigionamento dalla miniera o dal sito di estrazione sino al consumatore finale attuino processi che li aiutino ad individuare, attenuare e denunciare pubblicamente i rischi nelle proprie catene di approvvigionamento. I minerali di questa proposta di regolamento sono particolarmente utilizzati in tanti prodotti di consumo in Europa: nei settori dell'industria automobilistica, elettronica, aerospaziale, dell'imballaggio, delle costruzioni, dell'illuminazione, dei macchinari industriali, così come nella gioielleria. 
  La proposta della Commissione era per una volontarietà della tracciabilità, mentre il Parlamento europeo, il 19 maggio, ha approvato un emendamento che precisa la obbligatorietà della tracciabilità. Quindi, gli Stati membri oggi devono esprimere una propria posizione, in base al meccanismo di co-decisione. 
  Chiediamo, quindi, quale sarà la posizione del Governo italiano su questo delicato tema.

Risposta del governo

Grazie Presidente, ringrazio l'onorevole Quartapelle per avere posto un tema che è alla nostra attenzione ed è, come emergeva chiaramente dalle sue parole, di grande delicatezza. 
  Risponderò in parte sulla base degli elementi forniti dal Ministero dello sviluppo economico, che al momento ha la competenza primaria in materia, e nella consapevolezza – come già ricordava l'onorevole Quartapelle – che sono comunque in corso altri opportuni approfondimenti a livello governativo su questo complesso e sensibile tema della tracciabilità dei minerali provenienti da aree di conflitto. Io ho un conflitto col microfono, come è evidente, ma cercherò di vincerlo...Adesso ce l'ho fatta, l'ho piegato. 
  Il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria il 20 maggio, ha votato a favore di un testo legislativo su questa proposta comportando un inasprimento rispetto sia alla proposta originaria della Commissione europea, che è tuttora in discussione in sede di Consiglio, sia alla possibile soluzione di compromesso che è stata votata, poi, dalla Commissione commercio estero del Parlamento europeo. 
  La sensibilità che è fortemente espressa nel Governo dal Ministero dello sviluppo economico sostiene la necessità di contemperare dei meccanismi che possano, per un verso, assicurare l'interruzione del circolo vizioso alimentato delle risorse estratte illegalmente, però, ovviamente, con i diritti e le ragioni non soltanto del mondo produttivo, ma anche di quello del lavoro, sia a livello europeo che, in particolare, italiano. 
  Con la previsione dell'estensione dell'obbligatorietà della tracciabilità a tutta la filiera produttiva, unita però – aggiungo – alla indeterminatezza dell'ambito geografico di applicazione, il Regolamento, in questo momento, ad avviso del Governo, rischia di essere difficilmente applicabile dagli operatori del settore, soprattutto da quelli di piccola e media dimensione: in sostanza, come le associazioni di categoria ci hanno manifestato, corre il rischio di penalizzarli, senza avere la certezza di raggiungere in maniera efficace il giusto obiettivo che ci si prefigge nelle zone di conflitto. 
  Per questa ragione, non soltanto in Italia, l'industria europea, in tutte le sedi comunitarie competenti, ha avversato l'idea dell'introduzione di un regolamento obbligatorio per tutta la filiera, ripeto, con aree geografiche indistinte, e che riguardino dal più piccolo commerciante al primo importatore o alla raffineria. 
  Noi abbiamo cercato, durante il semestre di Presidenza italiana, di sostenere la necessità di dare, innanzitutto, agli operatoti delle linee guida chiave delle indicazioni geografiche e di prodotto: questo è stato un po’ l'argomento che abbiamo utilizzato, prima di pretendere un comportamento conforme alle norme. 
  Devo dire che in questa fase di dialogo e trilogo, è tuttora in corso un'analisi, insieme agli altri Dicasteri, circa gli aspetti economici, giuridici e commerciali della proposta della Commissione in Consiglio, e anche – devo dire – una valutazione un po’ più puntuale della incidenza sostanziale di questa iniziativa legislativa sull'economia europea e nazionale ed in particolare sulle piccole e medie imprese. 
  È un tema complesso, mi permetto di aggiungere un'ultima considerazione. Anche alla luce del fatto che, proprio ieri sera, si è insediato per la prima volta il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, che costituisce, ai sensi della legge n. 125 del 2014, l'organo più elevato di governance politica dell'intera materia. 
  Per fare questa considerazione, il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, ovviamente, ha una serie di funzioni che la legge gli attribuisce – l'adozione del documento triennale di indirizzo, che abbiamo fatto ieri, l'analisi delle risorse alla vigilia della legge di stabilità – ma è anche il tipico luogo nel quale andrebbero regolate eventuali, ad alto livello, vicende di coerenza delle politiche. 
  Questo è un caso abbastanza classico di coerenza delle politiche, poi se ne potrà obiettare o valutare l'importanza, perché chiaramente le ragioni, che legittimamente l'industria e il mondo produttivo pongono rispetto alla necessità di non aggravare il carico delle piccole e medie imprese, introducendo norme che siano comprensibili, praticabili, quindi abbiano un orizzonte di riferimento, diciamo, logicamente comprensibile, e che possano essere anche geograficamente localizzate con specifico riferimento ai prodotti, sono un'esigenza vera; dall'altra parte, dobbiamo evitare di incorrere, invece, in una valutazione tutta in bianco e nero, che ci porta ad ascoltare soltanto le ragioni del mondo produttivo, per evitare di ritrovarci, magari troppo tardivamente, in quella condizione che l'onorevole interpellante evocava all'inizio del suo intervento, che ha avuto anche delle manifestazioni clamorose negli ultimi anni. Io voglio ricordare il processo Kimberley rispetto al tema dei diamanti, ma voglio ricordare una cosa che, pochi giorni fa a Milano, proprio un altissimo esponente della FAO, in presenza di Amartya Sen, ricordava per un noto e importante Paese africano, che, essendo uno dei principali produttori di oro, vede quella partita a livello del bilancio dello Stato essere una partita in perdita, nel senso che l'estrazione di oro è affidata a compagnie straniere, che sono sussidiate dal Governo – non citerò quale – e che non producono alcuna evenue per il Paese. Ciò quindi a testimonianza di quanto questa materia sia politicamente delicatissima e complessa e richiede, dunque, non soltanto di ascoltare le ragioni dei produttori, degli estrattori o utilizzatori di materie, ma anche le ragioni di una più generale coerenza delle politiche di sviluppo.

