21/07/2020
Laura Boldrini
Quartapelle Procopio, Deiana, Muroni, Sarli, Bruno Bossio, Ciampi, Giordano, Ianaro, Baldini, Ascari, Elisa Tripodi, D'Arrando, Casa, Bologna, Fitzgerald Nissoli, Villani, Martinciglio, Cancelleri, Papiro, Noja, Serracchiani, Carnevali, Schirò, Gribaudo, Pini, Ciprini, Barzotti, Pezzopane, Bonomo, Occhionero, Cenni, Giannone, De Lorenzo, Aprile, Frate
2-00868

 I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   in Turchia è stato depositato in Parlamento dal partito di Governo AKP un emendamento all'articolo 103 del Codice penale turco (TCK) che permetterebbe agli autori di abusi sessuali su minori di essere lasciati liberi qualora sposassero le loro vittime;

   l'emendamento potrebbe essere messo ai voti nei prossimi giorni, entro il 25 luglio – giorno della chiusura dei lavori parlamentari prima della pausa estiva – ma non ne si dà, volutamente, informazione per cercare il più possibile di cogliere gli oppositori impreparati;

   le donne della società civile si sono raccolte e organizzate nella «Piattaforma delle Donne TCK 103» (TCK 103 Women's Platform), che comprende quasi tutte le associazioni femminili della Turchia;

   questa Piattaforma ha prodotto un documento per denunciare quanto sta accadendo e sta portando avanti una campagna di informazione sia sul fronte interno, accompagnata da mobilitazioni e marce di protesta, che su quello estero, cercando di sensibilizzare la comunità internazionale;

   una versione simile dello stesso emendamento era già stata presentata nel 2016, ma era stata poi ritirata a seguito della mobilitazione organizzata nel Paese dalle donne;

   secondo il testo dell'emendamento depositato, un uomo che sia stato accusato, processato e condannato per abuso sessuale su un minore, sarà rilasciato se sposerà la vittima, a patto che: la vittima avesse almeno 13 anni al momento dell'abuso; la differenza di età tra la vittima e l'autore dell'abuso non sia maggiore di 15 anni; il matrimonio sia stato celebrato prima che la legge venga emanata e il matrimonio duri per almeno 5 anni;

   si tratterebbe nella sostanza di una sorta di amnistia per gli uomini autori di abusi sessuali su minori, sotto la maschera di un matrimonio religioso «riparatore», con il tacito consenso della famiglia della vittima;

   in base all'articolo 90 della propria Costituzione, la Turchia è vincolata ad agire secondo le convenzioni internazionali sui diritti umani che ha sottoscritto, tra cui: la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo (CRC), che obbliga gli Stati a tutelare gli interessi preminenti dei minori (articolo 3); la Convenzione Onu sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (Cedaw), che proibisce i matrimoni coi bambini e stabilisce il «diritto di scegliere spose e contrarre matrimonio solo con il loro pieno e libero consenso» (articolo 16); la Convenzione di Lanzarote, che obbliga gli Stati a criminalizzare l'attività sessuale con bambini al di sotto dell'età legale per il consenso, a prescindere dal contesto in cui questo comportamento viene esercitato (articolo 18); la Convenzione di Istanbul, che sottolinea la necessità di promuovere la parità di genere per prevenire e combattere la violenza contro le donne e che obbliga gli Stati a criminalizzare «la condotta intenzionale di forzare un adulto o un bambino al matrimonio» (articolo 37);

   secondo i princìpi di queste convenzioni, i matrimoni infantili e precoci non solo minano la salute sessuale e riproduttiva delle ragazze – aumentando il rischio di mortalità per parto e delle malattie dovute a gravidanze precoci – ma le rendono più esposte nei confronti di chi su di loro ha esercitato ed esercita violenza;

   a peggiorare la situazione sono anche le voci sempre più ricorrenti, accompagnate da dichiarazioni ufficiali di esponenti del partito di Governo, su una possibile uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo, nei consessi bilaterali con la Turchia, così come in quelli internazionali ed europei, per assicurare il rispetto dei diritti umani, la protezione dei minori dagli abusi sessuali, la promozione dei diritti delle donne contro la violenza di genere e il diritto a contrarre il matrimonio solo sulla base di un pieno e libero consenso.

