04/08/2015
Roberto Speranza
Cuperlo, Albini, Amato, Amoddio, Argentin, Beni, Borghi, Bossa, Bruno Bossio, Capodicasa, Carra,Carrozza, Casellato, Cenni, Cimbro, D'Attorre, Epifani, Gianni Farina, Folino, Fontanelli, Fossati, Carlo Galli, Giorgis, Gnecchi,Iacono, La Marca, Laforgia, Lattuca, Leva, Patrizia Maestri, Marzano, Miotto, Mognato, Murer, Giorgio Piccolo, Pollastrini, Preziosi,Rigoni, Roberta Agostini, Giovanna Sanna, Stumpo, Terrosi, Ventricelli, Zappulla, Zoggia, Fabbri, Malisani
2-01056

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che: 
la perdurante situazione di grave di crisi economica e sociale del Mezzogiorno e lo stato di attuazione del programma di utilizzo dei fondi europei ad esso destinati, non possono non suscitare profonda preoccupazione e sollecitare una significativa inversione di tendenza nell'azione dello Stato; 
il Presidente del Consiglio sin dal suo insediamento ha ripetutamente dichiarato che fa parte degli indirizzi prioritari del Governo accrescere rapidamente la capacità di spesa dei fondi europei del vecchio ciclo (2007-13) e del nuovo (2014-20) e nello stesso tempo migliorare la qualità della spesa; 
secondo gli ultimi dati forniti dal DPS (dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica) al 30 maggio 2015, ovvero a sette mesi dalla scadenza fissata dalla Unione europea per la certificazione della spesa del ciclo dei fondi europei 2007-13, risultano ancora non spesi 12,3 miliardi, pari al 26,4 per cento della dotazione complessiva, di cui circa 10 miliardi nelle regioni del Mezzogiorno; 
nel precedente Governo, il Ministro per la coesione territoriale aveva avviato una serie di iniziative di riprogrammazione per accelerare la spesa e concentrarla su alcuni obiettivi anticiclici e tali iniziative di riprogrammazione riguardavano anche il Fondo sviluppo e coesione e il Piano di azione coesione; 
altre ipotesi di riprogrammazione a livello centrale, con il coordinamento del Ministro e la concertazione con le regioni, erano state annunciate in relazione all'andamento della spesa dei programmi operativi regionali e nazionali (gestiti da vari ministeri); 
nel gennaio 2014 si è ufficialmente avviato il nuovo ciclo dei fondi strutturali europei 2014-20 e che le risorse europee a disposizione del nostro Paese ammontano a 41,5 miliardi, ai quali vanno aggiunti il cofinanziamento nazionale e il Fondo sviluppo e coesione un valore complessivo che supera i 100 miliardi; 
non risulta che a più di un anno e sei mesi dall'avvio del nuovo ciclo si sia iniziato a utilizzare tali risorse, pur in presenza di una situazione di grave crisi economica e sociale del Mezzogiorno; 
i POR e i PON sono stati approvati dalla Commissione europea solo negli ultimi mesi e alcuni restano ancora da approvare e non risulta che siano state intraprese iniziative per integrare più efficacemente detti programmi operativi nazionali e regionali in sede di formulazione, in modo da contrastare la dispersione delle risorse e favorire la loro concentrazione su pochi obiettivi di rilievo strategico, così come formulati nelle premesse dell'Accordo di partenariato presentato alla Unione europea e così come auspicato dai precedenti ministri dei Governi Monti e Letta; 
non risulta inoltre che siano in corso iniziative specifiche adeguate per accelerare l'utilizzo delle risorse; 
il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), istituito con il decreto legislativo n. 88 del 2011, comprende le risorse nazionali destinate al riequilibrio territoriale e che tale decreto prevede che nella legge di stabilità, che precede il nuovo ciclo dei fondi europei, venga fissato l'ammontare complessivo (per la durata del ciclo dei fondi europei) delle risorse nazionali da utilizzare per obiettivi di coesione territoriale attraverso il FSC (articolo 5). Con la legge di stabilità approvata nel 2013 la dotazione del FSC è stata determinata in 54 miliardi per il settennio 2014-20. La percentuale riservata alle regioni meridionali è stata fissata all'80 per cento. Tuttavia, a quasi due anni dalla determinazione di tale stanziamento, non risulta che sia stato avviato il processo di programmazione strategica del Fondo, per il quale è prevista una destinazione prevalente a grandi reti infrastrutturali, materiali e immateriali (articolo 4 comma 3); programmazione strategica da realizzarsi in stretta connessione con quella dei fondi europei (articolo 4 comma 2); 