Replica

Signor Presidente, ringrazio molto il Viceministro, che ha dato una risposta comprensiva anche di considerazioni che vanno al di là della domanda strettamente posta. Io credo che, in primo luogo, si possano individuare, così come fatto dal Parlamento europeo, delle risorse europee per aiutare l'adeguamento delle imprese a un nuovo tipo di tracciabilità. Al tempo stesso, infatti, l'interpellanza è stata rivolta direttamente al Ministero degli affari esteri e della cooperazione e non al Ministero dello sviluppo economico, proprio per il tema della coerenza delle politiche. Si tratta di un tema a cavallo tra il nostro impegno qualificante in politica estera in tema di sviluppo e l'impegno, invece, che abbiamo dal punto di vista commerciale. Quindi, sono molto soddisfatta delle parole spese dal Viceministro. In particolare, probabilmente, si possono identificare, nel prosieguo del dialogo con il Governo all'interno del processo di codecisione, due punti: uno è quello del trovare delle risorse europee per aiutare le nostre piccole e medie imprese, che sono più vulnerabili di altre a cambiamenti onerosi della normativa sulla tracciabilità come quello previsto; dall'altro lato, forse effettivamente un'indicazione geografica più specifica sui Paesi a cui noi ci stiamo riferendo può effettivamente aiutare, tenendo in considerazione che, con riferimento a tanti di questi Paesi, noi abbiamo visto come esistono Paesi che producono le risorse e Paesi confinanti che non hanno miniere presenti sul loro territorio eppure esportano le risorse, quindi tenendo in considerazione anche la dimensione regionale dei conflitti, che spesso l'estrazione dei minerali ha preso in considerazione. La normativa americana, infatti, in questo momento è molto più puntuale della prevista normativa europea, ma dà delle indicazioni geografiche che, invece, favoriscono il commercio illegale tra confini dei Paesi.