Seduta del 24 luglio 2020

Illustrazione di Laura Boldrini, risposta del governo di Emanuela Del Re, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, replica di Lia Quartapelle.

illustrazione

Buongiorno, Presidente, grazie di avermi dato la parola. Signora Vice Ministra, mi fa piacere vederla in quest'Aula. La Turchia, signor Presidente, come è noto, è un Paese membro del Consiglio d'Europa e il Consiglio d'Europa ha tra le sue finalità principali quella di tutelare i diritti umani, la democrazia parlamentare e anche lo Stato di diritto; eppure, soprattutto dopo il tentato colpo di Stato del 2016, il Governo di Ankara ha messo in atto una reazione assolutamente sproporzionata, con migliaia di arrestati, tra giornalisti, giudici, impiegati pubblici, che sono ancora in attesa di giudizio. La Turchia, signora Vice Ministra, è anche un membro della NATO e la NATO, nel suo statuto, parla di democrazia, delle libertà individuali e della preminenza del diritto e si richiama appunto nello statuto il principio di autodifesa, espresso appunto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.

Eppure, in violazione di questo principio, la Turchia è pubblicamente, diciamo noto, attiva nel teatro di guerra libico, con un protagonismo che sicuramente è mosso da un intento egemonico per lo sfruttamento delle risorse nel bacino del Mediterraneo, abbiamo visto anche le tensioni con Cipro. Altro che autodifesa! La Turchia ha sottoscritto anche diverse Convenzioni internazionali: quella dell'ONU sui diritti del fanciullo, la CEDAW, contro le discriminazioni sulle donne, la Convenzione di Lanzarote, e quella di Istanbul, che hanno alcuni elementi in comune, tra i quali la tutela dei diritti e della libertà delle donne e il divieto di attività sessuali con bambini e di contrarre anche matrimoni forzati. La Costituzione turca, all'articolo 90, obbliga ad agire secondo le Convenzioni sui diritti che appunto lo Stato ha sottoscritto. Eppure, nonostante tutto questo, il partito di Governo ha annunciato l'intenzione di presentare in Parlamento un emendamento all'articolo 103 del codice penale che permetterebbe agli autori di abusi sessuali sui minori di farla franca, basta solo sposare le vittime. Che ci vuole? Posso dire come la penso, signor Presidente? Posso dirlo in quest'Aula? Una mostruosità (Applausi)! Si chiama matrimonio riparatore: una vera mostruosità, un'amnistia vergognosa per gli stupratori di minorenni! Ci provarono già nel 2016 ad introdurre una versione molto simile a quest'emendamento, ma gli andò male, perché le proteste delle donne e della società civile turca, che è molto vigile e molto attiva, costrinse il Governo a rinunciarvi. Ora ci provano di nuovo, e dalle notizie che abbiamo potrebbe accadere nei prossimi giorni, anzi nelle prossime ore, che il Parlamento approvi quest'emendamento. Per questo, con questa interpellanza, signora Viceministra, firmata da 35 deputate di vari gruppi politici, chiediamo al Governo italiano come intenda intervenire, con le modalità e nelle sedi opportune, per scongiurare questo drammatico colpo ai diritti delle donne e ai diritti dei bambini, che si accompagnerebbe ad un altro passo indietro di cui si parla in questi giorni (anche qui bisogna verificare), sempre da parte degli esponenti del partito di Governo, l'AKP, ossia dell'uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul; quella Convenzione, signor Presidente, che rappresenta una pietra miliare nei diritti delle donne, perché stabilisce che la violenza degli uomini sulle donne è una violazione dei diritti umani e, dunque, gli Stati non la possono considerare un affare privato ma hanno il compito di intervenire, di prevenirla, di punire gli autori di quella violenza e di proteggere le vittime: le tre “P”. Allora, un'azione del Governo italiano come quella che noi auspichiamo non potrebbe mai e poi mai essere considerata un'ingerenza negli affari interni di un Paese, perché questo Parlamento, signor Presidente, discute, giustamente, di ciò che accade ad Hong Kong, di ciò che accade in Egitto, in Venezuela, ma soprattutto perché la tutela dei diritti umani non conosce confini, è un patrimonio comune, è un bene comune, e non si può decidere arbitrariamente che la globalizzazione debba riguardare solo l'economia e la finanza. Noi dobbiamo adoperarci perché la globalizzazione sia anche dei diritti; la globalizzazione dei diritti. Così come non vanno tutelati solo gli affari e gli interessi, ma anche appunto i diritti delle persone. Per questo ciò che accade ad Ankara e a Istanbul ci riguarda. Ci riguarda come donne, ci riguarda come parlamentari, come cittadini e come cittadine di un Paese e di un continente che sono considerati a buon titolo nel mondo come la culla del diritto. Noi abbiamo quest'onore e quest'onere da portare avanti e a questo apprezzamento vogliamo rendere omaggio, rendere onore, dicendo al Governo turco di fermarsi, di evitare questo sfregio, e al Governo italiano chiediamo di agire in ogni sede perché questo avvenga perché il Governo turco ci ripensi.

