22/06/2015
Gea Schirò
Piccoli Nardelli, Amendola, Villecco Calipari, Quartapelle Procopio, Pes, Malisani, Manzi, Rampi, Fedi,Ghizzoni, Narduolo, Porta, Tacconi, Carocci, Sgambato, D'Ottavio, Malpezzi, Gitti, Blazina
1-00918

La Camera, 
premesso che: 
nel mese di maggio 2015 la cosiddetta ISIS ha conquistato l'area ove sorgeva la città romana di Palmira, in Siria, uno dei più importanti centri culturali del mondo antico, incrocio di diverse civiltà ove si fusero l'arte greco-romana con le tradizioni locali e le influenze persiane; 
si tratta di un sito storico-archeologico di inestimabile valore, risalente al I secolo d.C., già dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO; 
la stampa internazionale ha dato notizia dell'avvio di distruzioni del sito ad opera dell'ISIS e l'ONG «Osservatorio siriano dei diritti umani» da ultimo ha segnalato l'inizio del minamento del sito; 
tale operazione rientra in una precisa strategia dell'ISIS che è stata autorevolmente definita dal direttore generale dell'UNESCO Irina Bokova di «pulizia culturale». Con tale locuzione l'UNESCO designa una consapevole strategia volta a distruggere la diversità culturale attraverso la persecuzione di persone identificate sulla base della loro origine culturale, etnica o religiosa, unitamente ad attacchi intenzionali ai loro luoghi di culto, di memoria storica e di apprendimento; 
la strategia oggi in atto in Iraq e Siria trova riscontro negli attacchi al patrimonio culturale, sia nelle sue espressioni fisiche, quali opere d'arte e monumenti, sia nelle sue manifestazioni immateriali, come le consuetudini, le tradizioni e i riti; 
alcuni atti di distruzione del patrimonio culturale sono stati considerati «crimini contro l'umanità» come nella sentenza del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia, Kordić & Čerkez del 2001; in particolare, quando tali atti sono diretti a membri di un gruppo etnico o religioso e possono essere equiparati al crimine di persecuzione come enunciato nell'articolo 7, paragrafo 1, lettera h), dello statuto della Corte penale internazionale; 
lo stesso statuto di Roma del 1998 contempla tra i crimini di guerra la «distruzione ed appropriazione di beni, non giustificate da necessità militari e compiute su larga scala illegalmente ed arbitrariamente» e il «dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all'educazione, all'arte, alla scienza o a scopi umanitari, a monumenti storici, a ospedali e luoghi dove sono riuniti i malati ed i feriti, purché tali edifici non siano utilizzati per fini militari». A tal proposito, il procuratore della Corte penale internazionale, Fatou Bensouda, ha dichiarato che «la distruzione dei luoghi religiosi è un crimine di guerra» e la vice presidente della Commissione dell'Unione europea/Alto Rappresentante, Federica Mogherini, ha dichiarato che le azioni dell'ISIS «equivalgono a crimini di guerra come stabilito dallo Statuto di Roma della Corte penale internazionale»; 
tali atti di distruzione di siti e di beni culturali non sono né nuovi né confinati all'Iraq e alla Siria; secondo l'UNESCO, «il patrimonio culturale costituisce un elemento importante dell'identità culturale delle comunità, dei gruppi e degli individui, nonché della coesione sociale, cosicché la sua distruzione intenzionale può avere conseguenze negative per la dignità umana e i diritti umani»; come affermato anche dall'UNESCO nella Dichiarazione del 2003 sulla distruzione intenzionale del patrimonio culturale, i saccheggi e il contrabbando di siti e oggetti culturali e religiosi ad opera dell'ISIS in Iraq e in Siria o di Al Nusra in Siria e Libano, sono utilizzati anche per contribuire a finanziare le attività terroristiche, con la conseguenza che beni artistici e culturali sono trasformati in «armi da guerra»; 
la conquista e il saccheggio di siti quali Aleppo, il Krak dei Cavalieri e Palmira in Siria, tutti siti UNESCO patrimonio dell'umanità, Ninive, Nimrud, Hatra, Mosul, Samarra e Tikrit in Iraq, sono funzionali al finanziamento del Califfato. L'ONU e l'UNESCO pongono il ricavato dal traffico illecito di beni culturali tra le principali fonti di finanziamento, per valori complessivi che la stampa internazionale colloca intorno ai 45 milioni di euro l'anno; 
