17/07/2015
Enrico Borghi
Alli, Plangger, Braga, Marantelli, Tentori, Guerra, Fragomeli, Senaldi, Gadda, Baruffi, Realacci, Tacconi, Paolo Rossi, Lupi, Bernardo, Vignali, Monchiero, Palladino, Garavini
1-00952

La Camera, 
premesso che: 
in questi mesi è in corso di definizione il negoziato tra il nostro Paese e la Confederazione Elvetica, negoziato che disciplinerà, oltre ai rapporti fiscali tra i due Paesi, anche importanti competenze ad oggi soggette a precedenti accordi quali ad esempio quelle sul lavoro frontaliero; 
il quadro delle relazioni con la Confederazione Elvetica risulta essere complesso a seguito delle prese di posizione dei massimi responsabili istituzionali del Canton Ticino e all'assunzione di specifiche iniziative unilaterali lesive dei principi di libera circolazione delle persone, di libertà della concorrenza e di intrapresa e di uguaglianza di fronte alla legge; 
risultano essere infatti ormai quotidiane le dichiarazioni pubbliche di esponenti istituzionali del Canton Ticino tese a mettere in discussione sia i diritti dei numerosi cittadini italiani occupati regolarmente presso imprese e aziende ticinesi, sia lo stato delle relazioni Italia-Svizzera, concentrate oggi sui negoziati fiscali e sull'accordo per l'imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri; 
ad oggi i lavoratori frontalieri in territorio elvetico provenienti dall'Italia risultano essere circa 60.000 e numerose sono le piccole e medie aziende dei territori di confine della Valle d'Aosta, del Piemonte, della Lombardia e della provincia autonoma di Bolzano ad essere interessate nei processi di fornitura e di assistenza nell'ambito del mercato elvetico; 
nei confronti dei lavoratori frontalieri si è assistito negli ultimi mesi, complice anche la campagna elettorale in territorio elvetico, ad un continuo ed ingiustificato attacco di natura discriminatoria e xenofoba; 
in particolare, ha destato scalpore, a questo riguardo, la decisione del Canton Ticino tesa ad obbligare ogni cittadino italiano in via di occupazione in Svizzera a presentare il certificato dei carichi pendenti in allegato alla richiesta di assunzione; 
in questa direzione si è inserito anche l'avvio dell'elaborazione da parte del Consiglio di Stato del Ticino di una clausola fortemente restrittiva sul reddito dei cittadini italiani occupati in Ticino mediante una maggiorazione del trattamento fiscale sulla base della nazionalità italiana dei lavoratori, circostanze ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo in palese contrasto con l'accordo sulla libera circolazione delle persone sottoscritto tra Unione europea e Confederazione Elvetica; 
è da sottolineare altresì la volontà di introdurre su base cantonale un limite restrittivo di quote dei frontalieri, smentendo in tal modo la competenza del Consiglio federale e ponendo di fatto un'azione di messa in mora dell'accordo sulla libera circolazione delle persone; 
a ciò si aggiunga il fatto che il 24 marzo 2015, con provvedimento n. 24 del 2015, il Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino ha approvato la legge sulle imprese artigianali per l'esercizio della professione di imprenditore nel settore artigianale, introducendo elementi che vanno nella direzione di ostacolare la libera circolazione delle imprese estere in Canton Ticino; 
nello specifico agli articoli 3 e 4 della legge si è decretata l'istituzione di un albo delle imprese artigianali, la cui iscrizione da parte delle stesse costituisce conditio sine qua non per l'esercizio della professione, ed è subordinata al rispetto di determinati requisiti professionali, così come previsto dall'articolo 6 della legge stessa, la cui identificazione è rimandata all'approvazione di apposito regolamento pubblicato sul bollettino ufficiale delle leggi del Canton Ticino il 20 gennaio 2016, con entrata in vigore il 1o febbraio 2016; 
i contenuti del suddetto regolamento prevedono, tra le altre cose, il rispetto dei seguenti requisiti: 