Risposta del governo

 Presidente, desidero ringraziare la deputata Boldrini e tutte le presentatrici di quest'interpellanza per avere attirato la nostra attenzione, soprattutto l'attenzione dell'Aula, sulla questione fondamentale dei diritti umani, su temi delicati e importanti come la protezione dei minori dagli abusi sessuali, la tutela dei diritti delle donne contro la violenza di genere e il diritto a contrarre matrimonio solo sulla base di un pieno e libero consenso. È chiaro che io stessa provo un grande sentimento di preoccupazione per tutto quello che va nella direzione opposta rispetto appunto all'attuazione dei diritti umani, di conseguenza condivido questo atteggiamento, anche enfatico, rispetto alla questione, che peraltro si rappresenta come un'espressione trasversale di molte donne che si sono mobilitate al di là delle appartenenze politiche, perché la sottoscrizione di quest'interpellanza è ampia e trasversale appunto, e oggi qui discutiamo una questione che ci riguarda tutti. È giusto che la proposta di emendamento volta a modificare in senso regressivo e inaccettabile il codice penale turco susciti questa nostra forte attenzione e la nostra vigilanza; una vigilanza che possiamo e dobbiamo esercitare in nome dei principi e delle Convenzioni di cui la stessa Turchia è parte, dalla Convenzione ONU sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione verso le donne, da lei citata (CEDAW), alla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia (CRC), dalla Convenzione di Lanzarote a quella di Istanbul. Con la legge del 2005 sulla protezione dei minori, la Turchia si è impegnata ad attuare le disposizioni di queste Convenzioni internazionali. Il codice penale e il codice civile in Turchia riconoscono quali minori tutti gli individui al di sotto dei 18 anni di età. L'articolo 124 del codice civile turco stabilisce che l'età minima per il matrimonio è di 17 anni. Solo in situazioni tra virgolette “straordinarie” il giudice può consentire le nozze a una persona che abbia compiuto 16 anni e solo dopo il consenso da parte dei genitori. Nel 2005 la scriminante del cosiddetto “matrimonio forzato con lo stupratore” del minorenne nella fascia tra i 15 e i 18 anni è stata eliminata - per fortuna - dal codice penale turco. Per quanto riguarda il reato di abuso sessuale scattano delle aggravanti se la vittima è minore di 15 anni. L'articolo 103 del codice penale, nella sua vigente formulazione, recita quanto segue: “La persona che abusa sessualmente di un minore viene punita con pena detentiva da 8 a 15 anni. Nel caso in cui l'abuso sessuale non vada oltre la molestia, la pena va dai 3 agli 8 anni. Se la vittima non ha compiuto i 12 anni, la pena non può essere inferiore a 10 anni per i casi di abuso e a 5 anni per casi di molestia. Se il reato è stato commesso in maniera particolarmente grave ed efferata, la pena non può essere inferiore a 16 anni. Se la vittima non ha ancora compiuto i 12 anni, la pena non può essere inferiore a 18 anni”. Quindi, il controverso disegno di legge con emendamenti all'articolo 103, che ho appena ricordato, è stato presentato in Parlamento per la prima volta già nel 2016 da sei deputati del Partito Giustizia e Sviluppo, l'AKP. In base a questa proposta, il nuovo articolo 103 avrebbe dovuto aggiungere questo comma: “Se il reato di abuso su minore accaduto prima del 16 novembre 2016 è stato commesso senza forza, minaccia o qualsiasi altra restrizione al consenso e se l'aggressore ha sposato la vittima, si sospende il processo senza limite di tempo. Se il verdetto è già stato annunciato, l'esecuzione della pena è rimandata”. Quest'emendamento, noto alle cronache come amnistia per i matrimoni con spose bambine, ha destato forti reazioni da parte di tutti i partiti dell'opposizione e della società civile turca, compresa la Kadem, l'Associazione per le donne e la democrazia, molto vicina all'AKP.