il 2 giugno 2015 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano, onorevole Paolo Gentiloni, ha incontrato a Parigi il direttore generale dell'UNESCO, Irina Bokova, e nel corso dell'incontro sono state analizzate le iniziative italiane in ambito UNESCO tese a rafforzare le misure a tutela del patrimonio culturale nelle aree di crisi, «con particolare attenzione alla possibile istituzione di ”zone culturali protette” e sulla creazione di una task force specializzata sul modello dei cosiddetti ”caschi blu” (Cultural Heritage Helmets), facendo così seguito a quanto prospettato dal Ministro Dario Franceschini alla luce dei primi attacchi contro il patrimonio culturale in Medio Oriente; 
vanno rafforzati il coordinamento e la collaborazione tra i soggetti preposti alla lotta al commercio illecito di opere culturali, e, nello stesso tempo, il quadro giuridico italiano ed europeo, così come le Convenzioni dell'Aia del 1954 e UNIDROIT del 1995 sanciscono. In tale quadro si colloca la rete informale EU CULTNET i cui obiettivi consistono nel migliorare l'informazione e la prevenzione nel commercio di beni culturali; 
il 28 marzo 2015, la succitata direttore generale dell'UNESCO ha avviato la campagna Unite4Heritage tesa a mobilitare il sostegno internazionale nella protezione dei patrimoni culturali materiali e immateriali attraverso i social network; 
l'eliminazione delle testimonianze fisiche delle culture ritenute estranee a quella islamica coltivata dall'ISIS è stata anche definita efficacemente «terrorismo culturale», a sottolineare la stretta connessione esistente fra le azioni terroristiche perpetrate contro le popolazioni civili e le violenze miranti a distruggerne l'identità culturale e storica; 
la cosiddetta Mezzaluna Fertile e più in generale tutto il Medio Oriente sono la culla della civilizzazione, ove sono nati la scrittura, la forma urbana e gli ordinamenti statali e legislativi. La perdita della memoria di tale passato rischia di compromettere la stessa identità del mondo contemporaneo. Vi è pertanto una comune responsabilità, insieme ai popoli dell'area, per difendere tale memoria, contro quanti negano il valore universale della cultura e delle sue testimonianze artistiche, religiose e archeologiche; 
tenuto conto che la Convenzione dell'AIA del 1954 prevede, da un lato, una protezione generale che si esplica in obblighi di protezione attiva (per lo stato nel cui territorio i beni culturali si trovano) e passiva (per tutti gli altri stati) consistenti esclusivamente in comportamenti volti a non danneggiare un bene culturale; e dall'altro lato, una protezione speciale, rivolta verso un elenco predeterminato di beni o ai rifugi appositamente destinati ad accogliere beni culturali durante un conflitto, applicabile anche nel caso di conflitto non internazionale. Tale elenco è inserito nel Registro internazionale dei beni culturali sotto protezione speciale, unici beni dotati appunto del segno distintivo dello Scudo Blu (ad esempio, la Città del Vaticano). Per questa ultima categoria di beni vige un divieto di compiere qualsiasi atto volto a danneggiarli. Poiché il principale limite di tale regime consiste nella assenza di un organo permanente preposto alla sua applicazione, la già citata Conferenza generale dell'UNESCO del 2003 ha adottato una dichiarazione che invita ad attuare una tutela universale dei beni culturali al di fuori di uno strumento convenzionale in quanto interesse della comunità internazionale; 
l'insigne archeologo Paolo Matthiae, scopritore di Ebla, ha scritto: «Se le istituzioni culturali e singoli volontari [...] tentano disperatamente di arginare questa depravata follia attraverso verifiche di notizie e interventi limitati sul commercio illecito di antichità, per lo più in connessione con l'UNESCO, i governi delle maggiori potenze, politiche ed economiche, d'Europa, d'Asia e d'America, non sembrano in alcun modo intenzionati a fronteggiare questa ignobile dissipazione di un grande patrimonio culturale dell'umanità. Insensibili a proteggere uno straordinario patrimonio del passato, evidentemente sono altrettanto insensibili al giudizio di dura condanna che il futuro riserverà loro per avere assistito impotenti e inattivi a un massacro che priverà le prossime generazioni di un'eredità di inestimabile valore e che spezza, senza possibilità di recupero, quella catena tra umanità, cultura e natura che non può essere impunemente violata nel XXI secolo»; 