a) diplomi e titoli di studio prevedendo il riconoscimento unilaterale dei diplomi e certificati esteri da parte della Segreteria di Stato Svizzera – SEFRI; 
b) attestati e referenze concernenti l'attività pratica; 
c) certificato di solvibilità personale; 
d) dimostrazione di lavorare in Svizzera da almeno 5 anni; 
e) eventuali infrazioni saranno sanzionate con multe sino a 50.000 franchi; 
una disposizione che, così concepita, necessita di approfondimenti sia rispetto al percorso formativo abilitante sia rispetto alla modalità per il riconoscimento dell'esperienza professionale; 
in merito all'omologazione dei titoli di specializzazione professionale degli artigiani italiani con quelli riconosciuti in Svizzera, come già emerso in passato, e ribadito in occasione nell'incontro tenutosi il 30 giugno 2015 presso il Ministero dello sviluppo economico – divisione VI cooperazione economica bilaterale in merito alla professionalità degli elettricisti ed idraulici italiani, l'ostacolo è rappresentato dal diverso percorso formativo adottato nei due Paesi; impedimento che non può essere superato, così come prospettato dalla Svizzera, con l'introduzione di obbligo di frequentazione da parte delle imprese italiane di idoneo corso professionale riconosciuto dal legislatore svizzero e successivo superamento di un esame di pratica; 
la disamina della questione dovrebbe tener conto anche di quanto previsto dalle direttive europee 2005/36/CE e 2013/55/UE, che nell'istituire un regime di riconoscimento delle qualifiche professionali nell'Unione europea, estesa anche ad altri Paesi dello spazio economico europeo (SEE) e alla Svizzera, mira a rendere i mercati del lavoro più flessibili, a liberalizzare ulteriormente i servizi, a favorire il riconoscimento automatico delle qualifiche professionali e a semplificare le procedure amministrative; 
in tal senso sembra significativo quanto sancisce l'articolo 16 della direttiva 2005/36/EU che recita: «Se in uno Stato membro l'accesso a una delle attività legate all'allegato IV o il suo esercizio è subordinato al possesso di conoscenze e competenze generali, commerciali o professionali, lo Stato membro riconosce come prova sufficiente di tali conoscenze e competenze l'aver esercitato l'attività considerata in un altro Stato membro»; 
in questa direzione va anche la direttiva 2013/55/UE, applicabile dal 18 gennaio 2016, che nel prevedere la creazione di una tessera professionale europea consente ai cittadini di poter chiedere il riconoscimento delle proprie qualifiche professionali; 
si evidenzia altresì che esiste un apposito Accordo tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e l'Unione europea ed i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone i cui lavori si sono conclusi il 21 giugno 1999, approvato dall'Assemblea federale svizzera l'8 ottobre 1991, ratificato con strumenti depositati il 16 ottobre 2000, entrato in vigore il 1o giugno 2002; 
il provvedimento adottato coinvolge 4.548 ditte artigiane individuali e 9.835 dipendenti di società, per un totale di 14.383 italiani che nel corso del 2015 hanno prestato, per un periodo di tempo inferiore ai 90 giorni anno, lavoro in Svizzera nel Canton Ticino. Questi lavoratori, imprenditori e loro dipendenti, sono per lo più di provenienza lombarda e piemontese, in particolare delle province di Varese, Como, Verbano Cusio Ossola, che, per il ruolo che giocano a supporto dell'economia cantonale, quale importante forma di collaborazione per lo sviluppo di alcuni comparti economici (in primis quelli legati alla filiera dell'abitare), sono sempre stati al centro del dibattito in Canton Ticino in quanto ingiustamente accusati di sottrarre opportunità di lavoro alle imprese locali; 
le richiamate gravi prese di posizione nei confronti dei cittadini italiani lavoratori frontalieri in Svizzera sono diventate pressoché quotidiane, creando una forte tensione nei rapporti con la Confederazione elvetica, per evitare la quale si ritiene indispensabile che quest'ultima in maniera esplicita smentisca formalmente con propri atti alcune iniziative condotte dalle autorità cantonali ticinesi a scapito dei principi della libera circolazione delle persone; 