Quando la proposta venne presentata per la prima volta, il vicepresidente di Kadem era infatti la figlia del presidente Erdogan. Il 23 novembre 2016 la Commissione giustizia del Parlamento turco ha adottato alcune modifiche all'articolo 103 sul reato di abuso su minori, senza però introdurre la paventata amnistia. In quella occasione è stata, invece, decisa la distinzione per fasce d'età: minori sotto i 12 anni e minori tra i 12 e i 15 anni per appunto incrementare la durata della pena detentiva in maniera inversamente proporzionale all'età della vittima. Nel 2019, durante le discussioni concernenti il cosiddetto “secondo pacchetto” della riforma della giustizia, la modifica dell'articolo 103 è stata messa di nuovo all'ordine del giorno. Un passaggio del pacchetto faceva cenno ad una sospensione sine die dei provvedimenti giudiziari riguardanti gli autori di abusi sessuali contro minori nel caso in cui la differenza di età non fosse superiore a dieci anni e fosse intervenuto nel frattempo il matrimonio tra aggressore e vittima. Secondo una stima, 7 mila condannati avrebbero potuto beneficiare di questa cosiddetta amnistia. L'AKP e il Partito del movimento nazionalista, l'MHP, hanno tuttavia dichiarato più volte che l'amnistia non avrebbe incluso i crimini sessuali. Lo scorso 21 luglio l'ultima parte di questo secondo pacchetto è stata votata dal Parlamento, senza però includere il temuto emendamento dell'abuso sui minori. Tuttavia, come denunciato proprio dalle associazioni riunitesi contro l'adozione dell'emendamento sotto l'egida della Piattaforma delle donne TCK 103, rimane il rischio che la modifica di legge venga ripresentata in un futuro anche prossimo. Il Parlamento turco non ha infatti ancora stabilito una data per il termine dei lavori in occasione della pausa estiva.

L'Italia è tradizionalmente estremamente attenta a questi temi. La nostra ambasciata ad Ankara ha sensibilizzato sul rischio dell'emendamento la delegazione dell'Unione europea nella capitale turca con cui agisce in stretto raccordo nel settore dei diritti umani e, più specificamente, della protezione dei minori dagli abusi sessuali. Si tratta, infatti, di argomenti costantemente discussi ed esaminati in dettaglio nelle apposite riunioni della delegazione volte ad intraprendere iniziative per la tutela e la promozione dei diritti umani. Dalle tempestive e approfondite verifiche effettuate dalla nostra ambasciata e dalla delegazione dell'Unione europea non risulterebbe, al momento, calendarizzata alcuna discussione o votazione sull'emendamento. È ovvio che continueremo a monitorare con la massima attenzione eventuali sviluppi, in linea con il nostro impegno a tutela dei diritti umani e dei diritti dei minori, argomenti menzionati negli incontri e nei contatti bilaterali ad alto livello che la nostra ambasciata ad Ankara intrattiene con le autorità turche.