l'Agenzia per la coesione territoriale, istituita dall'articolo 10 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 costituisce un'importante innovazione al fine di promuovere un più efficace coordinamento nazionale nella programmazione dell'uso dei fondi europei e per la integrazione di tali risorse con quelle del FSC, prima ricordato. Inoltre, ad essa sono attribuiti compiti di accompagnamento e di supporto delle autorità di gestione dei programmi operativi regionali e nazionali, anche ai fini dell'accelerazione degli interventi e se necessario di riprogrammazione; in casi di particolare gravità, la Agenzia può inoltre assumere poteri sostitutivi. La legge istitutiva prevedeva che lo statuto dell'Agenzia venisse adottato entro il 1o marzo 2014 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Lo statuto è stato in realtà adottato il 9 agosto 2014. Il direttore è stato scelto nel luglio del 2014 e si è insediato nel dicembre 2014. Tuttavia, l'Agenzia non risulta a tutt'oggi pienamente operativa per la mancanza di regolamenti relativi all'organizzazione e alla contabilità. Di fatto, l'Agenzia non ha quindi potuto finora svolgere efficacemente i ruoli per cui era stata con urgenza istituita, con nocumento sia della necessaria azione di riprogrammazione dei fondi 2007-13 – con i relativi i rischi di perdita consistente di tali risorse prima ricordati – che del necessario contributo di coordinamento dei fondi del nuovo ciclo e della loro programmazione integrata con il Fondo per lo sviluppo e la coesione; 
la scelta di ridurre il cofinanziamento nazionale dal 50 al 25 per cento ai programmi operativi di alcune regioni meno sviluppate dovrebbe alimentare una programmazione «parallela», sull'esempio del PAC. Tuttavia, in mancanza di una programmazione certa degli interventi finanziati con queste risorse «liberate», rischia di tradursi in un'ulteriore riduzione dell'impegno finanziario dello Stato per le politiche di sviluppo e di coesione nel Mezzogiorno; 
avendo il Presidente del Consiglio rinunciato alla presenza nel suo Governo di un Ministro delegato per la coesione territoriale, le relative deleghe sono state affidate al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. Tuttavia, in seguito alla nomina di quest'ultimo a Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il 2 aprile 2015, le deleghe non sono state più riattribuite, in un momento peraltro cruciale per la conclusione del vecchio ciclo dei fondi e l'avvio del nuovo –: 
se l'azione del Governo non sia stata obiettivamente contrastante con gli indirizzi programmatici – ripetutamente espressi dallo stesso Presidente del Consiglio – volti a accelerare il più possibile la spesa dei fondi, migliorandone al contempo la qualità, e quindi l'impatto positivo sulla grave situazione economica e sociale del Mezzogiorno, sulla quale concordano i principali istituti di ricerca; 
se non ritengano pertanto necessario rivedere la scelta di non avvalersi di un Ministro per la coesione territoriale pienamente impegnato nel compito di coordinare più efficacemente l'impiego delle risorse europee e nazionali, rafforzando il suo ruolo con la possibilità di usufruire della piena operatività dell'Agenzia per la coesione territoriale ed, eventualmente, con l'introduzione di modifiche nei meccanismi istituzionali di governo delle politiche di coesione che rendano possibile un miglior coordinamento e una più efficace strategia nazionale; 
se non ritengano altresì necessaria una maggiore attenzione complessiva al problema dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno – attualmente, a parere degli interpellanti, marginale nell'azione del Governo – inteso come componente centrale e ineludibile della strategia per la ripresa complessiva del Paese e, a tal fine, quali iniziative intendano intraprendere in questa direzione. 

Seduta dell'11 settembre 2015

Illustrazione di Luisa Bossa, risposta del governo di Claudio De Vincenti, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, replica di Roberto Speranza.

Illustrazione

Signor Presidente, colleghi, illustro questa interpellanza sulla questione del Mezzogiorno partendo da quello che sta succedendo a Napoli; lo faccio perché ritengo che esista una correlazione profonda tra vicende criminali e contesto sociale, economico e occupazionale. A Napoli è in corso una violenta guerra per il controllo dei traffici illeciti: un conflitto armato interno ai quartieri del centro storico per la gestione delle piazze di spaccio e di racket, che ormai sono i due filoni economici su cui la criminalità organizzata costruisce il suo impero finanziario, che poi ricicla in mille altre attività spesso in altre zone del Paese. 