mentre tutto ciò si è andato realizzando, in data 22 dicembre 2015 l'Italia e la Svizzera hanno parafato un accordo sull'imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri, unitamente ad un protocollo che modifica le relative disposizioni della Convenzione contro le doppie imposizioni, al fine di concretizzare uno dei principali impegni assunti dai due Stati nella «road map», firmata nel febbraio 2015 in occasione dei procedimenti connessi con l'approvazione della «voluntary disclosure». Il nuovo accordo, chiamato a sostituire quello del 1974, allo stato non risulta essere stato ancora firmato da parte di entrambi i Governi, né tantomeno approvato da parte dei rispettivi Parlamenti, e i Governi hanno annunciato che il testo sarà reso disponibile e pubblico al momento della firma; 
secondo quanto reso pubblico con un comunicato congiunto del Ministero dell'economia e delle finanze della Repubblica italiana e dalla Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali della Confederazione Elvetica, l'accordo comprende i seguenti principali elementi: 
a) si fonda sul principio di reciprocità; 
b) fornisce una definizione di aree di frontiera che, per quanto riguarda la Svizzera, sono i Cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese e, nel caso dell'Italia, le regioni Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta e provincia autonoma di Bolzano; 
c) fornisce una definizione di lavoratori frontalieri al fine dell'applicazione dell'accordo e include i lavoratori frontalieri che vivono nei comuni i cui territori ricadono, per intero o parzialmente, in una fascia di 20 chilometri dal confine e che, in via di principio, ritornano quotidianamente nel proprio Stato di residenza; 
d) per quanto riguarda l'imposizione, lo Stato in cui viene svolta l'attività lavorativa imporrà sul reddito da lavoro dipendente al 70 per cento al massimo dell'imposta risultante dall'applicazione delle imposte ordinarie sui redditi delle persone fisiche. Lo Stato di residenza applicherà le proprie imposte sui redditi delle persone fisiche ed eliminerà la doppia imposizione; 
e) viene effettuato uno scambio di informazioni in formato elettronico relativo ai redditi da lavoro dipendente dei lavoratori frontalieri; 
f) l'accordo sarà sottoposto a riesame ogni cinque anni; 
il comparto del frontalierato risulta essere interessato, sul fronte interno, da un provvedimento relativo ad una controversa interpretazione normativa relativa al paventato rischio di pagamento da parte dei lavoratori frontalieri dell'assistenza sanitaria italiana, a seguito dell'emanazione di una circolare del Ministero della salute che, richiamando un accordo Stato-regioni in data 20 dicembre 2012, lascerebbe supporre che per i lavoratori italiani occupati in Svizzera e per i titolari di pensione svizzera possa essere prevista l'iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale, mediante il pagamento alla asl di residenza di un contributo fissato dal decreto ministeriale 8 ottobre 1986 e successive modificazioni e integrazioni, circostanza che sta aprendo numerosi dubbi e interrogativi circa la fondatezza giuridico-costituzionale del provvedimento a causa della sua onerosità, della lesione del principio di universalità sul quale si fonda il servizio sanitario nazionale e sulla circostanza che si renderebbe impossibile una pratica uniforme del provvedimento in assenza da parte dell'Italia dell'elenco anagrafico dei frontalieri; 
l'intera questione relativa allo stato delle relazioni tra Italia e Svizzera deve essere colta dal Governo nella sua globalità e complessità e le determinazioni da assumersi in merito non possono essere astratte rispetto al quadro complessivo delle situazioni in campo, ivi compresa la necessaria corrispondenza di risposte ufficiali da parte delle competenti istituzioni elvetiche in termini di positiva cooperazione e di effettiva disponibilità,