La tutela dei diritti dei minori si inserisce nel più ampio contesto della tutela dei diritti umani. Lasciatemi prendere l'opportunità di offrire uno sguardo d'insieme e ricordare che il Governo italiano è particolarmente impegnato in questo settore nell'ambito del costante dialogo con un importante partner e alleato quale è la Turchia. Il nostro impegno in materia di Stato di diritto viene perseguito anche nell'ambito dell'azione portata avanti da parte dell'Unione europea. La Turchia è stata inserita nelle ultime conclusioni del Consiglio dell'Unione europea quale uno dei Paesi prioritari in materia di diritti umani, a causa delle preoccupazioni per il funzionamento dello Stato democratico e di diritto. Il Governo di Ankara è stato, inoltre, menzionato nella dichiarazione dell'Unione europea del marzo scorso pronunciata in occasione della quarantatreesima sessione del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite al punto 4 dell'agenda concernente i Paesi che necessitano l'attenzione del Consiglio. L'Unione Europea ha espresso particolare preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Turchia, inclusa la libertà di espressione, gli arresti e le accuse contro i difensori dei diritti umani, i giornalisti e gli accademici. Allo stesso tempo, ha invitato anche a proteggere lo Stato di diritto, l'indipendenza della magistratura, il giusto processo, i diritti umani e le libertà fondamentali conformemente agli impegni internazionali. Si sa che l'Italia attribuisce la massima importanza sia a livello bilaterale che sul piano multilaterale anche alla protezione e alla promozione della libertà di espressione e alla tutela dei difensori dei diritti umani, in particolare quelli delle persone più vulnerabili, come i minori. Si tratta di temi inclusi nelle priorità italiane per il mandato 2019-2021 del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e che sosteniamo regolarmente in tutti i consessi multilaterali.

Tra le ultime iniziative, a dicembre, l'Italia ha partecipato attivamente, in coordinamento con i partner dell'Unione europea, al negoziato per l'adozione da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite della risoluzione sulla protezione dei difensori dei diritti umani co-sponsorizzandola. L'Italia partecipa, inoltre, con regolarità agli eventi e alle iniziative internazionali sulla materia, anche in ambito del Consiglio d'Europa. Ritengo utile ricordare anche che, a gennaio, la Turchia si è sottoposta alla revisione periodica universale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, esercizio di monitoraggio periodico della situazione dei diritti umani cui tutti gli Stati membri si sottopongono ogni quattro-cinque anni. In questa occasione, l'Italia ha espresso nei confronti della Turchia tre raccomandazioni. La prima, adottare misure adeguate per proteggere la libertà di espressione, di riunione e di associazione oltre a garantire un ambiente sicuro e abilitante per le organizzazioni della società civile, i difensori dei diritti umani e i giornalisti, definendo le limitazioni alle libertà fondamentali nel rispetto degli obblighi internazionali. La seconda, rafforzare l'indipendenza della magistratura. La terza, garantire che tutte le accuse di detenzione arbitraria, tortura e trattamenti disumani da parte delle forze di sicurezza siano debitamente indagate. A settembre la Turchia dovrà indicare la propria posizione rispetto alle raccomandazioni ricevute. Sarà allora che il Consiglio diritti umani adotterà il rapporto finale dell'ultima sessione dell'UPR. Anche in questa occasione l'Italia si farà trovare pronta a proseguire con determinazione un dialogo che non è un gioco a somma zero, ma un valore aggiunto per tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite.

È, dunque, sulla base di un impegno a 360 gradi nella tutela dei diritti umani, che il Governo continuerà a seguire con la massima attenzione le proposte di modifica al codice penale turco e, più in generale, ogni argomento correlato alla promozione dei diritti fondamentali dell'individuo, a cominciare dalle categorie più vulnerabili, le donne e i bambini, naturalmente facendosi portatore di questa attenzione e preoccupazione in tutte le sedi.

L'impegno contro i matrimoni forzati non si limita certo a un solo Paese - vorrei dire appunto una parola su questo - ma a tutte le realtà in cui questo odioso sopruso è consentito. I matrimoni precoci e forzati costituiscono una grave violazione dei diritti umani e una pratica dannosa, che ha conseguenze nefaste di ampia portata su chi la subisce incluso sul diritto all'istruzione e sul diritto al più alto livello raggiungibile di salute fisica e mentale. L'Italia partecipa attivamente alla campagna internazionale contro queste pratiche dannose, essendo anche parte del gruppo dei Paesi promotori dell'apposita risoluzione biennale nel Consiglio dei diritti umani. Nei Paesi interessati da questo fenomeno la cooperazione italiana allo sviluppo interviene con azioni di contrasto puntuali, sostenendo i programmi congiunti di Unfpa e Unicef per l'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili e dei matrimoni precoci e forzati. Posso anticipare, fin d'ora, che è in programmazione, in occasione del prossimo Comitato congiunto della cooperazione allo sviluppo che si svolgerà il 31 luglio, un contributo italiano in favore del programma globale di contrasto ai matrimoni precoci forzati e gestito da Unicef. Voglio anche aggiungere che l'efficienza di questa nostra azione, per esempio attraverso i programmi, è tale che, come tutti sanno, il Sudan per esempio recentemente ha aggiunto come crimine nel codice penale il reato di pratica delle mutilazioni genitali femminili. Trovo che questo tipo di azione continuata, costante, presente sul territorio sia quella, alla fine, più efficace.