  In questo scontro criminale sono entrati prepotentemente i minori, tanto che il capo della procura di Napoli ha parlato di «paranza dei bambini», proprio per indicare che ci sono gruppi composti da soli minorenni, che ormai ragionano nella logica del clan criminale e maneggiano con spavalderia, incoscienza e determinazione sempre più armi. L'altro giorno a cadere sotto i colpi di una banda è stato un ragazzino diciassettenne del rione Sanità; gli inquirenti stanno indagando. Parliamo di quartieri dove il segno del sottosviluppo è visibile, è palpabile, manca tutto: mancano asili nido, biblioteche, cinema, languono associazioni, scuole, parrocchie, si vedono raramente le forze dell'ordine; non c’è quasi mai l'istituzione locale se non nelle campagne elettorali. Quartieri letteralmente dimenticati, in cui inevitabilmente prospera quello che a Napoli viene chiamato «il sistema» e che nel resto d'Italia viene ancora ricordato con il termine desueto di camorra. 
  Il sistema, appunto, perché ormai quell'organizzazione è la sola forma di struttura istituzionale riconosciuta: da lì arrivano le regole, da lì arriva il controllo, da lì arriva la forza, da lì arriva la sanzione, solo lì maturano le opportunità economiche. Parliamo di rioni con un tasso di disoccupazione giovanile che supera il 70 per cento, con tassi di evasione scolastica altissima, con una popolazione giovane che non lavora e non studia, e tantissimi padri di famiglia che risultano disoccupati ma che trovano il minimo sostegno vitale nelle mille sacche del sottobosco illegale. 
  Come si vede, tutta la vicenda del crimine in questo contesto è questione sociale, è questione economica; con l'avvertenza – si badi bene – che non è solo questione meridionale, come vogliono alcuni, perché i proventi di quei traffici illeciti concimano una organizzazione criminale che poi si ramifica, porta i suoi capitali sui mercati del nord Italia, infiltra aziende sane, si insinua nell'economia legale e corrode tutto il tessuto economico e sociale del Paese, come dimostrano numerosissime inchieste. 
  L'interpellanza dunque segnala fin dalla premessa che il nodo centrale per il rilancio del Mezzogiorno sono gli investimenti. Abbiamo letto gli ultimi dati forniti dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, e sono numeri non incoraggianti: al 30 maggio 2015, ovvero a sette mesi dalla scadenza fissata dall'Unione europea per la certificazione della spesa del ciclo dei fondi europei 2007-2013 risultano non spesi 12,3 miliardi di euro, pari al 26,4 per cento della dotazione complessiva, di cui circa 10 miliardi nelle regioni del Mezzogiorno; sembra una circostanza grave, preoccupante, alla luce poi delle sue conseguenze sulla vita reale delle persone. 
  Nel gennaio 2014 è partito il nuovo ciclo 2014-2020; vi sono oltre 41 miliardi di euro, che diventano 100 con il coofinanziamento nazionale e il Fondo Sviluppo e Coesione, ma da allora l'utilizzo di queste risorse non risulta ancora attivato. Anche questo è un elemento grave che desta profonda preoccupazione, soprattutto di fronte alle condizioni del Mezzogiorno. 
  Nell'interpellanza, dunque, richiamiamo la condizione problematica in cui versa l'Agenzia per la coesione territoriale, istituita nel 2013. Un'Agenzia che non ci risulta pienamente operativa, che non ha potuto efficacemente svolgere i ruoli per cui era stata con urgenza istituita. Manca poi al Governo un ministro delegato alla coesione territoriale. Le deleghe erano affidate al sottosegretario Delrio, ed oggi, con la nomina del suddetto a ministro delle infrastrutture, le chiediamo: signor sottosegretario, risultano assegnate queste deleghe ? 
  La sensazione è che, di fronte al dramma del Mezzogiorno, al cospetto di numeri che segnalano ritardi e lentezze, dal Governo non arrivi ancora un'azione abbastanza decisa e determinata. 
  Per questi motivi chiediamo una risposta in merito ai ritardi; ci aspettiamo soprattutto un impulso a coordinare più efficacemente l'impiego delle risorse europee e nazionali, a garantire una maggiore attenzione al problema del Mezzogiorno, che è sempre più un tema di stringente rilevanza nazionale. È il destino di tutto il Paese che transita da quello del sud; non esiste una questione meridionale, ma una grande questione nazionale a cui bisogna guardare e di cui bisogna farsi urgentemente carico. 