impegna il Governo:

a richiedere un chiarimento formale alla Confederazione elvetica in merito alle decisioni discriminatorie assunte dal Canton Ticino in contrasto con gli accordi di libera circolazione delle persone; 
a rivalutare l'accordo tra Italia e Svizzera in materia fiscale in relazione alla formulazione, da parte delle competenti autorità federali e cantonali svizzere, di specifiche assicurazioni formali tendenti ad escludere la validità e l'applicazione di qualsivoglia iniziativa discriminatoria e lesiva dell'accordo di libera circolazione delle persone intercorrente tra Unione europea e Confederazione elvetica nei confronti di cittadini italiani occupati o occupabili in Svizzera e di aziende italiane potenzialmente interessate al mercato elvetico, nonché alla rimozione di ogni forma di discriminazione sin qui messa in campo, ivi compresa l'individuazione da parte della Svizzera di una soluzione euro-compatibile di adeguamento della propria legislazione al risultato del voto popolare sull'iniziativa del 9 febbraio 2014; 
a fare in modo che in ogni caso, modalità e tempistiche relative all'armonizzazione fiscale tra cittadini italiani frontalieri compresi entro la fascia dei 20 chilometri e cittadini italiani frontalieri fuori fascia garantiscano adeguata e sostenibile gradualità modulata temporalmente e che esse inizialmente non comportino aggravi per i lavoratori frontalieri «entro fascia» e siano disciplinate, per quanto di competenza dal Governo italiano, nel disegno di legge di ratifica dell'accordo tra Repubblica italiana e Confederazione elvetica o in altre iniziative normative; 
ad operare affinché in tale contesto venga prevista l'estensione della franchigia per i lavoratori frontalieri prevista dalla legge di stabilità 2015 in termini di permanente agevolazione Irpef anche ai lavoratori frontalieri presenti all'interno della fascia di 20 chilometri dal confine italo-elvetico; 
ad assumere iniziative per garantire, per quanto di competenza, che nel disegno di legge di ratifica si provveda ad assicurare ai comuni di frontiera l'equivalente dell'attuale ristorno delle imposte versate dai lavoratori frontalieri secondo l'accordo del 1974, mediante specifica disposizione che commisuri l'ammontare complessivo e la ripartizione spettante ai comuni di frontiera alla dinamica del monte salari complessivamente prodotto dal comparto transfrontaliero avendo come montante minimo di partenza il valore complessivo dei ristorni fiscali generato nell'ultimo anno fiscale di vigenza dell'accordo Italia-Svizzera del 1974; 
ad avviare, in conformità a specifiche mozioni già adottate dal Parlamento italiano, il percorso finalizzato alla realizzazione dello «statuto del frontaliere» come parte integrante e sostanziale del processo negoziale del futuro accordo tra Italia e Svizzera; 
ad assumere iniziative, anche in sede europea, tese a garantire il rispetto delle norme che regolamentano il riconoscimento delle qualifiche professionali in forza dell'accordo tra l'Unione europea e la Svizzera; 
ad adoperarsi per un costante coinvolgimento delle istituzioni locali interessate (regioni Valle d'Aosta, Piemonte e Lombardia, provincia autonoma di Bolzano, province di Sondrio e del Verbano Cusio Ossola, in considerazione anche delle loro nuove competenze in materia di cooperazione frontaliera a seguito della legge n. 56 del 2014, nonché province di Como, Lecco e Varese) e delle rappresentanze sindacali dei lavoratori frontalieri; 
ad analizzare i contenuti dei provvedimenti legislativi e regolamentari assunti dal Canton Ticino richiamati nelle premesse del presente atto, e ad assumere iniziative – qualora siano in contrasto con gli accordi bilaterali o con l'Unione europea – presso le sedi opportune affinché venga modificato quanto disposto unilateralmente; 
ad intervenire, per quanto di competenza, sospendendo ogni iniziativa di Stato, regioni e province autonome tendenti ad introdurre un'impropria modalità di pagamento da parte di lavoratori italiani occupati in Svizzera e per i titolari di pensione svizzera per il godimento delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale; 
ad assumere iniziative per prevedere che le prestazioni corrisposte ai lavoratori frontalieri dalla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità svizzera (lpp), in qualunque forma erogata, ivi comprese le prestazioni erogate dai diversi enti o istituti svizzeri di pre-pensionamento, vengano assoggettate, ai fini delle imposte dirette, a una tassazione forfettaria in analogia alla normativa sulla collaborazione volontaria; 
ad assicurare che nel prosieguo del processo negoziale sia data adeguata attenzione alla specificità del comune di Campione d'Italia, comprese soluzioni a breve termine sulle questioni doganali; 
ad assumere iniziative per prevedere che l'eventuale extra gettito derivante dall'entrata a regime del trattamento fiscale Irpef dei frontalieri venga destinato a potenziare le infrastrutture nelle zone di confine con la Svizzera, con particolare riguardo alle infrastrutture di trasporto locale, ai collegamenti tra Italia e Svizzera e alla tutela ambientale, mediante la creazione di un apposito «Fondo per le zone di confine italo-elvetiche» presso il Ministero dell'economia e delle finanze. 

(Ulteriore nuova formulazione il 10 febbraio 2016) 

Seduta del 8 febbraio 2016

Illustra Daniele Marantelli
 

Seduta del 11 febbraio 2016

Dichiarazione di voto Enrico Borghi