Quindi, concludo dicendo che la tematica che lei ha posto, onorevole Boldrini, in rappresentanza di tante donne e penso della maggior parte in assoluto anche dell'opinione pubblica italiana, indubbiamente è un tema che il Governo continuerà a monitorare con estrema attenzione e come, ripeto, anche nelle sedi opportune facendo l'opportuna advocacy. Grazie ancora per averlo ricordato e sollevato.

Replica

Grazie mille, Presidente. La Turchia è un grande Paese e, come tale va trattato.

È un grande Paese amico e, proprio perché è un grande Paese amico, il Parlamento italiano può, anzi deve dire la verità quando la Turchia, come in questo caso, rischia di far approvare un emendamento regressivo, anzi addirittura reazionario come quello depositato in Parlamento dal partito di governo, AKP, di cui parlava prima la collega Boldrini. Si tratta di un emendamento che permetterebbe il matrimonio riparatore persino per le ragazze minori, fino ai 13 anni di età. Perché la Turchia, che è membro del Consiglio d'Europa, che è un Paese che si è distinto nel Mediterraneo per i livelli di istruzione delle sue donne, per la capacità imprenditoriale delle sue donne, che nel 1930, ben sedici anni prima che in Italia fosse garantito il diritto di voto alle donne, diede il diritto di voto alle donne, perché quel Paese, oggi, discute potenzialmente - e non solo oggi, perché è stato detto sia dalla collega Boldrini che dalla Viceministra Del Re di come questo emendamento è in discussione da qualche anno -, perché proprio questo Paese discute di una cosa di stampo così medievale? La regione in cui la Turchia è inserita, il Mediterraneo, non è nuova all'uso politico delle donne per segnare una differenza tra il campo culturale originale del Mediterraneo e l'Occidente, ma, di solito, chi usa le donne politicamente in questo senso sono le forze oscurantiste, fondamentaliste, terroriste, come l'ISIS, ed è davvero impressionante che provi a farlo un Paese come la Turchia. È qualcosa che non ci saremmo mai aspettate da quel Paese, che pure ha un'evoluzione interna, democratica, alle volte, diversa da quella che quantomeno il mio partito auspicherebbe, però la Turchia si è sempre distinta per valorizzare il ruolo, il contributo, la libertà delle donne. Lo ha fatto anche il Presidente Erdogan, quando ha preso delle posizioni, magari non necessariamente coincidenti, ma lo ha fatto anche all'inizio della sua Presidenza. Ed è davvero una amarissima sorpresa scoprire che questo emendamento è di nuovo in discussione in Parlamento. Per questo noi qui, dal Parlamento italiano, diciamo alla Turchia, che è un Paese amico: fermatevi, perché questa è un'iniziativa che è veramente al di là di quello che rappresenta e può essere valorizzato come ruolo della Turchia nel mondo. Per questo chiediamo che il nostro Governo si attivi da subito. È vero, la proposta non è all'ordine del giorno, però noi sappiamo bene come non sempre si possa arrivare in modo efficace a togliere una cosa dall'ordine del giorno. È importante che questo emendamento non arrivi mai alla discussione in Parlamento, perché, molto spesso, è più semplice, per le vie informali, riservate, come il Governo riterrà, però, occorre evitare che questo punto venga discusso. Contate su di noi, le relazioni parlamentari in questo senso possono essere estremamente utili, ma contate su di noi e agiamo, agiamo insieme, agiamo in fretta. In questo Parlamento voi troverete tante parlamentari nell'Intergruppo donne, che è coordinato dalla collega Boldrini, ma anche tra i colleghi uomini, tantissime persone che sono contrarie all'uso politico dei diritti delle donne. Facciamolo insieme, perché sarebbe davvero un problema enorme vedere che la Turchia, Paese amico, Paese che rappresenta tante cose nel Mediterraneo, scelga questa via reazionaria e regressiva.