l'Italia ha sempre manifestato una forte sensibilità verso la conservazione e la valorizzazione dei siti archeologici, come testimoniato – nel caso particolare dell'Iraq – dalla presenza di enti ed operatori italiani (quale, ad esempio, il prestigioso Istituto superiore per la conservazione ed il restauro) che lavorano nel museo di Baghdad, a stretto contatto con il personale locale e dall'attività di formazione che l'Arma dei carabinieri ha svolto dal 2003 a beneficio del personale di polizia iracheno ad Amman, nell'ambito del programma dell'Unesco finalizzato al traffico internazionale di opere d'arte e beni archeologici. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha recentemente avviato, nell'ambito di un progetto finanziato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, la creazione di un data base sul patrimonio a rischio, incluso quello delle aree occupate dall'Isis, al fine di raccogliere le informazioni sui danni ed i furti subiti a seguito dei recenti eventi bellici ed episodi di terrorismo; 
nel succitato incontro del 2 giugno a Parigi, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha già confermato il forte impegno del Governo italiano per individuare nuovi e più efficaci meccanismi di tutela dei siti culturali minacciati da situazioni di crisi o conflitto anche attraverso una maggiore considerazione della dimensione culturale sia nel corso delle operazioni di mantenimento della pace sia nelle fasi di ricostruzione post bellica. In tale contesto, ha suggerito la possibilità di favorire interventi laddove le condizioni di sicurezza rendano possibile un'azione sul terreno, al fine di prevenire eventuali attacchi diretti al patrimonio culturale di specifiche aree. Ha anche ricordato la copresidenza italiana del Counter-ISIL Finance Group (CIFG), segnalando la necessità di rafforzare lo scambio di informazioni con Unesco e le altre Agenzie delle Nazioni Unite soprattutto per garantire l'effettività dell'azione di contrasto al traffico illecito che, come ribadito dalla già citata risoluzione 2199 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, rappresenta un'importante fonte di finanziamento per i gruppi più radicali; 
a tal riguardo, la Camera dei deputati ha approvato l'ordine del giorno 9/02893- AR/002, a prima firma Rampi sui cosiddetti «Caschi Blu», la Commissione istruzione del Senato ha approvato la risoluzione doc. XXIV n. 49 e il Parlamento europeo alla fine del mese di aprile 2015 ha approvato la risoluzione 2649 proposta dalla Presidente della Commissione cultura Silvia Costa, volta, tra l'altro, a impegnare la Commissione dell'Unione europea e in particolare l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea ad agire a livello politico, diplomatico e anche militare per dare attuazione alla risoluzione n. 2199 del Consiglio di sicurezza dell'ONU,

impegna il Governo:

a promuovere una efficace attuazione della convenzione dell'Aia del 1954 e dei due protocolli addizionali sulla tutela dei beni culturali in caso di conflitto armato sostenendo l'azione nei competenti fori multilaterali per la possibile istituzione di «zone culturali protette», in modo da individuare nuovi e più efficaci meccanismi di tutela dei siti culturali minacciati da situazioni di crisi o conflitto anche attraverso una più forte considerazione della dimensione culturale sia nel corso delle operazioni di mantenimento della pace sia nelle fasi di ricostruzione post bellica; 
a farsi promotore del rafforzamento delle competenze della Corte penale internazionale de l'AIA, prevedendo esplicitamente tra i crimini di guerra il reato di distruzione e danneggiamento su larga scala del patrimonio culturale dell'umanità; 