Risposta del governo

Grazie, Presidente, grazie agli onorevoli interpellanti. Il tema al centro dell'interrogazione è di grande rilievo, anche per l'agenda di governo. Condivido quanto è stato detto da ultimo. In particolare, in analogia con quanto è stato rilevato, possiamo ben affermare che non vi è ripresa nel nostro Paese nel suo insieme se non vi è ripresa del Mezzogiorno. Il Mezzogiorno è parte viva dell'economia e della società italiana. Sappiamo, ed è stato ben evidenziato nell'interpellanza, in quali ritardi si trovi il Mezzogiorno rispetto al resto del nostro Paese, come fino al 2013 si sia verificata una lunga battuta di arresto nel Mezzogiorno e i divari si siano ampliati. I primi dati sulla ripresa in corso sono in parte segnali da cogliere positivamente che vedono una più accentuata ripresa produttiva ed occupazionale del Mezzogiorno rispetto alla media nazionale, ma sono dati ancora timidi e insufficienti, non solo da consolidare, ma da rafforzare nettamente se vogliamo superare quel ritardo di cui parlavo e quell'aggravamento dei divari territoriali verificatosi sino a tempi recenti. Per questo l'azione di intervento nel Mezzogiorno ha visto un impegno crescente del Governo e sta, in questo momento, riscontrando una spinta forte per una svolta complessiva nell'azione delle amministrazioni centrali e locali. Per quanto riguarda il ciclo di programmazione 2007-2013, dei circa 46,7 miliardi disponibili restano da spendere, entro la fine di quest'anno, 9,4 miliardi; sono i dati del monitoraggio al 30 giugno. Non condivido i giudizi contenuti nell'interpellanza circa l'azione del Governo e, per spiegare questa mia risposta, segnalo che, al 31 dicembre 2011, la percentuale di utilizzo dei fondi della programmazione 2007-2013 era solamente il 15 per cento, al 30 aprile 2015 (ultimo dato disponibile, tra poco avremo il consuntivo definitivo al 30 giugno con dati stabilizzati, e quindi casomai potrò poi riportarlo nelle prossime settimane) eravamo al 77 per cento, dal 15 al 77. Io vorrei sottolineare come questo dato da solo testimoni l'azione che il Governo sta dispiegando e l'impegno con cui il Governo sta recuperando una capacità di spesa gravemente compromessa dal Governo 2008-2011. Il dato che ho riportato prima significa che, al 31 dicembre 2011, cioè a due anni dalla conclusione del ciclo, era stato speso il 15 per cento. Oggi noi, con una rimonta che testimonia quello che è stato fatto – e vorrei che venisse riconosciuto – siamo a 30.077. In questo momento siamo oltre ovviamente. Ragioni dei ritardi: oltre appunto alla trascuratezza del Governo 2008-2011 e all'impegno che si è dispiegato dopo, con i Governi successivi e con grande impegno del Governo Renzi – ma comunque qui rivendico anche un'azione avviata dal Governo Monti e dal Governo Letta – riscontriamo ritardi dovuti in parte a carenze amministrative, a inerzie amministrative, non ce lo nascondiamo (adesso c’è un programma sull'edilizia scolastica, ci stiamo lavorando con il Ministro Delrio), mentre la parte di fondi non utilizzata abbiamo verificato che in gran parte – abbiamo fatto una casistica – dipende dal fatto che le amministrazioni locali – l'edilizia scolastica passa essenzialmente per i comuni – non hanno avviato le procedure, cioè neanche ci sono ostacoli strani, in certi casi è inerzia amministrativa, inerzia di governo locale. In altri casi sono normative che rendono non facile accelerare le procedure, soprattutto su alcune opere infrastrutturali abbiamo delle procedure che rinviano ad una serie di passaggi e di responsabilità che rendono estremamente farraginoso il processo di approvazione e di sblocco di un'opera. Abbiamo cominciato a intervenire su questo piano con il cosiddetto «sblocca Italia»; intendiamo continuare a snellire e chiarire le procedure con un punto chiaro che ci tengo a sottolineare: snellire le procedure non significa renderle più rigorose, casomai l'opposto, le si rende più rigorose, perché è nell'affastellarsi di competenze sovrapposte e a tratti – perdonate la battuta – quasi incomprensibili che si annida esattamente l'arbitrio. 
  Quindi, l'operazione, iniziata con lo «sblocca Italia» e che ora va completata, è essenziale per rendere trasparenti i processi decisionali che portano a realizzare infrastrutture. 
  Abbiamo, a questo punto, messo in piedi, nei mesi scorsi, delle task force regione per regione, in cui è fortemente impegnata l'Agenzia per la coesione territoriale. Segnalo che stiamo procedendo nella costruzione dell'Agenzia. Qui il rilievo che gli interpellanti ci fanno lo condivido, in questo caso sono d'accordo. Stiamo accelerando su questo terreno. Segnalo che i regolamenti di organizzazione e contabilità sono stati adottati a inizio agosto e che è in fase di costituzione l'organico dell'Agenzia, attraverso l'interpello previsto dalla legge e le altre procedure previste dalla legge. 
  In ogni caso, però, l'Agenzia, seppure a ranghi ancora ridotti, ha cominciato da tempo a lavorare in modo estremamente efficace. Da quando abbiamo le task force, l'Agenzia per la coesione territoriale, Governo e amministrazioni regionali, abbiamo riscontrato un'accelerazione delle procedure e, quindi, della capacità di spesa, che è parte di quel processo che ha portato al risultato che dicevo prima. 
  Abbiamo l'obiettivo, entro il 31 dicembre 2015, di arrivare al 100 per cento dell'utilizzo dei fondi. È un obiettivo difficile e impegnativo per tutti i motivi che ho detto finora. Il Governo sta dispiegando appieno tutti gli strumenti per raggiungere l'obiettivo. È un obiettivo difficile ma possibile. Passa per un rapporto intenso, anche dialettico, quando è necessario, con le amministrazioni regionali e locali e con una tensione nell'azione delle amministrazioni centrali. 
  Anche il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, che è in fase, anche questo, di completamento dell'organico, opera da tempo, ed è grazie all'azione del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica che noi oggi possiamo dire che dei 50 programmi nazionali e regionali della programmazione 2014-2020, in gran parte indicati e definiti in sede di legge di stabilità e di accordo di partenariato, di questi 50 programmi, dicevo, ne sono stati adottati e approvati dalla Commissione europea 46. I quattro restanti, in particolare il PON legalità e i POR Abruzzo, Calabria e Campania sono in corso di adozione. 
  Riteniamo di potere concludere questa fase di adozione e di approvazione da parte della Commissione europea entro il 30 settembre, con l'unica avvertenza, forse, che il POR Campania richiederà ancora qualche giorno dopo il 30 settembre. Comunque, siamo molto vicini a completare questa fase e vorrei segnalare che anche questo, al contrario di ciò che viene detto nell'interpellanza, è un importante risultato, perché comunque significa che, a meno di due anni dall'avvio del nuovo ciclo, abbiamo tutti i programmi approvati e, quindi, possiamo cominciare a utilizzare i fondi del nuovo ciclo 2014-2020 molto prima di quanto è successo con il ciclo 2007-2013. Quindi, finalmente si comincia a tornare ad una capacità di governo dei fondi strutturali che ci porti a utilizzarli pienamente nei tempi utili e necessari. 
  Riguardo al Fondo sviluppo e coesione, segnalo che il Fondo complessivamente oggi è dotato di 43 miliardi 848 milioni. Alcune disposizioni normative, approvate dal Parlamento, hanno cominciato ad allocare una parte di questi 43 miliardi 800 milioni, circa 4 miliardi 700 milioni, in alcuni primi obiettivi. Noi stiamo, in questo momento, insieme con i ministri competenti e con le regioni, lavorando a definirne l'allocazione sugli assi strategici che facciano da supporto a politiche nazionali e regionali condivise e, contemporaneamente, che completino il disegno programmatorio verso, in particolare, il Mezzogiorno, con riferimento alla coerenza rispetto alle allocazioni dei fondi strutturali attraverso i PON e i POR. 
  Segnalo, da ultimo, che, nella seduta del CIPE dell'8 agosto 2015, sono stati assegnati 3 miliardi 500 milioni sul Fondo sviluppo e coesione al Piano strategico per la banda ultralarga; un piano decisivo per il nostro Paese, e in particolare per il Mezzogiorno, dove vi è da superare – anche in altre parti del Paese, ma in particolare nel Mezzogiorno – il cosiddetto digital divide. È un'infrastruttura portante della competitività dell'economia italiana e della qualità della vita dei cittadini, di grandissimo rilievo per il Mezzogiorno, naturalmente insieme con le altre infrastrutture, su cui il Fondo sviluppo e coesione e i fondi strutturali sono chiamati ad intervenire. 