a usare tutti gli strumenti diplomatici e culturali per cercare la conciliazione tra gruppi etnici e religiosi; 
a promuovere, in conformità con il paragrafo 17 della risoluzione 2199 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 12 febbraio 2015, la lotta al commercio illecito di beni culturali, con riferimento specifico agli oggetti del patrimonio culturale trafugati illegalmente dall'Iraq dal 6 agosto 1990 e dalla Siria dal 15 marzo 2011; 
a definire un approccio coordinato per contrastare il commercio illegale, in collaborazione con i responsabili a livello nazionale in seno ai servizi investigativi e in stretta collaborazione con l'UNESCO e altre organizzazioni internazionali, come il Consiglio internazionale dei musei (ICOM), il Comitato internazionale dello scudo blu internazionale (ICBS), Europol, Interpol, l'Istituto internazionale per l'unificazione del diritto privato (UNIDROIT), l'Organizzazione mondiale delle dogane (OMD), il Consiglio internazionale per i monumenti e i siti (ICOMOS) e l'Istituto internazionale per la conservazione e il restauro dei beni culturali (ICCROM); 
a promuovere il coinvolgimento del centro satellitare dell'Unione europea, che sostiene il processo decisionale dell'Unione nel contesto della politica estera e di sicurezza comune, fornendo materiale ottenuto dall'analisi di immagini satellitari, ai fini del monitoraggio e della catalogazione dei siti archeologici e culturali in Siria e in Iraq e del sostegno alle attività degli archeologi siriani, onde evitare ulteriori saccheggi e risparmiare la vita dei civili; 
ad assumere iniziative per porre in essere un sistema rapido e sicuro per lo scambio di informazioni e la condivisione di prassi eccellenti tra gli Stati membri al fine di contrastare efficacemente il commercio illecito di beni culturali trafugati illegalmente dall'Iraq e dalla Siria, nonché ad adoperarsi affinché gli altri Stati membri si avvalgano degli strumenti internazionali di lotta al traffico illecito di beni culturali a disposizione di ufficiali di polizia e di dogana, come ad esempio l'apposita banca dati «I-24/7» di Interpol sulle opere d'arte rubate e il dispositivo di comunicazione nell'ambito del programma ARCHEO dell'Organizzazione mondiale delle dogane (OMD); 
a sostenere la messa a punto di programmi europei di formazione per giudici, ufficiali di polizia e di dogana, pubbliche amministrazioni e operatori del mercato in senso lato, onde permettere ai soggetti impegnati nella lotta al commercio illecito di beni culturali di acquisire e migliorare le loro competenze, nonché a sostenere iniziative quali il corso di e-learning per i professionisti dei beni culturali siriani, promosso da ICOMOS; 
ad avvalersi del comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, per perseguire la compravendita di antichità e reperti fuoriusciti dai Paesi in conflitto, recuperando e aggiornando alcuni progetti già sperimentati, come il B.R.I.L.A. (Bureau for investigating and recovering Iraqi looted antiquities), sviluppato nel periodo 2000-2003, al fine di individuare i possibili reperti trafugati ed inserirli in un database fruibile dai reparti dei diversi Stati che si occupano del recupero di antichità, nonché per la formazione del personale locale dei Paesi che possiedono beni culturali a rischio; 
ad avvalersi delle eccellenze italiane, riconosciute internazionalmente, in materia di conservazione e restauro (segnatamente l'Istituto superiore per la conservazione ed il restauro-ISCR, l'Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario-ICRCPAL, l'Opificio delle pietre dure-OPD) e in materia di sistemi informatici per la catalogazione del patrimonio (l'Istituto centrale per il catalogo e la documentazione-ICCD) per la formazione dei quadri dirigenti e degli operatori nei Paesi il cui patrimonio culturale è a rischio di distruzione o dispersione; 
a valutare, compatibilmente con i vincoli di carattere finanziario, la costituzione di un apposito fondo di bilancio dedicato alla tutela del patrimonio culturale, artistico e archeologico in pericolo a causa di conflitti, calamità e disastri.