  Quanto ho richiamato fin qui segnala come il Mezzogiorno sia al centro dell'impegno del Governo: lo dicono i fatti, non le parole; lo dice ciò che abbiamo fatto e i risultati che stiamo conseguendo, pur nelle difficoltà, che sarebbe sbagliato nasconderci, anzi, è bene conoscerle fino in fondo, per poterle superare. Gli onorevoli interpellanti pongono il problema delle deleghe, in particolare sui fondi strutturali, e non solo, su questo insieme di tematiche. Segnalo che il fatto che le deleghe non siano ancora state assegnate non implica che il Governo non stia lavorando, come ho cercato di chiarire, «ventre a terra» su questo tema. 
  Deleghe non assegnate significa deleghe in capo al Presidente del Consiglio in persona e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che vi sta parlando e che fa da supporto del Presidente del Consiglio in tutte le materie, e in particolare, poi, proprio su questa. Del resto – scusatemi se lo dico in modo molto colloquiale – invito gli onorevoli interpellanti a sentire i presidenti delle regioni per i piani operativi regionali e anche i ministri interessati ai vari piani operativi nazionali. Verificherete che è in corso, già da giugno, un confronto molto intenso, diretto, in Presidenza del Consiglio, ministero per ministero, regione per regione, per accelerare e completare il programma 2007-2013 e per chiarire – non a caso ho detto che abbiamo già avuto, se Dio vuole, l'approvazione da parte della Commissione europea di 46 programmi su 50 – la programmazione 2014-2020. Non vi è nessuna sensazione – posso garantirvelo, anzi – da parte dei presidenti delle regioni di essere abbandonati a se stessi. No, sono convocati a Palazzo Chigi e, anzi, si sentono un po’ pressati, per essere sintetici. Non vi è nessuna sensazione di essere abbandonati a se stessi. 
  Del resto, proprio tra fine luglio ed inizio agosto, lo accennavo all'inizio, c’è stato un ulteriore impulso da parte del Presidente del Consiglio dei ministri per dare fino in fondo, anche a livello di consapevolezza comune, il senso di questo impegno forte sul Mezzogiorno, di questa consapevolezza che, senza il Mezzogiorno, l'Italia non riparte; senza la ripartenza del Mezzogiorno l'Italia non riparte. Senza bisogno di richiamare gli interventi che il Presidente, come diversi altri membri del Governo hanno svolto nelle ultime settimane, richiamo il messaggio forte che ha lanciato il Presidente del Consiglio dei ministri quando ha affermato: ora noi aggiungeremo a questo insieme di azioni che stiamo facendo un ulteriore impulso, attraverso quelli che abbiamo chiamato i patti per il sud, patti con ognuna delle regioni e ognuna delle città metropolitane del Mezzogiorno. Qual è l'obiettivo dei patti ? Una condivisione forte tra Governo e amministrazioni regionali e locali degli obiettivi, degli strumenti, dei passaggi da fare, per non ripetere gli errori del passato; dare sistematicità, regione per regione, città metropolitana per città metropolitana, alla mole di interventi che, in questo ultimo anno e mezzo, due anni, abbiamo messo in campo; dargli ordine, sistematicità, sinergia. 
  Non da ultimo, responsabilizzare. Responsabilizzarci a vicenda, anche se, come ho cercato di spiegare, credo che il Governo nazionale si senta più che responsabile e – lo ripeto – lo testimoniano i fatti e non le parole. Responsabilizzare, però, consentitemi, riguardo le amministrazioni regionali e locali: il grosso di quei fondi non spesi sono fondi che stanno in capo alle amministrazioni regionali e locali. Noi dobbiamo assolutamente avere una svolta dal punto di vista dell'impegno, del gusto di fare amministrazione moderna ed efficiente che sappia utilizzare i fondi. Abbiamo trovato una risposta positiva, molto positiva, da parte dei presidenti delle regioni meridionali e dei presidenti delle città metropolitane, e abbiamo avviato quest'ultima (ultima in ordine di tempo) parte del disegno complessivo, questo ultimo passaggio: la costruzione di un patto con ogni regione, un patto con le città metropolitane, che metta a sistema gli interventi e, quindi, consenta di rafforzare e dare fiato all'azione 2014-2020.

Replica

Grazie, Presidente. Grazie sottosegretario per questa risposta. Io voglio segnalare che, se cinquanta deputati del Partito Democratico hanno deciso di voler concentrare la propria attenzione su un tema così delicato, è perché si è di fronte ad una situazione davvero drammatica in un pezzo del nostro Paese. Voglio utilizzare una parola che potrà suonare forse troppo dura, troppo forte, rispetto ad un dibattito politico che, molto spesso, è stato distratto su questa materia, ma credo sia la parola giusta. Noi siamo di fronte ad una vera e propria scissione silenziosa in cui resta l'inno nazionale e il tricolore, ma l'inno nazionale e il tricolore rischiano di divenire un guscio vuoto dentro il quale non c’è praticamente nulla. E il tema di fondo, dal mio punto di vista, è quello della qualità della cittadinanza. Infatti, oggi purtroppo nascere a Reggio Calabria, nascere a Napoli, nascere a Bari o nascere a Milano, Torino o Genova non è cosa identica. Si ha una qualità della cittadinanza diversa: una qualità diversa dei servizi, una qualità diversa del sistema di istruzione e formazione, una qualità diversa abitativa e della vita quotidiana. Ed è per questo che noi abbiamo voluto sollecitare la massima attenzione del Governo su questa materia. 
  Nella mia personale opinione, i dati che, in qualche modo, la nostra presentatrice Luisa Bossa, ma anche la sua stessa replica, hanno affermato, segnalano che c’è bisogno di una sterzata nell'azione di Governo riguardo questa materia. Lo dimostrano i numeri. Sono numeri che – certo – vedono un miglioramento negli ultimi anni, ma che ancora segnalano ritardi non paragonabili con altre aree dell'Europa. È stato detto, il 26 per cento dei fondi a noi risulta ancora non speso sulla programmazione 2007-2013. Bene che ci sia un'accelerazione negli ultimi mesi, ma riteniamo che si debba necessariamente fare di più. La stessa programmazione 2014-2020 – siamo ormai nei mesi finali del 2015 – necessita una straordinaria accelerazione. 
  Così come credo che noi dovremmo lavorare, sottosegretario De Vincenti, ad una concentrazione delle nostre azioni. A me risulta personalmente che ci siano circa 330 azioni già programmate per la programmazione 2014-2020. Io so che il lavoro del Ministro Trigilia, che ha svolto questa funzione nel Governo precedente, aveva individuato in solo 50 le azioni da svolgersi proprio per evitare che si costruissero condizioni di una dispersione. 
  Io ritengo che su questo noi dobbiamo provare a definire una nuova agenda. I dati Svimez sono stati un elemento di nuovo dibattito pubblico nel Paese. C’è stata una reazione molto forte, in modo particolare del partito in cui mi onoro di stare, il Partito Democratico, e questo è senz'altro un fatto positivo. Dovremmo far seguire a questo dibattito pubblico, che lo stesso Presidente del Consiglio ha voluto mettere al centro dell'attenzione negli ultimi giorni prima della pausa estiva, azioni concrete di Governo. Io, per esempio, sono tra quelli che pensano che nelle prossime azioni del nostro Governo bisogna provare a tenere il Mezzogiorno come questione fondamentale. Noi abbiamo svolto importantissime iniziative di politica economica espansiva negli ultimi mesi, giuste e che io condivido. L'interevento sull'IRAP lavoro è un intervento giustissimo. Non c'era azienda del Paese che non ci chiedesse di svolgerlo. Ma quei 6 miliardi di euro, chiedo al mio Governo, dove sono andati ? Sostanzialmente dove ci sono le imprese, dove c’è il lavoro. Abbiamo speso 9 miliardi e mezzo di euro per la misura IRPEF 80 euro. È una misura che io ho sostenuto, una misura giusta, che ha dato ossigeno a una parte dei nostri cittadini. Questi soldi dove sono andati ? Sono andati dove c’è il lavoro, dove c’è il lavoro a tempo indeterminato. E quindi, sul piano geografico, naturalmente sia la misura IRAP lavoro che la misura 80 euro si sono rivolte alle aree più forti del Paese. 
  Io pongo, per questo, la questione che, se c’è ancora un euro da spendere – come io sono sicuro ci sarà –, lo si provi a mettere sul pezzo di territorio in maggiore difficoltà. Quando una parte del nostro mondo chiede con forza una misura universale di contrasto alla povertà, lo fa perché ritiene che una misura di quel tipo sposterebbe, invece, risorse verso le aree più deboli, non solo il Mezzogiorno, ma anche le aree deboli che ci sono fuori dal Mezzogiorno. E questo, dal mio punto di vista, si può fare in un rapporto positivo, in un coordinamento stringente, come è indispensabile, tra regioni e Stato. 
  Anche in questo caso, noi siamo di fronte ad un dibattito che, sinceramente, è schizofrenico in questo Paese. Noi siamo passati da un dibattito pubblico in cui il federalismo era la soluzione di tutti i problemi del nostro Paese – io ricordo che svolgevo una funzione di guida del mio partito nel territorio; venivo a Roma e mi veniva impartita quotidianamente una lezione sulle straordinarie qualità del federalismo –, siamo passati in pochi anni, in questo nostro Paese, da un dibattito in cui il federalismo è la chiave per aprire tutte le porte a un dibattito in cui tutto ciò che è a Roma funziona e tutto ciò che è nelle regioni non funziona. Io credo che noi, insieme, Governo e realtà territoriali, dobbiamo provare a rovesciare questo schema che, dal mio punto di vista, non può sinceramente funzionare. Inoltre, dal mio punto di vista, abbiamo bisogno di trovare – l'onorevole Luisa Bossa diceva anche questo – ad investire sulla grande questione delle risorse umane. Anche qui abbiamo bisogno di azioni di Governo molto chiare. Vi invito a ragionare sui dati delle iscrizioni all'università del nostro Paese. Le iscrizioni all'università nel sud sono drammaticamente calate: meno 14 per cento e, inoltre, c’è una difficoltà straordinaria degli atenei del Mezzogiorno perché, se il criterio con il quale il Ministero affida una parte di fondi è il fatto che tu dopo sei mesi hai o meno trovato lavoro, è del tutto evidente che l'ateneo di Milano o di Torino avrà molte più possibilità di reperire fondi rispetto all'ateneo di Cosenza o di Bari. Allora io penso che su questi grandi temi ci sia bisogno di una nuova spinta nell'azione di Governo che ci consenta di cambiare esattamente una rotta che negli ultimi anni dal mio punto di vista non ha prodotto sufficienti risultati. È chiaro che da deputati del Partito Democratico il nostro è uno sprone, una spinta al Governo che sosteniamo perché si faccia di più e meglio. Vorrei aggiungere un punto che mi pare abbastanza significativo: molto spesso nel nostro sud si ha la sensazione che sia necessario aspettare un salvatore della patria, in qualche modo uno sciamano, in qualche modo un uomo dei miracoli che con la bacchetta magica venga a risolvere tutte le questioni. Mi permetto di indicare un'altra rotta che sta più dentro la storia e la cultura politica che voglio rappresentare cioè immaginare che il nostro sud abbia bisogno di meno urla, meno annunci a petto in fuori e un po’ più lavoro quotidiano anche oscuro. Se mi permette di poter utilizzare un termine che sto utilizzando in questi mesi, il nostro sud ha bisogno di coltivare virtù antieroiche ovvero di lavoro faticoso, quotidiano, che lei sottosegretario conosce bene – io riconosco il lavoro che ha voluto svolgere – e che va esattamente in questa direzione, un sud che riscopra virtù antieroiche e che si rimetta a lavorare in una sinergia vera con il Governo nazionale e – mi permetta di dirlo – mi auguro che nei prossimi giorni il Governo nazionale risolva la questione della delega. Infatti capisco che si può andare avanti anche senza affidare una delega ma che su un tema che noi decidiamo essere prioritario non si sappia quale sia il numero di telefono che bisogna fare se non quello del Presidente del Consiglio dei ministri, secondo me, si sta commettendo una sottovalutazione. D'altronde quella delega era stata affidata al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Delrio che aveva svolto anche un lavoro importante. Noi riteniamo che sia un errore non affidare questa delega. Poi è chiaro che il Presidente del Consiglio dei ministri è la persona che ha tutte le carte in regola e le qualità per poter essere il massimo protagonista. Ma ritengo che sia grave il fatto che la delega sulla questione del Mezzogiorno e sull'utilizzo dei fondi, rispetto ai numeri che abbiamo voluto riportare, non sia ancora affidata. Concludo dicendo che penso questo: su questa materia bisogna evitare di stare in polemiche politiche che non hanno senso. Qui ci giochiamo un pezzo reale di sviluppo del nostro Paese nella funzione che ciascuno ricopre: nella funzione parlamentare i cinquanta sottoscrittori di questa interpellanza urgente, nella funzione di Governo ma penso nella funzione più generale di rappresentanza politica. Ci sono le condizioni perché, dentro i primi segnali di ripresa, il sud possa essere protagonista ma c’è bisogno di costruire una straordinaria sinergia e una nuova azione fortissima di cui il Governo deve essere il primo motore ma che veda protagoniste le regioni, veda protagonisti gli enti territoriali e veda protagonista anche la discussione di questo Parlamento che deve essere coinvolto e in cui ci sono risorse per dare una mano nella sfida dello sviluppo del Mezzogiorno per creare nuove condizioni e per vincere tale sfida, senza la quale non sarà possibile alcun sviluppo del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).